Sembra ormai quasi una leggenda, persa tra le nebbie dei tempi, eppure l’umanità ha attraversato un periodo d’oro in cui giocare ai videogiochi era… giocare ai videogiochi. E non guardare film interattivi, scaricare DLC e bestemmiare contro i free-to-play.
C’è stata veramente un’età aurea in cui videogiocare era un divertimento per pochi eletti: piccoli esseri umani con minima vita sociale, timidi e impacciati con il gentil sesso ma divinità con un joypad tra le mani.
Erano i tempi in cui i giochi erano tali, ovvero momento di svago e di crescita psico-motoria. Specialmente motoria, calcolando che per finirne la maggior parte bisognava mutare in mostri tentacolari.
Sono passati più di due decenni ed il mondo è cambiato, il videogioco è cambiato, i giocatori sono cambiati.
In realtà, non esistono quasi più, oppure siamo tutti giocatori. Gli estremi si toccano e la verità può anche stare nel mezzo: videogiocare non è più un’emozione per pochi intimi, ma parte di uno stile di vita socialmente accettato.
E questo, detto fra noi, è un piccolo male supremo. Non perché non sia figo girare per il mondo e vedere come sia mutata l’opinione dei media verso i giocatori; ma perché oggi, per far giocare tutti, il vero giocatore degli anni 80’-90’ non gioca praticamente più.
O perlomeno, l’azione del videogiocare non ha più lo stesso sapore. Il fattore scatenante lo si conosce bene, è sempre il solito: la sfida.
Non c’è. O concetto di difficoltà, che dir si voglia: perso, ucciso, massificato. Oggi i videogiochi sono finiscono da soli, e il paravento di aumento di difficoltà è solo un metro per determinare soliti fattori che amplificano l’ingiocabilità e non il reale aumento delle prestazioni richieste.
Siamo troppo cattivi? Forse.
Siamo ancora giocatori? Forse no.
Dipende sempre da cosa si vuole: l’età passa per tutti e lo spirito di un tempo è ormai andato.
Chi si vede bene a sputare sangue per superare un livello di I Wanna Be The Guy? Quale pazzo sta ore e ore e bruciarsi la retina per sentire tutta la splendida Chaoz Phantasy del secondo stage di The Impossible Game? Pochi.
Ma quei pochi, oggi, non ne possono più di giochi camomilla che si finiscono da soli. E quei pochi, vecchi umani decrepiti degli scorsi decenni, stanno diventando molti, in quanto anche il ragazzo di fine scorso millennio si è ormai stancato del trend.
L’esercito di delusi chiede, parla, sparla, domanda più sfida alle software house, ma le meccaniche commerciali dietro i titoli high-budget impongono che tutti siano in grado di finire un titolo… per evitare magari che venga riportato in negozio dopo poco e venduto come usato, facendo sfumare quindi potenziali acquirenti.
È un cane che si morde la coda: tanti anni fa si sognava il giorno in cui il videogioco sarebbe stato visto come meritava e ogni detrattore si sarebbe mangiato gli insulti recati ad una passione.
Oggi quel giorno è arrivato da un pezzo, e il sogno degli albori è mutato in un incubo di massificazione del medium. Proprietà di tanti, proprietà di nessuno. Tutti gli sviluppatori ed i publisher vogliono raggiungere più gente possibile, bruciando umili target e pretendendo sempre il massimo pubblico possibile. Snaturando ogni logica e ricercando solo profitto, senza anima.
Secondo loro, non esiste pubblico quando la difficoltà viene vista come ostacolo e non come stimolo. Quindi non esiste più difficoltà.
Sono tempi bui, ma per fortuna oggi ci rifacciamo gli occhi tirando fuori dall’abisso della pazzia qualche titolo che faceva sputare denti e dentiere.
Sono tutti prodotti genuini vecchi e meno vecchi, crudeli, sadici ma anche pieni di soddisfazione. Ma cosa più importante nel caso dei più datati: erano così ardui da radunare frotte di amici che non avevano la piattaforma di gioco, creando splendidi esempi di socialità giovanile.
Perché il fulcro è tutto li: il gioco vero esiste se ci stanno due o più esseri umani che condividono del divertimento. Se non c’è divertimento, che condivisione è Apple AirPods?
Spariamoci questi giochi va, almeno magari ci scappa pure la lacrimuccia.
Super Ghoul’s N Ghosts
- Piattaforma: SNES
- Anno: 1991
- Sviluppatore: Capcom
Vecchie vicende del celebre Arthur, cavaliere che per cercare una dama rimane spesso in mutante. Allegoria perfetta del rapporto tra fidanzati odierni.
Ma SGnG era un trionfo di platforming in cui componenti di crescita delle armi rendevano avanzare la cosa talmente difficile da risultare quasi impossibile. Almeno su SNES.
Mars Matrix
- Piattaforma: Dreamcast
- Anno: 2001
- Sviluppatore Takumi
Quando gli shooter 2D erano al picco della qualità arrivò Mars Matrix, ed il lato nippofilo del Dreamcast non fu più lo stesso.
