Il 30 marzo arriverà nelle sale cinematografiche italiane Pantafa, nuovo film horror diretto da Emanuele Scaringi che vede protagoniste Kasia Smutniak e la piccola Greta Santi, che interpretano Marta e sua figlia Nina, che si trasferiscono in un piccolo paese di montagna per cercare di assicurare alla ragazzina un luogo più salubre dove abitare, lontano dalla frenesia cittadina che, si sospetta, possa essere tra le cause del grave disturbo del sonno che colpisce la piccola e la fanno soffrire di profonde crisi di paralisi ipnagogiche che la portano ad avere stati allucinatori. La permanenza a Malanotte, tuttavia, non sembra giovarle: la casa in cui si trasferiscono non è accogliente, le strade del paese sono spettrali e i sintomi vanno a peggiorare. La bimba comincia a vivere incubi sempre più vividi di una figura spettrale che le si siede sul petto, la immobilizza e le ruba il respiro… secondo le leggende del posto, quella figura risponde al nome di Pantafa…

La paralisi del sonno: la scienza, oltre la leggenda

Ero nel mio letto, immerso nel sonno profondo, quando all’improvviso mi sono svegliato di soprassalto, sentendo un peso opprimente sul torace che mi impediva di respirare. Cercavo di muovermi, ma ero completamente immobile. In quel momento, non riuscivo a capire se la mia mente fosse ancora intrappolata tra il sonno e la veglia, le immagini oniriche continuavano ad affacciarsi nel mio subconscio, creando una sensazione di inquietudine e paura. È a questo punto che iniziai a percepire la presenza di una creatura oscura e minacciosa che si avvicinava. La vedo avvicinarsi, avvertivo la sua presenza tangibile, sentivo che si sedeva sul mio petto, impedendoti di muovermi o di fuggire. Ero completamente incapace di difendermi o di reagire, come se fossi bloccato in un limbo tra la realtà e l’immaginazione.

Questa sembra la trascrizione in parole di una delle scene del film di Scaringi, in realtà è la descrizione data da un individuo che ha partecipato a uno studio incentrato sulla medicina del sonno, che descrive un episodio di “paralisi ipnagogica” o “paralisi del sonno”, fenomeno che può essere estremamente spaventoso e sconcertante per chi lo sperimenta per la prima volta. Si è cercato di spiegare queste circostanze, quasi paranormali, attraverso figure come streghe, demoni e animali fantastici che si siedono sul petto delle persone durante la notte, bloccandole e impedendo loro di muoversi. La verità è che, oltre la leggenda, c’è qualcosa di scientificamente associabile a questa esperienza, anche se è servito qualcosa di dogmatico per spiegare la tangibile sensazione di avere un contatto così vero con creature che non ci vogliono fare alzare dal letto. Questa strega che ci viene a trovare di notte, il demone, il folletto, in tanti casi un animale dalle sembianze simili a quelle di una bestia cattiva, sono diventati un argomento mainstream nel luglio 2015, quando l’università di Padova ha diffuso un comunicato stampa intitolato “Paralisi del sonno? È colpa della Pandafeche“. Il comunicato faceva riferimento alla ricerca internazionale del 2015, intitolata “Cultural Explanations of Sleep Paralysis in Italy: The Pandafeche Attack and Associated Supernatural Beliefs”, presentata al Congresso Europeo Della Psicologia a Milano, tenutosi all’Università Bicocca. La ricerca suggeriva che larga parte della popolazione italiana sia propensa a dare spiegazione soprannaturale alle paralisi nel sonno, il fenomeno clinico che spiega questa leggenda folkloristica.

