Il mondo scientifico dei Ghostbusters è sempre stato piuttosto interessante perché ha viaggiato nella linea del “possibile” e nel quarto capitolo (ufficiale) si è voluto dare molto spazio alla scienza del dispositivo di stoccaggio con un focus sui materiali “psicocinetici”.
Ci sono un paio di film, e non di più, di cui conosco perfettamente le battute a memoria: uno di questo è il primo capitolo dei Ghostbusers. I miei ricordi di infanzia sono scanditi da fustoni del Dash trasformati in zaini protonici o pomeriggi interi insieme ai miei compagni ad esplorare case abbandonate in campagna alla ricerca di residui ectoplasmatici. Questa premessa per dire che le mie aspettative per Ghostbusters – Minaccia Glaciale erano (ahime) abbastanza alte, soprattutto dopo il riuscito Ghostbusters – Legacy. Sì perché Reitman con il film del 2021 è riuscito, almeno per me, dove Indiana Jones, Star Wars, Matrix, Jurassic World (tanto per citare alcune saghe rebootate) hanno miseramente fallito; consegnare alle nuove generazioni una pellicola che abbia una continuity perfettamente in linea con il suo originale. Poi arriva Ghostbusters – Minaccia Glaciale che soffre, purtroppo, di questo mal di saga che prende ad ogni regista che non sta dentro alla storia, come potrebbero essere gli ideatori o i suoi figli, rimpastando il film con quasi esclusivamente del fan service. Ghostbusters – Minaccia Glaciale è una pellicola che mi ha divertito, ma non emozionato, una pellicola che non si può annoverare come brutta, ma che ha dei “preliminari” talmente lunghi che la metà sarebbero bastati, un film che mette in campo delle idee molto interessanti, soprattutto per quanto riguarda il lato scientifico, ma che poi non le sfrutta a dovere, insomma è un grande “vorrei ma non posso” condito da tantissime citazioni ai capitoli precedenti, incluso la serie animata.
Questo nuovo film purtroppo diventa un poutpurrì degli acchiappafantasmi: la sirena, la caserma, persino tre dei quattro membri originali sono solamente dei puntelli di trama che rendono la prima parte anche interessante, seppur inutilmente lunga, ma che quando poi si tratta di tirare le somme sembrano solo fare accumulo, incurante del lato epico necessario che pure si intravede qua e là sparso lungo il film. Detto ciò l’elemento scienza anche in questo capitolo è predominante, forse anche più degli altri film (proprio per questo mi è dispiaciuto che non ci fosse un approfondimento adeguato) e se negli altri quattro episodi abbiamo imparato quasi a memoria il funzionamento dello zaino protonico, il focus di Minaccia Glaciale è senza dubbio il dispositivo di stoccaggio, ma non solo perché all’interno del film si cerca di analizzare anche il tema dei materiali, come l’ottone e il rame, e della loro particolare composizione “psicocinetica”.
Stoccare fantasmi e materiali psicocinetici.
In questo film il cuore pulsante, come dicevamo, dell’intera trama è il contenimento dei fantasmi. La parte affascinante dei Ghostbusters è senza dubbio l’azione, l’acchiappare appunto gli stessi fantasmi, ma lo stoccaggio degli stessi ectoplasmi è una problematica non da sottovalutare. Il caos del primo filmo alla fine parte proprio dall’esplosione del Dispositivo di Stoccaggio e in Minaccia Glaciale l’intero Gruppo di Contenimento rischia nuovamente di far collassare di nuovo New York. La novità più interessante tuttavia che si trova all’interno di questo capitolo è tutta la parte dedicata al grande laboratorio di stoccaggio creato da Winston, Ray ed altri scienziati: un vero e proprio laboratorio di ricerca top-secret per portare la lotta ai fantasmi a un livello superiore. Quindi partiamo dal dispositivo di stoccaggio; il funzionamento di base è molto simile a quello che concettualmente è applicato alla trappola, all’interno dell’impianto vi è un campo di energia positiva molto forte, ma, differentemente dalla trappola, la griglia dell’unità di contenimento è molto più potente ed è capace di intrappolare migliaia di fantasmi allo stesso tempo. Trasferire un fantasma dalla trappola all’unità è molto semplice e ci viene spiegato in un dialogo molto esplicativo nel primo film:
- 1°: aprire la porta esterna e inserire la trappola nello sportello dell’unità. La griglia di contenimento verrà momentaneamente disattivata per consentire l’inserimento della trappola. Una volta che la trappola è caricata nella porta dell’unità, chiudere lo sportello. Se tutto é andato bene a questo punto si attiverà un segnale rosso.
- 2°: attivare la griglia d’ingresso. Questo attiva un campo negativo cosicché il fantasma non riuscirà più a scappare durante il processo del trasferimento. Se tentasse, la propria carica negativa respingerà quella negativa della griglia dell’entrata e il fantasma sarà costretto a tornare indietro nella trappola.
- 3°: neutralizzare il campo. Questo aggiunge neutroni alla griglia dell’entrata e la rafforza nel caso il fantasma decidesse di divenire “rissoso”. Questo passo è semplicemente una precauzione, ma è una procedura standard e va eseguito in tutti i casi.
