La recensione di Wo Long: Fallen Dynasty ci porta alla scoperta del nuovo action di Team Ninja, sulla falsa riga di quanto realizzato con Nioh.
Sono trascorsi tre anni esatti da quando Team Ninja ci propose Nioh 2, sequel dell’action game che era stato pubblicato altrettanti anni prima, nel 2017. Da quel momento in poi, a parte la breve parentesi con Stranger of Paradise: Final Fantasy Origins pubblicato con Square-Enix, abbiamo atteso il ritorno di quello che è diventato, negli ultimi anni, il cavallo di battaglia del team di sviluppo di Kudankita: il ritorno all’action, con una nuova IP, con nuovi esperimenti pronti a convincerci. O forse no.
La rivolta dei Turbanti Gialli
Wo Long: Fallen Dynasty è ambientato nel 184 d.C., un periodo che vide la Cina impegnata con la rivolta dei Turbanti Gialli. Si tratta di un evento a livello storico molto importante, cruciale per la dinastia Han, che vide il proprio declino iniziare a terminare in quella rivolta che venne sì repressa, ma che permise all’epoca dei Tre Regni di iniziare e fiorire. A far scattare la scintilla fu la rivolta dei contadini che decisero di ribellarsi al potere: erano circa 300.000 di loro e pretendevano che venisse instaurato un regime egualitario, annullando quel mandato del cielo che aveva messo la famiglia Han al governo. La rivolta riuscì a estendersi in tutta la Cina, coinvolgendo l’intera nazione e cambiando per sempre la storia del popolo cinese negli anni a venire.
L’evento vide come protagonisti numerosi soldati che fecero la storia della Cina e che Wo Long celebra riportandoli in vita, in una forma più epica e molto più videoludica, con l’intento di dare loro il giusto peso che meritano nella storia: parliamo di Cao Cao, nonché di Zhang Jiao, fino all’eremita Hong Jing, tutti pronti a fornirci supporto in battaglia e fare in modo che il nostro intervento possa essere finalizzato al debellare una piaga che Team Ninja ha deciso di proporre all’interno del costrutto narrativo: dei demoni nati dall’Elisir, una droga che è stata capace di dare dei poteri sovrumani a chi decide di assumerla. Va da sé che ci troviamo dinanzi a un pretesto narrativo che non fa del suo intreccio la parte più interessante: Wo Long ha nel gameplay la propria forza, la propria prestanza, non nella storia raccontata.
Nonostante ciò, avrete la possibilità, in caso in cui vogliate dare il giusto peso a ciò che vi si dipanerà dinanzi, di godervi una storia riprodotta in maniera gradevole, un romanzo storico che riesce a creare una commistione tra ciò che avvenne nella Cina di quegli anni e ciò che Team Ninja ha voluto ricreare per giustificare il nostro sforzo bellico, riproducendo una nazione dilaniata da una rivolta che mise a fuoco e fiamme ciò che rimase di un’epoca destinata al declino. A supportare l’intreccio narrativo troviamo un ottimo doppiaggio in lingua cinese, coadiuvato da una buona caratterizzazione dei comprimari, tutti pronti per essere evocati al bisogno e intervenire nei momenti di estrema necessità. Starà esclusivamente a voi, però, lasciarvi colpire dalle vicende raccontate, incentrate su strategie di guerra e discorsi pregni della politica del tempo, a volte banalizzati ed edulcorati per non diventare troppo verbosi e prolissi. Scelta che, a occhi più esigenti, non risulterà indovinata.
Like a Nioh
Wo Long: Fallen Dynasty, come detto, basa la sua esperienza sul gameplay e sul combat system. Nelle circa venti ore impiegate per portare a termine la main quest, quindi senza prendere in considerazione tutte le missioni secondarie che andranno ad aprirsi sulla falsa-riga di quanto accaduto sulla mappa di Nioh negli anni precedenti, abbiamo imparato a padroneggiare le novità che Team Ninja ha inserito nel suo novero di feature. Partiamo col dire che la continuità con la precedente IP è visibile, sia in quelle che sono le armi proposte, tanto per il ritmo del combattimento, spesso aggressivo e quasi sempre non votato alla riflessività, se non all’inizio.