L’attacco di Pandafeche costituisce quindi una suggestione, un’interpretazione specifica e soprannaturale della fenomenologia della Sleep Paralysis. Nella ricerca pubblicata su Culture, Medicine and Psychiatry si scopre, ad esempio, che la Pandafeche può assumere diverse sembianze a seconda dell’interlocutore, nello specifico, i ricercatori, hanno riscontrato una comune spiegazione culturale: il 38% del gruppo di persone esaminate, composto da individui che hanno avuto almeno un episodio di paralisi durante il sonno, riteneva che questa potesse essere causata da creature demoniache, e il 28% era certo che la propria paralisi fosse causata dalla Pandafeche. Come già accennato, la leggenda ha origine dal fenomeno scientificamente noto come paralisi nel sonno, che può essere accompagnato da un’illusione ipnagogica, termine usato per descrivere la vivida esperienza visiva, uditiva o tattile che si verifica o all’inizio o durante un periodo di sonno. In chi ne soffre, infatti, l’impossibilità di muoversi e la tensione possono talvolta associarsi ad allucinazioni vivide e spaventose, che il folklore ha personificato in sembianze umane o animali (stregafollettognomo, gatto nero) e spiegato in termini paranormali.

La premessa è, quindi, che la leggenda della Pandafeche tragga origine dal fenomeno della Sleep paralysis (SP) che, scientificamente parlando, è una circostanza che si presenta in alcuni soggetti (colpendo senza discriminazione fra sesso ed età, secondo i dati disponibili) durante la fase di sonno R.E.M. (Rapid Eye Movement), fase in cui è probabile che si facciano dei sogni. Il cervello impedisce ai muscoli degli arti di muoversi per proteggersi dal rischio di mettere in atto i sogni e farsi male. La paralisi del sonno si verifica nel momento in cui si riprende coscienza entrando o uscendo dalla fase REM.

La SP è stata descritta spesso nel corso della storia, più a livello folkloristico che scientifico. Di fatto, l’argomento è ancora un campo minato ed è una condizione che ha ancora bisogno di essere analizzata. Nonostante questo, sappiamo che ci sono diverse tipologie di paralisi del sonno, spiegazioni neurologiche, diversi sintomi clinici e cause sottostanti. Approfondiamo, sotto il punto di vista medico-scientifico, quali sono i tipi di Sleep Paralysis, come si manifestano, quali sono i sintomi, le diverse categorie di allucinazioni ipnagogiche, la diagnosi e i tipi di trattamento.

La parasomnia

Per definizione, la paralisi del sonno è una temporanea incapacità di muoversi che si ha durante il risveglio o l’addormentamento, in cui si è coscienti ma non si è in grado di muoversi o parlare. Durante un episodio, si possono avere allucinazioni (sentire, percepire o vedere cose che non ci sono), che sono di tipo ipnagogico (quando si sta per addormentarsi) o ipnopompico (quando si sta per svegliarsi), che possono risultare molto realistiche e spaventose. Gli individui mantengono la consapevolezza in concomitanza ad una condizione caratterizzata da una breve perdita di controllo muscolare, nota come atonia. Gli episodi durano in genere non più di sei minuti. Per tutti questi motivi, la paralisi del sonno è considerata una parasomnia, termine ombrello usato per indicare tutti i comportamenti considerati anomali durante il riposo notturno. Poiché è legata alla fase di movimento rapido degli occhi (REM) del ciclo del sonno, la Sleep Paralysys è considerata una parasomnia REM. Di fatto, il sonno REM standard comporta fisiologicamente sogni vividi e atonia. L’atonia termina in genere al risveglio, per cui una persona non diventa mai consapevole dell’incapacità di muoversi. I ricercatori, perciò, ritengono che la SP comporti uno stato di coscienza misto che mescola sia la veglia che il sonno REM.

Quali sono i tipi di paralisi del sonno?

Gli esperti in polisonnografia – un esame medico utilizzato per diagnosticare disturbi del sonno che prevede la registrazione di diverse funzioni fisiologiche del paziente durante il sonno, tra cui l’attività cerebrale, l’attività muscolare, la frequenza cardiaca, la respirazione e l’ossigenazione del sangue- utilizzano comunemente due termini per classificare e differenziare i casi di paralisi del sonno:

Paralisi del sonno isolata (ISP): Questi episodi non sono collegati a una diagnosi sottostante di narcolessia, un disturbo neurologico che impedisce al cervello di controllare correttamente la veglia e il riposo notturno. In questa circostanza, quindi, la ISP può presentarsi senza altri disturbi correlati. L’episodio singolo di paralisi del sonno non è considerato indicativo di una diagnosi, esso assume rilevanza quando si ripete nel tempo.

