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C’è abbastanza energia per spostare l’intera popolazione umana fuori dal pianeta? (Adam)

Ci sono un sacco di film di fantascienza in cui, a causa dell’inquinamento, della sovrappopolazione, o di una guerra nucleare, l’umanità abbandona la Terra.
Ma muovere le persone nello spazio è difficile. A meno di una drastica riduzione della popolazione, è fisicamente possibile lanciare il genere umano nello spazio? Senza preoccuparsi di dove siamo diretti – assumeremo di non dover trovare una nuova casa, solo non possiamo rimanere qui.

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Per capire se è possibile, possiamo partire da un requisito energetico di base: quattro gigajoule a persona. Non importa come lo facciamo, se usiamo un razzo o un cannone o un ascensore spaziale, muovere 65 kg chilogrammi a persona – o 65 di qualsiasi cosa – fuori dalla portata della gravità della Terra richiede almeno questo quantità di energia.

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L’energia necessaria per allontanare qualcosa dalla Terra è uguale alla sua energia cinetica, ammesso che il corpo in questione si muova alla stessa velocità di fuga del pianeta.
Quanti sono quattro gigajoule? Si tratta di un megawattora, circa ciò che una tipica famiglia degli Stati Uniti consuma in energia elettrica in uno o due mesi. È la quantità di energia immagazzinata in un furgone carico di batterie AA o 90 kg di benzina.

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Quattro gigajoule per sette miliardi di persone fanno 2,8*1018 joule, o 8 petawattora. Ovvero il cinque per cento del consumo annuo di energia mondiale. Tanto, ma non troppo.

Ma questo è solo un valore minimo. In pratica, tutto dipende cosa intendiamo per “mezzo di trasporto”. Se usiamo un razzo, ci servirà molta più energia, a causa di un problema fondamentale dei razzi: devono trasportare anche il loro combustibile.
Torniamo per un momento a quei 90 kg di benzina (circa 30 galloni), perché ci aiutano a illustrare un problema centrale dei viaggi nello spazio.
Se vogliamo lanciare un astronave di 65 kg, abbiamo bisogno di bruciare circa 90 kg di carburante (la benzina ha un’energia per libbra paragonabile a quella del combustibile per razzi: così assumeremo in questo esempio). Carichiamo il carburante a bordo – e adesso la nostra astronave pesa 155 kg. Una navicella spaziale di 155 kg richiede 215 kg di combustibile, quindi carichiamo altri 125 kg a bordo…

[dida]La quantità di carburante necessaria diminuisce man mano che aumenta la distanza percorsa.[/dida]Fortunatamente, non rimaniamo invischiati in un loop infinito – dove si devono aggiunge 1,3 kg di carburante per ogni kg di peso che si aggiunge – per il semplice fatto che non dobbiamo portare tutto quel carburante per tutto il percorso. Durante il viaggio viene bruciato, per cui l’astronave diventa più leggera, il che significa che abbiamo bisogno di sempre meno carburante. Ma dobbiamo anche in parte sollevare quel carburante. La quantità di propellente necessario a muoversi a una certa velocità è data dall’equazione del razzo di Ciolkovskij:

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minizio e mfine sono la massa totale della nave + carburante prima e dopo la combustione, e vscarico è la “velocità di scarico” del combustibile, che varia tra 2,5-4,5 km/s per i combustibili per i razzi.
Ciò che conta è il rapporto tra Δv e vscarico – La velocità a cui vogliamo procedere rispetto alla velocità a cui il propellente esce dal razzo. I kg di combustibile necessari per kg di astronave sono pari a e elevato alla potenza di questo rapporto, numero che diventa grande molto in fretta. Per lasciare la Terra, abbiamo bisogno di una Δv verso l’alto di 13 km/s, con vscarico non molto superiore a 4,5 km/s, che dà un coefficiente carburante-astronave di almeno exp(13/45) ≈ 20.

