In meno di dieci anni, la Stazione spaziale internazionale verrà smantellata. I piani dell’operazione di deorbita non sono ancora stati definiti, ma possiamo comunque farci un’idea piuttosto chiara di come andranno le cose. I moduli dell’ISS verranno separati e tre veicoli Progress di produzione russa verranno impiegati per assicurarsi che tornino a Terra in sicurezza, senza costituire alcun pericolo. Alcune parti della stazione prenderanno fuoco al contatto con l’atmosfera, mentre i moduli più grandi verranno fatti atterrare nel più grande “cimitero di reperti spaziali”: Point Nemo, nell’Oceano Pacifico, tra la Nuova Zelanda e il Cile.
Point Nemo è il punto più remoto da qualsiasi terra emersa, con una distanza media dalle coste più vicine di circa 2.700km. Dalla fine degli anni 70 viene utilizzato per far atterrare in sicurezza l’attrezzatura spaziale non più in uso e già nel 2016 i reperti depositati in questo preciso punto del Pacifico erano oltre 260. L’equipaggio dell’ISS parteciperà attivamente alle primissime fasi di smantellamento.
Capire cosa succederà esattamente quando la Stazione Spaziale Internazionale andrà ufficialmente in pensione è molto più complicato. Di certo c’è che la NASA non ha la minima intenzione di progettare un nuovo avamposto umano nell’orbita terrestre bassa. Le attenzioni dell’agenzia americana sono completamente rivolte altrove: alla Luna e a Marte. Il vuoto lasciato dall’ISS verrà colmato dai privati.
La corsa alle stazioni spaziali private
In un futuro non troppo lontano, la NASA e le altre agenzie spaziali internazionali pagheranno compagnie private per affittare l’uso dei loro laboratori in orbita bassa. Gli astronauti della NASA, dell’ESA e del JAXA continueranno a condurre i loro esperimenti negli avamposti nello Spazio finanziati da aziende come Blue Origin, SpaceX e Vast.
«Basandoci sul successo delle nostre iniziative di collaborazione con l’industria privata per inviare astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale, la NASA sta ancora una volta aprendo la strada alla commercializzazione delle attività spaziali», ha dichiarato recentemente Bill Nelson, il N.1 della NASA. «Con le aziende private che ora forniscono il trasporto nell’orbita terrestre bassa, ci stiamo associando con aziende statunitensi per sviluppare destinazioni spaziali che le persone potranno visitare e dove potranno anche vivere, studiare e lavorare». Nelson stava commentando l’accordo da quasi mezzo miliardo di dollari (primo di una lunga serie di tranche) siglato dalla NASA con la Blue Origin di Jeff Bezos, Nanoracks e Northrop Grumman. Ciascuna di loro è stata incaricata di iniziare a progettare lo sviluppo di una stazione spaziale.
Blue Origin ha già condiviso alcuni dettagli sul suo progetto nel 2021. La sua stazione spaziale commerciale si chiamerà Orbital Reef e verrà realizzata in concerto con Sierra, ma anche con Boeing, Redwire Space, Genesis Engineering Solutions e l’Arizona State University. Di recente anche Amazon ha annunciato che parteciperà all’iniziativa.
Orbital Reef sarà gestito come un “parco aziendale a uso misto” nello spazio. L’infrastruttura condivisa supporta efficientemente le esigenze proprietarie di diversi inquilini e visitatori. Presenta un’architettura spaziale incentrata sull’uomo con servizi e comfort di livello mondiale che sono ispiranti, pratici e sicuri. Come destinazione commerciale di prima classe nell’orbita terrestre bassa, Orbital Reef fornirà l’infrastruttura essenziale necessaria per aumentare l’attività economica e aprire nuovi mercati nello spazio
Si legge nella descrizione che Blue Origin ha dato al suo progetto.
Ad ogni modo, quella dell’azienda di Bezos potrebbe non essere la prima stazione spaziale commerciale ad entrare nell’orbita bassa. Vast scalpita per lanciare il primo modulo del suo avamposto commerciale prima di tutti gli altri: grazie a SpaceX, che farà da ‘traghettatore’ con il suo Falcon 9, potrebbe riuscirci già nel 2025. Poco meno di 2 anni da oggi. All’inizio la Haven-1 misurerà solamente 3,66 metri di larghezza e 10,06 metri di lunghezza. Per capirci, in lunghezza l’ISS misura 108,5 metri. Ma, del resto, che non sia un mestiere per persone che soffrono di claustrofobia te lo spiegano al primo giorno dell’accademia per diventare astronauti. O qualcosa del genere. Ad ogni modo, una volta ultimata – cioè quando verranno installati tutti i moduli – la stazione Haven-1 dovrebbe misurare in lunghezza circa 100 metri.
La storia della Vast è piuttosto peculiare. Il suo amministratore delegato, Jed McCaleb, ha fatto fortuna con il business delle criptovalute e ha annunciato che investirà personalmente oltre 300 milioni di dollari nel progetto.
La NASA ha stretto un accordo anche con Axiom Space, che in questi giorni sta inviando un equipaggio composto da quattro astronauti, di cui due indiani, sull’ISS. Il progetto prevede che in futuro Axiom attraccherà quattro moduli alla Stazione Spaziale Internazionale, che rimarranno attraccati fintanto che la stazione rimarrà operativa. Poi, prima che venga smantellata, i moduli della Axiom verranno staccati e diventeranno la base di una stazione spaziale a sé stante. Recentemente l’azienda ha annunciato che due dei quattro moduli verranno realizzati da un’azienda che si chiama Thales Alenia.