Paralisi del sonno ricorrente (RSP): Questa condizione comporta episodi multipli di paralisi del sonno nel corso del tempo. In altre parole, può essere descritta come la presenza di episodi multipli di paralisi del sonno isolata: almeno 2 episodi in 6 mesi.

In molti casi, queste due caratteristiche sono combinate e descrivono una condizione chiamata Paralisi del sonno isolata ricorrente (RISP), che comporta continui episodi di paralisi del sonno in una persona che non soffre di narcolessia.

Perché si manifesta la paralisi del sonno?

La causa esatta della paralisi del sonno è sconosciuta, questo perché può verificarsi in soggetti sani e in persone che dormono normalmente ed è, inoltre, sorprendentemente comune nella sua frequenza e universalità. Nella tradizione abruzzese, si crede che la pandafeche si presenti quando si è ecceduto con il cibo serale. A livello scientifico, sono state identificate diverse circostanze che sono associate a un aumento del rischio di Sleep Paralysis. Tra queste vi sono l’insonnia, la privazione del sonno causato da stimoli esterni, un programma di sonno irregolare, lo stress e la stanchezza fisica, il consumo di alcol e sostanze, dormire in posizione supina. Si ritiene inoltre che vi sia una componente genetica nello sviluppo della RISP, poiché vi è un’elevata incidenza di paralisi del sonno nei gemelli monozigoti. In genere, è un fenomeno benigno e non richiede trattamento, sebbene possa causare stress e ansia nei soggetti che lo sperimentano. I sintomi dell’insonnia, come la difficoltà ad addormentarsi e l’eccessiva sonnolenza diurna, sono stati riscontrati in relazione alla paralisi del sonno. Anche le persone i cui ritmi circadiani non sono allineati con il ciclo giorno-notte, come succede per chi sperimenta il jet lag e i lavoratori a turni, possono essere a maggior rischio di paralisi del sonno.

Segni e sintomi: atonia e allucinazioni

Il sintomo principale della paralisi del sonno è l’impossibilità di muoversi o parlare al risveglio. La paralisi del sonno può includere allucinazioni, come una presenza intrusiva o una figura scura nella stanza, il soffocamento o la sensazione di terrore dell’individuo, accompagnata da una sensazione di pressione sul petto e difficoltà respiratorie. Durante la paralisi del sonno si avvertono suoni immaginari come, sibili, scariche elettrostatiche, vibrazioni e ronzii. Alcuni raccontano di avvertire anche altri suoni come voci, sussurri e ruggiti. È noto anche che durante un episodio si può percepire pressione sul petto e un dolore intenso alla testa. Questi sintomi sono di solito accompagnati da emozioni intense come paura e panico. Le persone hanno anche la sensazione di essere trascinate fuori dal letto o di volare, accusano intorpidimento e sensazioni di formicolii elettrici o vibrazioni che attraversano il loro corpo. Gli esperti di medicina del sonno concentrano la loro ricerca sugli aspetti neurologici della Sleep Paralysis al fine di comprendere i meccanismi che causano questa serie di manifestazioni.

