Secondo uno studio condotto dal Communication Neuroscience Lab dell’Università della Pennsylvania, le aree del cervello legate all’auto-socialità possono influenzare la condivisione di informazioni online. In altre parole, ciò che ci spinge a condividere un post sui social media dipende dal valore che attribuiamo all’informazione per noi stessi e per le persone che conosciamo. Immaginate di imbattervi in un post che parla di un argomento che, anche se non vi interessa particolarmente, potrebbe essere utile per qualcuno a voi vicino. Cosa fate? Lo condividete con entusiasmo! Questo perché ritenete che l’informazione abbia un valore significativo per voi e per le vostre relazioni. Ecco perché alcuni post vengono condivisi in maniera massiccia, mentre altri passano inosservati, secondo gli autori della ricerca.

Secondo i ricercatori, identificare questi meccanismi può incoraggiare la diffusione di informazioni di alta qualità sulla salute

Precedenti ricerche sul tema si erano concentrate sulle caratteristiche dei post virali, ma questo studio ha esplorato i meccanismi neurali che stanno dietro alla decisione di cliccare sul taso “condividi”. Durante lo studio, ai partecipanti sono stati forniti degli articoli del New York times a tema salute mentre venivano sottoposti a una risonanza magnetica funzionale. A ciascuno di loro è stato assegnato un obiettivo specifico: “aiutare qualcuno” (usare l’articolo per relazionarsi positivamente con gli altri) o “descrivere sé stessi” (usare l’articolo per presentarsi agli altri). Come controllo, ai partecipanti è stato assegnato l’obiettivo neutro “diffondere informazioni”. Dopo aver letto il titolo e il sommario di un articolo sulla salute, ai partecipanti è stato chiesto di considerare cosa avrebbero potuto dire o scrivere a un altro partecipante allo studio se avessero condiviso l’articolo con lui, tenendo presente l’obiettivo assegnato. Infine, hanno valutato la loro probabilità di condividere l’articolo nella vita reale. Si è scoperto che pensare alla condivisione in termini di come potrebbe aiutare qualcun altro non solo attivava le regioni cerebrali legate al pensiero su sé stessi, ai valori personali e alle relazioni sociali, ma aumenta anche la volontà di condividere l’articolo nella vita reale. Sostanzialmente, pensare alla condivisione in termini altruistici non solo ha aumentato l’attivazione delle regioni cerebrali associate al pensiero legato a sé stessi, ma anche a quello legato ai valori e al sociale (in particolare alla mentalizzazione – l’atto di immaginare ciò che gli altri stanno pensando), aumentando anche la volontà di una persona di condividere l’articolo. Questi risultati, secondo i ricercatori, dovrebbero anche incoraggiare la condivisione di informazioni sanitarie di alta qualità. I comunicatori potrebbero focalizzarsi sull‘accuratezza e sulla chiarezza dei contenuti, senza dover necessariamente ricorrere a trucchi emozionali per attirare l’attenzione. Invece, potrebbero concentrarsi sul potenziale di condivisone del contenuto, cercando di trovare un significato personale nella condivisione di post, notizie, video, utili per gli altri e per la società. Questo studio è solo l’inizio di un’indagine più ampia sull’argomento. Comprendere come le nostre menti influenzano la diffusione delle informazioni potrebbe portare a una comunicazione più efficace e alla condivisione di contenuti che migliorano la nostra vita e quella delle persone che ci circondano. Del resto, come dicono gli anglofoni: “sharing is caring”

Invoking self-related and social thoughts impacts online information sharing