Il nostro protagonista, personalizzabile in ogni modo possibile grazie a un editor profondissimo e attento a qualsivoglia dettaglio della nostra corporatura, a ogni uccisione raccoglierà della Forza Vitale che gli permetterà di aumentare di livello: al posto dei consueti templi di Nioh e falò di Dark Souls, stavolta avremo a disposizione delle bandiere presso le quali andare a gestire il nostro level-up. In cinque distinti rami andremo a costruire la nostra build a seconda delle nostre esigenze e al modo in cui vogliamo approcciare il combattimento: ognuno di essi è legato a uno specifico elemento naturale e richiameranno delle caratteristiche peculiari degli scontri. Il fuoco incrementerà il danno, la roccia invece la nostra difesa, l’acqua la capacità di essere furtivi, permettendovi di andare a personalizzare tutti gli aspetti e l’approccio alla sfida da parte vostra. Nella build che abbiamo creato, dopo un paio di esperimenti e dopo aver sbloccato – quasi subito – la possibilità di riassegnare tutti i punti accumulati, ci siamo resi conto di quanto l’acqua potesse essere messa in disparte. Le fasi stealth, infatti, ci sono sembrate davvero troppo approssimative, spogliate di qualsivoglia interazione con l’ambiente e banalizzate da un cono visivo degli avversari a dir poco incomprensibile.
Ciò che abbiamo potuto apprezzare, invece, riguarda l’utilizzo delle magie, utile non solo per la varietà offerta, ma anche per essersi rivelate fondamentali negli scontri più ostici andando a ridurre la barra della crisi. Così come accadeva in Nioh – e così come accade in oramai qualsiasi tipo action – ogni avversario oltre alla barra degli HP avrà anche una seconda barra, lo Spirito, che una volta riempita lo porterà a concedervi una breve finestra per un attacco letale, che infliggerà non pochi danni: questo accade sia per i boss che per gli avversari standard. Per andare a ridurre l’ampiezza di questa seconda barra potrete affidarvi alle magie elementali, così da andare a rosicchiare centimetri importanti al fine di infliggere, poi, il danno massimo possibile. Al di là di questo aspetto, troverete molto utili molte magie non solo di attacco, ma anche pronte a garantirvi dei perk delle statistiche, oltre che delle evocazioni, per quanto queste siano molto confusionarie e non abbastanza godibili dal punto di vista estetico.
All’arma bianca contro i demoni
Ciò che preme sottolineare è ovviamente il lavoro svolto per le armi da usare: non avrete nessuna bocca di fuoco a vostra disposizione, ma soltanto lame o martelli da attacchi melee, oltre ovviamente a qualche soluzione dalla distanza come pugnali, archi e balestre. Con 13 tipi di armi a disposizione una volta che avrete trovato quella più congeniale a voi sarà difficile che ve ne separiate, proprio come accadeva in Nioh, dove poi l’aumento delle statistiche presso un fabbro vi avrebbe portato ad affezionarvi troppo a quella scelta compiuta, non separandovene più. Sull’aspetto delle armi a disposizione, tra l’altro, Team Ninja ricade in quello che era un problema già affrontato con i precedenti loro titoli: la quantità di loot generato, tutto pronto per essere cestinato a dovere nel momento più opportuno. Un ostacolo all’ordine e alla volontà di soffermarsi sulle caratteristiche di ognuno di essi davvero difficile da superare; finirete per buttare tutto via al termine di ogni missione per potervi concentrare su ciò che vi ha già convinto e che avete già in qualche modo deciso di indossare.
Altro aspetto chiave da tener presente in Wo Long è il poter deviare gli attacchi avversari. Di fondamentale apprensione nella prima boss battle, la cui difficoltà è stranamente più alta di tutto ciò che troverete subito dopo e nelle ore successive, si tratta di indovinare il giusto timing per poter deflettere qualsiasi attacco avversario, anche quelli letali, e guadagnarvi una finestra di contrattacco tale da permettervi di infliggere una buona dose di danni, non solo agli HP ma anche allo Spirito. Rappresenta la più affascinante delle feature da combattimento di Wo Long e quella che vorrete imparare a padroneggiare quanto prima, così da diventare in poco tempo infallibili negli scontri e pronti a evitare qualsiasi attacco avversario. Inoltre, dal punto di vista registico sia il deviare che l’affondare con un colpo letale sono gradevoli da vedere e non vi stancheranno nemmeno dopo dieci ore di combattimento.
Tra mid-boss e un level design ispirato
Nel vostro cammino avrete la possibilità di scontrarvi con ciò che rappresenta un altro elemento di focale importanza nelle produzioni di Team Ninja: i demoni. Se in Nioh era tutto stracolmo di entità sovrannaturali, in Wo Long nessuno ha deciso di trattenersi. Al di là dei soldati che incontreremo all’inizio, poi dovremo cedere il passo a entità la cui creazione è talmente pittoresca da rendere difficile la descrizione: alcuni sembreranno dei troll provenienti dalla tradizione asiatica, altri invece delle viverne munite di zampe da ragno, pronti a scagliarsi su di noi come se fossimo carne da macello. La varietà stilistica è davvero alta, così come è di fino la costruzione dei vari ambienti, che offre un level design sempre molto accorto e pregno di strade secondarie da andare a sviscerare per il canonico farming, mai inutile in questi contesti. Avere a che fare con questi esseri, che rappresentano spesso dei mid-boss, darà vita a scontri fatti di maggior strategia e di maggior accortezza all’ambiente circostante, spesso utile: c’è da dire che in alcuni casi avrebbe avuto molto più senso evitare il loro respawn a ogni riposo presso una bandiera, ma con l’obiettivo di tarare la difficoltà verso l’alto comprendiamo anche questa scelta, per quanto molto al limite.