Un’ipotesi neurologica è che nella paralisi del sonno il cervelletto, che di solito coordina i movimenti del corpo e fornisce informazioni sulla sua posizione, subisca un breve picco mioclonico (breve e involontaria contrazione (spasmo) di un muscolo) nell’attività cerebrale, il quale induce una sensazione di galleggiamento. Uno stato di iper-vigilanza- creato nel mesencefalo- può contribuire ulteriormente alle allucinazioni. Più specificamente, la risposta di emergenza viene attivata nel cervello quando gli individui si svegliano paralizzati e si sentono vulnerabili agli attacchi. Questa impotenza può intensificare gli effetti della risposta alla minaccia ben al di sopra del livello tipico dei sogni normali, il che potrebbe spiegare perché tali visioni durante la paralisi del sonno sono così vivide. Il sistema di vigilanza attivato dalla minaccia è un meccanismo protettivo che ha il compito di analizzare e distinguere le situazioni pericolose e determina se la risposta alla paura è appropriata. La risposta di iper-vigilanza può portare alla creazione di stimoli endogeni, ad opera del Sistema Tonico Posturale (S.T.P), che è il sistema di cui dispone l’organismo che si occupa di preservare la postura desiderata malgrado le perturbazioni interne ed esterne. La rilevazione delle perturbazioni è affidata a un sistema recettoriale composto da: retina, otoliti (minuscoli cristalli di ossalato di calcio, contenuti in una specie di gelatina dell’orecchio interno che fungono da indicatori di equilibrio, movimento e direzione), cute, recettori muscolari, che informano sullo stato di contrazione o di rilasciamento della muscolatura; i recettori muscolo-tendinei e i recettori articolari, che contribuiscono a dare il senso di posizione e di movimento degli arti. Questi, ed altri elementi, costituiscono l’insieme degli endocettori, ovvero recettori interni all’organismo che raccolgono stimoli endogeni (che provengono dall’interno dell’organismo) e informano il S.T.P. di quello che sta succedendo. I recettori endogeni permettono al sistema di riconoscere la posizione e lo stato di ogni osso, muscolo, legamento, od organo in rapporto con l’equilibrio.
Nel contesto di paralisi del sonno, si registra una specie di sfalsamento, un disturbo nella ricezione degli stimoli endogeni da parte del Sistema Tonico Posturale, che può contribuire alla minaccia percepita. Questo processo può anche spiegare le allucinazioni in cui il soggetto avverte la presenza di una forza maligna che cerca di soffocarlo premendo pesantemente sul petto o strangolandolo. Secondo l’approccio neurologico, queste esperienze derivano dalla combinazione del sistema di attivazione della vigilanza sulle minacce associate alla paralisi muscolare, che elimina il controllo volontario della respirazione. I soggetti tentano di respirare profondamente, ma si trovano incapaci di farlo, il che crea una sensazione di resistenza che attiva il sistema di vigilanza. Questa sensazione di intrappolamento provoca un ciclo di feedback: quando la paura di soffocare aumenta a causa della continua impotenza, i soggetti cercano di porre fine all’episodio di paralisi, ma non riescono a farlo e il sistema di iper-vigilanza va ancora di più in allarme. In breve, il disturbo della ricezione degli stimoli endogeni, combinato con la paralisi muscolare, può spiegare la percezione di una minaccia percepita, le allucinazioni di una forza maligna e il ciclo di feedback che si instaura. Ad ogni modo, le allucinazioni durante la paralisi del sonno rientrano in tre categorie.

  1. Allucinazioni da intrusione: Queste allucinazioni comportano la percezione di una persona o di una presenza pericolosa nella stanza.
  2. Allucinazioni da pressione toracica: Chiamate anche allucinazioni da incubo, questi episodi possono provocare sensazioni di soffocamento. Si verificano spesso in concomitanza con le allucinazioni da intrusione.
  3. Allucinazioni vestibolo-motorie (V-M): Le allucinazioni V-M possono includere sensazioni di movimento, come il volo, o sensazioni extracorporee.

