Il documento stilato dall’associazione no-profit Save The Dogs, racchiude le storie di animali e umani in fuga dalle bombe, voci e volti degli oltre 20 rifugi e 400 volontari con cui collaboriamo, ma anche un resoconto dettagliato degli aiuti distribuiti.
Trecentosessantacinque giorni di guerra sono passati. Un anno di solitudine, se volessimo trasformare il titolo del libro di Marquez, per moltissime persone che ancora scappano dal conflitto in Ucraina. Nella frontiera di Isaccea in Romania, dove si concentrano le persone provenienti dalle zone di Odessa e dal sud della nazione, continua ad esserci un flusso di profughi che cercano un posto sicuro dove andare. L’emergenza prosegue e inizia anche a mutare. Sì perché insieme a coloro che arrivano a piedi, affrontando viaggi interminabili che li porteranno in varie nazioni europee, iniziano ad esserci un costante numero di auto cariche di bagagli e di famiglie anche benestanti, ma che iniziano a vacillare ed avere timore per le loro vite. In questo flusso migratorio, che dal 24 febbraio 2022 ha letteralmente violentato l’est Europa e non solo, ci sono anche le storie dei profughi con i loro animali, cani di ogni razza, gatti, colombe, tartarughe, conigli e roditori messi negli zaini, all’interno di borse o semplicemente portati in braccio in fagotti di fortuna, ma che almeno in Romania, grazie all’opera costante del team di Save the Dogs, riescono ad essere supportati in ogni esigenza e richiesta. Profughi come Tatiana, nata nel 1944 di Odessa, arrivata in frontiera in ciabatte con due cocker molto malconci, aggrappata a loro come se dovesse proteggerli di continuo dai bombardamenti, ma che dopo aver ricevuto cibo per i suoi cani si commuove ricordando
Noi siamo stati sempre fratelli con i russi e non mi do pace per quello che sta succedendo.
Save the Dogs, fondata da Sara Turetta, opera in Romania da più di vent’anni e ha creato a Cernavoda uno dei centri più all’avanguardia europei per quanto riguarda la salvaguardia e cura degli animali, realizzando campagne di sterilizzazione in un paese dove il randagismo è ad una percentuale ancora altissima.
Mai mi sarei aspettata di combattere un’emergenza di questo tipo – afferma la presidente Sara Turetta – ma non potevamo tirarci indietro. Seppur la guerra distrugge ogni quotidianità nessun cittadino ucraino, di quelli che abbiamo conosciuto noi, in fuga si è voluto separare dai suoi animali. Tra le storie che ricordo con più affetto un bambino con le sue colombe messe su uno scatolone di fortuna o Bielka, il Chihuahua di Kherson che è riuscito a riabbracciare la sua famiglia a Tulcea in Romania. Esattamente un anno dopo l’inizio del conflitto in Ucraina siamo ancora impegnati per sfamare e proteggere i cani e gatti rimasti nel paese e aiutare i loro compagni umani.
Tutto questo è stato possibile grazie all’incredibile lavoro della rete di volontari che hanno continuato a prendersi cura di migliaia di animali abbandonati, nonostante i missili cadessero sulle loro città. Sono stati dodici mesi molto intensi ma i messaggi di profonda gratitudine che abbiamo ricevuto ci hanno confermato, ancora una volta, che nell’aiutare cani e gatti abbiamo aiutato anche tutti coloro che si sono presi cura di loro nascondendoli nei bunker, accogliendoli nei propri rifugi malandati o infilandoli in una borsa da viaggio. Perché dove si riesce ad alleviare la sofferenza degli animali, si allevia anche quella degli esseri umani.
L’associazione presenta il rapporto “Animali in Guerra: l’impatto del conflitto in Ucraina su cani e gatti“, il bilancio di un anno di lavoro che ha coinvolto oltre 400 volontari e diverse associazioni per aiutare 20 rifugi e più di 4000 animali vaganti nelle strade devastate dal conflitto. Con la prima missione fatta in Ucraina, Save the Dogs prosegue il lavoro a favore di animali e persone pianificando i prossimi interventi con almeno 500 sterilizzazioni da fare entro il 2023 e traccia il percorso oltre la guerra. Il report racchiude storie di animali e dei loro umani in fuga dalle bombe, voci e volti dei volontari, testimonianze dei rifugi aiutati ma anche un resoconto dettagliato con numeri del mangime inviato sinora e beni materiali distribuiti in Ucraina, oltre alle spese sostenute (poco più di 900.000 euro). Un bilancio di un anno di lavoro, ma anche un prezioso momento di confronto fortemente voluto da Save the Dogs per analizzare, ad un anno dall’invasione russa, il primo conflitto che ha acceso i riflettori sulla sofferenza degli animali e sul legame con i loro umani che neanche una guerra può spezzare; sulla forza della cooperazione internazionale, che ha permesso di costruire una rete di aiuti legando ad uno stesso obiettivo associazioni umanitarie, animaliste, cittadini e volontari, quello di alleviare le sofferenze del popolo ucraino; sulla necessità di un nuovo approccio nella gestione dell’attuale crisi e del dopo guerra che deve tenere conto anche della dimensione del benessere animale accanto a quello umano.