La meccanica che riuscirà a venirci incontro in queste situazioni è legata a quella dei Rinforzi. Tutti i guerrieri che andremo a incontrare nel corso del nostro peregrinare riusciranno a darci man forte, fino a un massimo di due unità, ogni volta ne avremo bisogno. A loro potremo impartire l’ordine di lanciarsi all’assalto, usandoli sia come arieti di sfondamento che come esche, o di seguire i nostri movimenti, fino a poterli resuscitare entro un determinato lasso di tempo, pena la loro sparizione dal campo di battaglia. A loro è legato anche un sistema di level-up, basato sul sistema del giuramento, in grado di aumentare a seconda del tempo trascorso insieme a combattere e ai danni inflitti agli avversari. Più sarà alto il livello di giuramento che intercorre tra di voi più saranno i benefici in battaglia che trarrete nel convocarli al vostro fianco. Un modo per andare ad attutire l’eventuale difficoltà che potreste incontrare in alcuni scontri, ma anche per rendere più profonda la vostra strategia in battaglia.
Sulla scia di queste novità troviamo anche quella legata al Morale, una unità di misura che viene azzerata all’inizio di ogni missione e che può raggiungere il valore di 25 come massimo. Più alto sarà il vostro morale e più saranno possenti i vostri attacchi: per questo la chiave di ogni vittoria sarà quella di accumulare quanti più punti possibili evitando di perderne morendo. Cercare le bandiere dove riposare, nonché quelle secondarie che serviranno solo come checkpoint, vi permetterà di andare a rimpinguare questo valore, beandovene quando incontrerete un avversario che si crogiola del suo status di invincibile. Fino a quel momento. Ogni livello diventerà così una sfida alla sopravvivenza fino alla fine, per portare a casa il valore più alto possibile: sarebbe stato altrettanto interessante se gli avversari, così come accade a noi che abbiamo visibilità del morale altrui, dinanzi a un nostro elevatissimo grado avessero iniziato a provare timore e avessero combattuto con più remore. Aspetto, forse, troppo complesso da inserire.
La fluidità del fiume noto
Passando all’aspetto tecnico, Wo Long vi permette di scegliere tra due diverse modalità di gioco: quella che favorisce la fluidità e quella che invece esalta la qualità visiva. Abbiamo preferito la prima, per poter godere dei 60fps in funzione di quel ritmo sempre molto forsennato che richiede Wo Long: ciò che possiamo dirvi è che per quanto l’estetica di gioco sia affascinante, tecnicamente il titolo non ci ha fatto gridare al miracolo, anzi abbiamo percepito di esser stati calati di nuovo nei contesti che furono di Nioh 2 tre anni fa. Nessun passo in avanti clamoroso, né nei dettagli, né dell’utilizzo del sistema di illuminazione, anzi abbiamo notato anche un pop-up degli asset sul lungo raggio che distrugge un po’ la magia dell’esplorazione.
Un ultimo dettaglio è da spendere sull’uso dozzinale dello schwa: Wo Long ci chiede espressamente di scegliere se essere maschio, femmina o altro, ma nonostante la nostra espressa preferenza, continuerà a utilizzare lo schwa in ogni dialogo, spesso anche in maniera errata, perdendo la concordanza con l’aggettivo, che invece rispetta la nostra scelta. Un modo davvero superficiale e poco sensato di adottare la vocale intermedia creata con fini inclusivi, ma qui gestita in maniera poco sensata da chi si è occupato della localizzazione. Un aspetto che avremo modo sicuramente di andare ad approfondire nei prossimi giorni.
Wo Long: Fallen Dynasty è un prodotto che sulla scia di Nioh 2 riesce a confezionare un'altra buona esperienza action, senza però eccellere in nessun aspetto. Le novità proposte, a partire dal deflettere gli attacchi avversari e il sistema del morale, sono segno di voler progredire e di continuare a sperimentare in un genere che rischierebbe di ristagnare, ma dall'altro lato bisognerà essere davvero legati alla proposta ludica di Team Ninja per cogliere l'offerta complessiva di Wo Long. Con una trama non eccezionale e con un assetto tecnico non di prim'ordine, sarà proprio il combat system a dovervi convincere, con tutte le sue proposte legate allo Spirito e al ritmo incalzante, unito a una buona longevità, come d'altronde lo stesso Nioh ci aveva fatto notare.
- Combat system avvincente
- Buone novità nel gameplay
- Level design molto ispirato
- Narrativa priva di mordente
- Ancora una caterva di loot da (non) gestire