Diagnosi

Gli episodi di paralisi del sonno possono verificarsi nel contesto di diverse condizioni mediche (ad esempio, narcolessia e/o ipokaliemia, ovvero la carenza di potassio nel sangue che alcuni sperimentano con i crampi durante il sonno). Quando gli episodi si verificano, indipendentemente da queste condizioni o dall’uso di sostanze, si parla di “paralisi del sonno isolata” (ISP). Quando gli episodi di ISP sono più frequenti e causano un disagio o un’interferenza clinicamente significativi, vengono classificati come “paralisi del sonno isolata ricorrente” (RISP). Gli episodi di paralisi del sonno, a prescindere dalla classificazione, sono generalmente brevi (1-6 minuti), ma sono stati documentati episodi più lunghi. Può essere difficile distinguere tra l’atonia causata dalla narcolessia e la vera Sleep Paralysis, perché i due fenomeni sono fisicamente indistinguibili. Il modo migliore per differenziarli è notare quando gli attacchi si verificano più spesso: gli attacchi di narcolessia sono più comuni quando l’individuo si addormenta; gli attacchi di ISP e RISP sono più comuni durante le fasi finali del sonno, quelle vicine al risveglio.

La paralisi del sonno viene diagnosticata principalmente attraverso un colloquio clinico e l’esclusione di altri potenziali disturbi che potrebbero spiegare le sensazioni di paralisi. Sono disponibili diverse misure per diagnosticare la SP, tra le più utilizzate i questionari, come il Munich Parasomnia Screening, per le paralisi del sonno isolate ricorrenti, il Mayo Sleep Questionnaire (MSQ), sviluppato dal Mayo Clinic Sleep Disorders Center, uno dei centri di riferimento per la diagnosi e il trattamento dei disturbi del riposo notturno negli Stati Uniti. Il MSQ è stato utilizzato in numerosi studi clinici per valutare l’efficacia di trattamenti per i disturbi del sonno e viene indicato come strumento di screening per individuare eventuali terapie. Il Munich Parasomnia Screening (MUPS), invece, è un questionario di autovalutazione composto da 21 voci e viene utilizzato per valutare le parasonnie e i disturbi del movimento legati al sonno. Il questionario riguarda la storia passata e la frequenza attuale dei comportamenti notturni anomali. E’ stato sviluppato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Monaco di Baviera e le domande riguardano i sintomi, come il sonnambulismo, la paralisi del sonno, nonché i altri disturbi del sonno come il bruxismo e le apnee ostruttive. Questi questionari sono strumento utile per la diagnosi e possono essere utilizzati in combinazione con altre tecniche di valutazione del sonno, come la polisonnografia o l’elettroencefalogramma.

Prevenzione e Trattamento

Come già accennato, si ritiene che dormire in posizione supina (quando si è coricati sulla schiena, a pancia in su) renda il dormiente più vulnerabile agli episodi di paralisi del sonno, perché in questa posizione è possibile che il palato molle collassi e ostruisca le vie aeree. Questa possibilità esiste indipendentemente dal fatto che all’individuo sia stata diagnosticata o meno l’apnea notturna. Inoltre, durante il sonno in posizione supina può verificarsi una maggiore frequenza di microarousal che, secondo i criteri dell’American Academy of Sleep Medicine, sono marker di interruzione del sonno che rappresentano una caratteristica dannosa. Nel caso delle paralisi del sonno le microarousual sono dovute alla gravità che, in posizione supina, esercita una pressione maggiore sui polmoni.

Nel complesso, le prove scientifiche sul trattamento più efficace per la paralisi del sonno sono limitate. Molte persone non sanno che questa condizione è relativamente comune e quindi, da come si evidenzia negli studi sul fenomeno, si prova imbarazzo a raccontare e spiegare certe esperienze notturne. Di conseguenza, anche solo il riconoscimento e la normalizzazione dei sintomi da parte di un medico possono essere utili. Il trattamento medico inizia con l’educazione alle fasi del sonno. Secondo gli esperti, sebbene molti fattori possano aumentare il rischio di ISP o RISP, possono essere evitati con piccoli cambiamenti nello stile di vita. Un primo aspetto da trattare, quindi, è il miglioramento dell’igiene del sonno. Secondo gli esperti, esistono diverse tecniche di igiene del sonno che possono contribuire a migliorarne la qualità e rendere più costante il riposo notturno, ad esempio:

  • Stabilire una routine: Seguire lo stesso orario per andare a letto e svegliarsi ogni giorno alla stessa ora, anche nei fine settimana. Trascorrere almeno due ore al giorno all’aperto ( la luce del giorno aiuta a regolare il bioritmo e a ottimizzare il ciclo sonno-veglia); fare almeno 20-30 minuti di attività fisica quotidiana, come una camminata veloce, yoga, sollevamento pesi o qualsiasi altro movimento che faccia pompare il sangue, evitare di svolgere attività stressanti in tarda serata.
  • Ottimizzare lo spazio per dormire: Attrezzare il letto con il miglior materasso e il miglior cuscino, progettare la camera da letto in modo da limitare l’intrusione di luce e rumore, spegnere o abbassare tutte le luci di casa nell’ultima ora o due prima di andare a letto.
  • Eliminare le distrazioni: Mettere da parte i dispositivi elettronici, compresi i telefoni cellulari, almeno un’ora prima di andare a letto per evitare di leggere o guardare notizie inquietanti o post sui social media, discutere di politica o controllare le e-mail di lavoro.

Il trattamento più sicuro per la paralisi del sonno e, in generale, per i disturbi legati al sonno consiste nell’adottare abitudini di sonno più sane. Tuttavia, è necessario parlare con un medico per identificare e affrontare i problemi sottostanti che possono contribuire alla frequenza o alla gravità degli episodi, se gli episodi persistono.

Il miglioramento dell’igiene del sonno è spesso incorporato nella terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia (CBT-I), un tipo di terapia che lavora per riformulare i pensieri e le emozioni negative che impediscono di dormire. Una forma specifica di CBT è stata sviluppata per la paralisi del sonno ma sono necessarie ulteriori ricerche per convalidarne l’efficacia. Essa inizia con l’automonitoraggio dei sintomi, la ricostruzione cognitiva dei pensieri disadattivi relativi all’ISP (ad esempio, “la paralisi sarà permanente”) e la psicoeducazione sulla natura della paralisi del sonno. Il primo trattamento psicosociale pubblicato per la paralisi del sonno isolata ricorrente, è stata la terapia cognitivo-comportamentale per la paralisi del sonno isolata (CBT-ISP.) La CBT ha un’esperienza consolidata nell’affrontare condizioni di salute mentale come l’ansia e il Disturbo Post Traumatico da Stress, che possono essere fattori che influenzano il rischio di Sleep Paralysis. Gli esperti in medicina del sonno affermano che, se questi episodi di paralisi non sembrano diminuire nonostante l’adozione di pratiche di igiene del sonno o terapie comportamentali, è bene valutare la possibilità di presenza di narcolessia. Due studi sul GHB, per persone affette da narcolessia, hanno dimostrato una riduzione degli episodi di paralisi del sonno. Tra i farmaci, la pimavanserina è stata proposta come possibile candidato per studi sperimentali futuri sul trattamento delle SP. Nei casi più gravi possono essere utilizzati antidepressivi triciclici o inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI). Nonostante la prescrizione di questi trattamenti, attualmente non esiste alcun farmaco documentato in grado di interrompere completamente gli episodi di paralisi del sonno.

Fattori di rischio, cause e conseguenze

La prevalenza è varia, ma i ricercatori ritengono che tra le persone che sperimentano paralisi del sonno la maggior parte sono affette da disturbi d’ansia, tra cui il disturbo di panico. Alcune delle associazioni più forti riguardano le persone con disturbo post-traumatico da stress (PTSD) e altre che sono state esposte a stress fisico ed emotivo. L’interruzione dell’alcol nei soggetti dipendenti, o degli antidepressivi, può portare a un rimbalzo del sonno REM, che può anche causare paralisi del sonno. Alcuni studi hanno rilevato un rischio maggiore nelle persone con una storia familiare di Sleep Paralysis, ma non è stata identificata una base genetica specifica. Esistono alcune ricerche scientifiche nelle quali si afferma che le persone che presentano tratti di immaginazione e dissociazione dall’ambiente circostante, come sognare ad occhi aperti, hanno maggiori probabilità di sperimentare la SP. Per la maggior parte delle persone, la paralisi del sonno non è considerata pericolosa. Sebbene possa causare disagio emotivo, è classificata come una condizione benigna e di solito non si verifica abbastanza frequentemente da causare effetti significativi sulla salute. Tuttavia, si stima che il 10% delle persone abbia episodi più ricorrenti o fastidiosi che rendono la paralisi del sonno particolarmente preoccupante perché si possono sviluppare pensieri negativi sull’idea di mettersi a letto, riducendo il tempo dedicato al sonno o provocando un’ansia che rende più difficile addormentarsi.