[dida]La quantità di carburante necessaria risulta essere eccessiva[/dida]Il risultato è che per vincere la gravità terrestre utilizzando combustibili per i razzi tradizionali, un mezzo di una tonnellata ha bisogno di una quantità variabile tra le 20 e le 50 tonnellate di combustibile. Il lancio di tutta l’umanità (peso totale: circa 400 milioni di tonnellate), richiederebbe quindi decine di migliaia di miliardi di tonnellate di combustibile.
Cioè troppo; se usassimo combustibili a base di idrocarburi, serverebbe una quantità significativa delle riserve petrolifere ancora esistenti nel mondo. E senza nemmeno preoccuparsi del peso dell’astronave stessa, con cibo, acqua, i nostri animali domestici (probabilmente ci sono circa un milione di tonnellate di cani solo negli Stati Uniti). Avremmo anche bisogno di combustibile per produrre tutte queste navi, per trasportare le persone ai siti di lancio, e così via. Non è necessariamente del tutto impossibile, ma è certamente fuori del regno del verosimile.

Ma i razzi non sono la nostra unica opzione. Per quanto possa sembrare assurdo, si potrebbe anche (1) arrampicarsi letteralmente nello spazio su una corda, o (2) lanciarci fuori dal pianeta utilizzando le armi nucleari. Questi sistemi di “lancio” per quanto audaci, sono in realtà presi seriamente in considerazione dall’inizio dell’Era Spaziale.

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Il primo approccio è il famoso “ascensore spaziale”, uno dei mezzi preferiti dagli autori di fantascienza. L’idea consiste nel collegare un “condotto” a un satellite orbitante abbastanza lontano da mantenere il condotto teso dalla forza centrifuga. Quindi si potrebbero mandare degli scalatori su per corda usando motori elettrici, alimentati da energia solare, generatori nucleari o altro. La vera sfida ingegneristica sarebbe la progettazione del condotto, che dovrebbe essere molto più resistente di qualunque cosa possiamo attualmente costruire. Si spera che nanotubi in materiali a base di carbonio possano fornire la resistenza necessaria – aggiungendo questo problema alla già lunga lista di dilemmi tecnici che sorgono ogni qualvolta ci troviamo davanti al prefisso “nano-“.

Il secondo approccio è la propulsione a impulsi nucleari, un metodo sorprendentemente plausibile per imprimere a enormi quantità di materiale una forte velocità. L’idea di base è lanciare una bomba nucleare dietro di noi e cavalcare l’onda d’urto. Si potrebbe pensare che la navicella verrebbe vaporizzata, ma se questa ha uno scudo ben progettato, l’esplosione la scaraventerà via prima che abbia la possibilità di disintegrarsi. Se fosse abbastanza affidabile, questo sistema dovrebbe in teoria essere in grado di sollevare interi isolati in orbita, e potremmo (potenzialmente) raggiungere il nostro obiettivo.

[dida]La propulsione a impulsi nucleari è stata già tentata negli anni ’60[/dida]I principi ingegneristici che alla base di quest’idea erano tanto solidi che negli anni ‘60, sotto la guida di Freeman Dyson, il governo degli Stati Uniti cercò di costruire un’astronave come questa. La storia di questo progetto (denominato Orion) è narrata nell’omonimo libro dal figlio di Freeman [n.d.K. il link ad Amazon non è mio, si trova nella pagina originale. In questo articolo a cura di @EkV potete trovare maggiori dettagli sul Progetto Orion], George Dyson. I sostenitori della propulsione a impulsi nucleari sono ancora delusi dalla cancellazione del progetto, avvenuta prima che i prototipi fossero costruiti. Altri sostengono che, ripensando a ciò che stavano cercando di fare – mettere il nostro arsenale nucleare in una scatola, scagliarla in alto nell’atmosfera, e bombardarla ripetutamente – sia terrificante constatare fin dove il progetto sia stato spinto.
Quindi la risposta è che, mentre l’invio di una persona nello spazio è relativamente facile, farlo con tutti noi ci porterebbe a consumare le nostre risorse fino al limite estremo e forse a distruggere il pianeta.

È un piccolo passo per un uomo, ma un passo gigantesco per l’umanità.

 

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