Anche gli europei sono nella partita: a fine aprile Airbus ha presentato il render di un’avveniristica stazione spaziale commerciale. Il progetto si chiama Loop e mira a costruire un avamposto nello Spazio estremamente più confortevole di quanto non sia oggi l’ISS. Ha una struttura circolare e misura ben 8 metri in larghezza. Airbus dice che è pensata per poter essere installata in un’unica soluzione e che può essere trasportata dai lanciatori di prossima generazione, come il Spaceship di SpaceX. Per il momento è più una dichiarazione d’intenti che un progetto vero e proprio, sta di fatto che Airbus suggerisce di avere le risorse per trasformare quest’idea in realtà entro la fine di questo decennio, proprio prima che l’ISS vada in pensione.
At #SpaceSymposium, we’ve unveiled our Airbus LOOP multi-purpose orbital module! 😍
ℹ️ designed to make long-term stays in space more comfortable and enjoyable for its inhabitants and exploit the potential of tomorrow’s technologies to best support humanity's future in space. 👩🚀… pic.twitter.com/832Vsqc60x— Airbus Space (@AirbusSpace) April 18, 2023
Ci fermiamo qui, ma la lista sarebbe ancora lunga. E peraltro includerebbe anche diversi progetti più stravaganti, tra cui una mezza dozzina d’iniziative – alcune serie, altre molto meno – per costruire hotel privati nello Spazio.
Siamo pronti per l’era delle stazioni spaziali commerciali?
L’idea che la Stazione Spaziale Internazionale venga sostituita da avamposti privati non fa impazzire tutti, per usare un eufemismo. Se non altro per il suo importante ruolo simbolico, come esempio di cooperazione internazionale e distensione dei rapporti tra USA e Russia anche in tempo di guerra. Ma le obiezioni non sono esclusivamente di natura, per così dire, ideologica.
Alcuni esperti, molto banalmente, ritengono che esista il rischio che i privati non facciano in tempo ad offrire un’alternativa adatta a sostituire l’ISS prima del suo pensionamento. A luglio del 2022, un panel di consulenza per la sicurezza della NASA ha avvertito che l’agenzia potrebbe non essere in grado di passare dalla Stazione Spaziale Internazionale alle stazioni spaziali commerciali in tempo per evitare di lasciare un vuoto nella presenza americana nell’orbita terrestre bassa, o LEO. A beneficiarne sarebbe la Cina. La NASA ha già risposto a queste preoccupazioni, definendo questo scenario “estremamente improbabile”.
In origine la NASA pensava che la Stazione Spaziale Internazionale le sarebbe costata 17,4 miliardi di dollari. È andata a finire che nel corso degli anni ha dovuto spenderne oltre 74.
Altre incognite riguardano il costo delle operazioni e la suddivisione dei finanziamenti. In origine la NASA pensava che la Stazione Spaziale Internazionale le sarebbe costata 17,4 miliardi di dollari. È andata a finire che nel corso degli anni ha dovuto spendere oltre 74 miliardi di dollari. Una cifra che non tiene conto della partecipazione al progetto delle altre agenzie spaziali (il totale supera i 128 miliardi di dollari, spalmati nel periodo di un decennio). In media l’agenzia ha speso dai 3 ai 4 miliardi di dollari solamente per la manutenzione della stazione. Ogni volta che l’agenzia manda degli astronauti o dell’equipaggiamento sulla stazione spende circa 60 milioni di dollari. Anche quando si passerà dall’attuale modello a quello dei privati, non ci sono molti dubbi sul fatto che la maggior parte dei costi verranno comunque assorbiti dai contribuenti americani. Vale comunque la pena di precisare che ci si aspetta che la competizione sempre più agguerrita tra aziende private porterà ad importanti innovazioni e, dunque, ad un significativo abbattimento delle spese. Del resto, nel passato recente abbiamo già assistito a questo fenomeno grazie alle pietre miliari raggiunte da SpaceX sul fronte della riutilizzabilità dei razzi.
Resta il fatto che affinché queste operazioni siano sostenibili, il mercato delle iniziative private nello Spazio dovrà crescere enormemente. Nessuna di queste stazioni commerciali ipotizzate ad oggi potrà sopravvivere contando esclusivamente sulla NASA come cliente. Il N.1 di Northrop Grumman, una delle tre aziende che abbiamo citato come beneficiare di un primo finanziamento della NASA all’inizio di questo articolo, è stato l’unico appaltatore dell’agenzia ad ammettere che la capacità di mandare in orbita una stazione spaziale entro il 2030 dipenderà da numerosi fattori arbitrari. Il più importante? «Dalla grandezza del mercato», ha detto. «Possiamo arrivarci prima che l’ISS torni a Terra, ma dipende dal mercato».
«La domanda che mi tiene sveglio alla notte è se riusciremo a rendere sufficientemente maturi questi nuovi mercati per quando saremo completamente indipendenti», ha aggiunto. «Ho grandissime speranze, che nascono dalle numerose conversazioni con partner e clienti che sembrano davvero interessati a quello che stiamo facendo».