Un incubo comune nel folklore di tutto il mondo

Siamo nerd di scienza, quindi ci atteniamo a quella: tuttavia, dopo la spiegazione scientifica, ci sembra interessante e, addirittura, affascinante notare come la Pantafa abbia origini davvero arcaiche e universali. È presente nelle culture di mezza Italia, riportata con diversi nomi e, anche, diverse forme, dai nomi dialettali molto caratteristici e significativi: Quagg, Stricacuor, Calcarello, Ammuntadore, Pesarello, Fracariòl, Sanguanello, Linchetto… Si tratta di volta in volta di streghe/megere, spiriti in forma tangibile, o di folletti, dispettosi e lussuriosi, volti quantomeno a infastidire la vittima, a suggere la loro energia vitale o, al contrario, a fecondare la vittima, se di sesso femminile. Spesso, i figli nati da queste unioni erano sorta di semidei, o meglio, superumani, dotati di poteri straordinari. Secondo alcune leggende, Merlino era uno di questi; e di figure simili alla Pantafa è pieno anche il folklore mondiale, con certe versioni dei djinn mediorientali (sì, proprio i “geni” della lampada) o i leggendari Kanashibari giapponesi, che opprimono la vittima, che si sente come legata con pesantissime corde metalliche.

Affascinante altresì notare come, anche a livello etimologico, questo tipo di figure mitologiche abbiano lasciato uno strascico importante ma spesso sconosciuto ai più. Basti pensare alle parole “Nightmare” e “Incubo”, che sono una la traduzione dell’altra e derivano entrambe da una forma di Pantafa, ma diversa nella forma e nell’etimologia del lemma. Entrambe queste figure sono state protagoniste di dipinti e sculture, come la celebre serie di quadri di Johann Heinrich Füssli (ne potete ammirare uno in cover all’articolo) o il complesso scultoreo di Eugène Thivier, in cui una giovane donna viene ghermita da un demone che la paralizza. Si tratta di un “incubo” che ha per l’appunto la stessa radice latina di “incubare”, che nel gergo moderno è inteso come covare qualcosa col calore, ma originariamente era inteso come il “giacere sopra con forza”, e il calore era solo una conseguenza secondaria… da lì poi il termine che indica un sogno spaventoso, spesso più traumatico per temi e accadimenti che per la presunta impossibilità di muoversi del sognatore.

Ancora più curioso il termine Nightmare, che, come i quadri di Füssli ci ricorda, deriva da una “cavalla notturna” (Night+Mare) che sarebbe portatrice di influssi, sensazioni e presenze infauste. Nel film d’animazione del 2012 Le 5 leggende (Rise of the Guardians) il cattivo della storia, Pitch Black, popola gli incubi dei bambini proprio plasmando la sabbia dei bei sogni di Sandman in spaventosi cavalli neri.

Per concludere, la leggenda della pandafeche ha affascinato l’immaginario popolare per anni e continua a farlo. Oggi sappiamo che si tratta di una condizione medica scientificamente documentata. Nonostante possa risultare spaventosa e disturbante per chi ne è affetto, la comprensione della sua natura e dei suoi meccanismi consente di gestirla efficacemente. Grazie al progresso scientifico, il mondo moderno ha trovato spiegazioni razionali per questo strano fenomeno che, nonostante tutto, rimane un racconto interessante che ancora una volta ci fa riflettere su come le leggende e le tradizioni folkloristiche siano capaci di incantare e affascinare.

Fonti scientifiche