La situazione in Ucraina continua ad essere instabile e pericolosa e oggi non ci sono ancora le condizioni per poter progettare il “post conflitto”. Dopo la prima missione realizzata a Odessa dal team di Save the Dogs a gennaio e una in corso in questi giorni, è emersa però forte la necessità di sviluppare interventi strutturati e continuativi sul territorio.
Il fenomeno del randagismo canino e felino si è drammaticamente aggravato con la guerra. Se qualcuno è riuscito a fuggire portando con sé i propri animali, sono innumerevoli quelli rimasti da soli a vagare per le strade già affollate di randagi prima ancora dell’invasione russa. Qui, infatti, la sterilizzazione non era una pratica diffusa neppure tra le associazioni, per questo abbiamo pianificato un programma di 500 sterilizzazioni da realizzare ad Odessa attraverso i nostri partner locali nel corso del 2023. Dobbiamo assolutamente evitare una riproduzione incontrollata – continua Sara Turetta.
Come tutti i conflitti che hanno coinvolto l’umanità, anche per questo arriverà il giorno in cui finalmente si potrà mettere la parola fine e si potrà iniziare a lavorare per la ricostruzione. In questi luoghi sarà necessario l’impegno di tutte le organizzazioni non profit per un vero e proprio “Piano Marshall” che – contrariamente all’originale – dovrà necessariamente includere anche gli animali, vittime anche loro di questa orribili pagine di storia.
Dobbiamo riuscire a guardare oltre il conflitto e vorremmo lavorare in sinergia con altre organizzazioni internazionali alla realizzazione di una clinica mobile, per poter portare i nostri aiuti anche nelle zone più remote dell’est del Paese. Inoltre, continueremo le nostre missioni sul territorio per visitare i rifugi nell’area di Odessa che abbiamo sostenuto in questo lungo periodo, per capire come aiutarli a migliorare gli standard di benessere, per formare il personale locale e per realizzare uno o più ambulatori veterinari in grado di offrire sterilizzazioni e cure mediche. Solo con progetti concreti e sostenibili potremo lasciare un’impronta significativa e duratura in questa terra martoriata e aiutare l’Ucraina a voltare definitivamente pagina – conclude Sara Turetta.
Per Save the Dogs sono stati 12 mesi di lavoro in costante stato di emergenza ma, anche in una situazione di grande difficoltà, l’associazione è riuscita ad attivare aiuti concreti alla frontiera di Isaccea, in Romania, con 42 volontari e personale al presidio fisso di frontiera, per 1025 rifugiati con animali al seguito in fuga dal conflitto, ad accogliere 30 cani provenienti da un rifugio di Odessa presso la sede di Cernavoda, dove è stata creata anche una nuova area per ospitare cani e gatti che non possono proseguire il viaggio con le loro famiglie o per gli animali evacuati dalla guerra che non possono andare in adozione. In Ucraina, invece, sono stati inviati 533.000 kg di cibo, attivate collaborazioni dirette con 20 rifugi e con una rete di oltre 400 volontari nelle zone di Odessa e Izmail in un primo momento, per poi estendere l’intervento ad altri territori tra cui Kharkiv nel nord-est, Mykolaiv e Kherson.
I numeri di Save The Dogs in questo anno di conflitto
- 42 volontari e personali al presidio fisso di frontiera
- 1025 rifugiati assistiti con animali al seguito
- 3 cure veterinarie fornite
- 132 vaschette per lettiere per gatti
- 343 ciotole
- 88 coperte per animali
- 407 pettorine e guinzagli
- 338 traversine
- 898 kg di cibo umido
- 414 trasportini donati alla frontiera
- 105 trasportini donati all’aeroporto di Otopeni alla stazione ferroviaria nord di Bucarest
- 2367 cani assistiti
- 2029 gatti assistiti
- 7 cavalli che hanno ricevuto fieno e paglia (cavalli ucraini che sono arrivati in Romania insieme a un rifugiato)
- 533.000 kg di cibo per cani e gatti fornito ai rifugi
- + 20 rifugi che hanno ricevuto cibo
- 455 cucce per cani
- 80 coperte per animali
- 180 cappottini per cani
- 1548 collari antipulci/antiparassitari
- 30 cani evacuati dall’Ucraina
- 3 animali riuniti con le loro famiglie
- 2 alloggi trovati per i rifugiati con animali domestici
- 1 pensione pagata agli animali domestici dei rifugiati