- 4°: abbassare la leva rossa laterale. Questa azione attiva una forte carica positiva fra il passaggio e l’entrata dello spettro e allo stesso tempo disattiva la trappola. Il campo positivo attira il fantasma attraverso la trappola nell’unità di contenimento. Ora che il fantasma è incarcerato, il segnale rosso si spegnerà e si attiverà una luce verde. La trappola è rimossa dall’unità di contenimento ed è accuratamente ripulita da residui ectoplasmici per evitare qualsiasi rischio.
Ma un altro elemento interessante oltre al dispositivo di stoccaggio, che viene anche ben spiegato nel primo film (e in alcuni fumetti), in Ghostbusters – Minaccia Glaciale è quello dedicato ai materiali che acquisiscono “proprietà magiche”. L’ottone, nello specifico, è lo stesso materiale con il quale è composta la palla dove al suo interno è imprigionato il demone Garraka. Ray, nel momento che gli viene sottoposto ad esame la sfera, sospetta sia una trappola apotropaica (dal greco antico αποτρέπειν, apotrépein, “allontanare”) trappola che viene solitamente attribuita a un oggetto, o persona, con all’interno la possibilità di contenere malocchio o influssi maligni. Si parla ad esempio di monile apotropaico, rito apotropaico o gesto apotropaico e nel linguaggio comune si usa il più noto aggettivo «scaramantico». Si incontrano, tra l’altro oggetti apotropaici anche in ambito filosofico: Nietzsche sosteneva, ad esempio, che il senso del pudore esiste ovunque vi sia un mistero, e che in questo caso la “funzione apotropaica” del pudore sia appunto allontanare l'”oggetto” misterioso. Gli oggetti che racchiudono un potere apotropaico vengono denominati amuleti, la cui funzione è pertanto diversa dai cosiddetti talismani, i quali hanno invece il compito di portare fortuna.
Ma perché proprio l’ottone? E soprattutto nel momento che la piccola Spengler decide di “modificare” lo zaino protonico per combattere il demone, in mancanza dell’ottone perché decide di usare il rame? Iniziamo da quest’ultimo quesito, le proprietà del rame sono comuni anche all’ottone, visto che esso è composto da rame e zinco in percentuale diversa a seconda della lega utilizzata. Per esempio i gioielli Gabrjou, realizzati in ottone ne presentano fondamentalmente due versioni: CuZn33 (contenente il 67% di rame) e il CuZn15 (contenente l’85% di rame, detto anche Similoro oppure Oro di Merlino). Nella storia il rame è un metallo batteriostatico, ovvero presenta caratteristiche antimicrobiche già note dall’antichità ed oggi confermate da ricerche scientifiche. Non per niente sulle superfici di rame o di leghe di rame, microorganismi come batteri, virus e funghi, responsabili di numerose patologie, non sopravvivono ed è proprio per questo che è ampiamente utilizzato per la realizzazione di condutture per l’acqua potabile e per i gas, in strutture ospedaliere e per la realizzazione di superfici che possono venire a contatto con germi patogeni.
Tuttavia, se dovessimo fare qualche parallelismo con la storia, il rame nell’antichità veniva usato da Egizi, Etruschi, Greci, Romani e da tutti i popoli del Mediterraneo e del vicino Oriente per curare le ulcere. Raccogliendo l’eredità di alchimisti di varie epoche storiche, l’antroposofia di Rudolf Steiner getta le basi per la nuova metalloterapia: i metalli vengono valorizzati non solo per le loro caratteristiche di conducibilità elettrica e termica, ma anche per il loro potere catalitico e per la capacità di irradiare specifiche forze di ordine superiore (denominate forze eteriche) connesse con il sistema planetario e che sono alla base di tutte le manifestazioni del vivente. In particolare, in passato, veniva utilizzato il rame in quanto mediatore di luce e di calore e delle forze connesse con il pianeta Venere. Nel sistema corporeo la filosofia antroposofica riconosce a questo metallo particolari affinità con l’equilibrio del sistema renale e di quello circolatorio. Ha funzione di equilibratore del calore corporeo e di neutralizzatore dei campi elettromagnetici, lenisce i dolori artritici ed artrosici e lo stesso Steiner sostiene, inoltre, che il rame favorisce l’accettazione di sé e l’equilibrio delle emozioni. Insomma anche nel passato lo studio dei materiali, di questo tipo di materiali, donava spunti interessanti che spaziavano dalla medicina allo studio delle forze energetiche, questo ci permette di riflettere sull’importanza della scienza (poi rivisitata) in una saga come quella dei Ghostbusters. Nonostante questo capitolo, per quanto mi riguarda, ha fatto un discreto passo indietro rispetto a Ghostbusters – Legacy, la costante che rimane è senza dubbio la voglia di costruire una storia attraverso basi scientifiche e in questo capitolo ci sono più che riusciti, l’unica pecca è non aver sviluppato ancora di più il grande laboratorio di stoccaggio che ha rappresentato la novità più interessante del film.