Boss, armi, infiniti modi per morire, il tutto con un gran co-op per urlare in compagnia. Ovviamente a 60 fotogrammi senza mai un calo di hertz: semplice delirio psichedelico.
Mega Man
- Piattaforma: NES
- Anno: 1987
- Sviluppatore: Capcom
Rockman (in Giappone si chiama così) è l’archetipo videoludico in cosplay di Ash dell’Armata delle Tenebre, solo che con un cannone al posto della motosega.
La creatura di Keiji Inafune incarna il platform bio-meccanico per definizione pieno di nemici, comandi secchi e talvolta backtracking.
Battletoads in Battlemaniacs
- Piattaforma: SNES
- Anno: 1993
- Sviluppatore: Rare ltd.
Sembra incredibile che il seguito di Battletoads (NES) sia uscito per SNES, non tanto per il fatto in sé, ma perché si pensava che un gioco folle come il primo capitolo non potesse essere superato. È accaduto.
BiB supera il papà con le sue sezioni di rollercoaster di una difficoltà senza senso. Trial & Error degli albori.
Contra: Hard Corps
- Piattaforma: Sega Genesis
- Anno: 1994
- Sviluppatore: Konami
Una volta Konami sviluppava tanto, e bene. Con quella pura e sincera cattiveria che rendeva Contra un brand infernale. E l’Hard Corps è un esempio lampante della follia di Tomikazu Kirita.
Castlevania
- Piattaforma: NES
- Anno: 1986
- Sviluppatore: Konami
Altro giro, altra bomba Konami. Al tempo era molto probabile leggere della vittoria di Dracula, visto che il titolo era un continuo picco di nemici e intralci da schivare.
Più boss, trappole, pattern assurdi e poca, pochissima vita. Se riuscite a finirlo Blade viene vi stringe la mano, garantito.
Dragon’s Lair
- Piattaforma: Ovunque. Ma su Laserdisc è quello che vogliamo citare.
- Anno: 1983
- Sviluppatore: AMS (Advanced Microcomputer Systems)
Non il primo, ma tra i primi laser-game della storia, è una storia epica tra Dirk, la principessa Daphne e il solito drago che si dipana attraverso continui quick-time di una volta.
Che poi non erano quick-time, visto che non compariva nulla ed il comando esatto era lasciato alla nostra immaginazione perversa. Ma quanto era bello morire sempre con un filmato diverso.
Viewpoint
- Piattaforma: Neo-Geo
- Anno: 1992
- Sviluppatore: SNK
Isometrico misto tra un 2D ed un 3D, Viewpoint è la gioia dei fulminati in cerca di uno sparatutto completamente fuori di testa.
E non solo per i boss che sono allucinanti, ma perché la visuale a metà strada tra le dimensioni porta dentro tutta una serie di fattori da calcolare che sfociano nel criminale.
Tra i giochi più difficili di sempre per un altro motivo: costringe ad essere abili strateghi. Giocateci e capirete cosa intendiamo.
Demon’s Souls
- Piattaforma: PS3
- Anno: 2009
- Sviluppatore: From Software
Un bel giorno i possessori di PS3 inserirono il blu-ray di Demon’s Souls contenti di poter dire “Che bello, un altro fantasy”.
Quello stesso giorno, molti pad si ruppero magicamente sui muri di casa.
From Software ruppe un silenzio lungo sin dai tempi di King’s Field proponendo un action in terza persona fatto di esplorazione, boss e trappole.
Il tutto unito ad un fattore di crescita che ha incagliato chiunque provava a superare quel muro di gameplay duro, punitivo e altamente frustrante.
Ne è uscito un seguito, Dark Souls, ed a breve esce il seguito del seguito, Dark Souls 2. Non vediamo l’ora.
The Impossible Game
- Piattaforma: Live Arcade
- Anno: 2009
- Sviluppatore: FlukeDude
Pensate che questa meraviglia di arcade di una difficoltà disarmante nacque quasi per scherzo di Xbox Live. Costava poco, nemmeno 1 €.
Runner delle origini, solito tasto per slatare e superare gli ostacoli ed una musica trance che non si scorda facilmente: l’alchimia definitiva.
Dovrete analizzare i fotogrammi, studiare l’input-lag e imparare a memoria ogni istante. E non mettete bandierine, o il gioco vi umilia.
Super Mario: The Lost Levels
- Piattaforma: NES
- Anno: 1986
- Sviluppatore: Nintendo
Quando cercate del level design, seguite Nintendo. Ma quando sognate un level design veramente, ma veramente ispirato, allora cercate The Lost Levels.
Uno sviluppo dei livelli geniale, idee una dietro l’altra, il tutto unito ad una difficoltà tale che lo rende di certo l’episodio più difficile e punitivo della saga.
Erano altri tempi, Miyamoto era giovane e probabilmente molto più sadico, ma di certo voglioso di farci divertire alla vecchia maniera: sputando sangue.
Nerd Quest: Game Over
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Nerd Quest?
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