La Grande Arte al Cinema di Nexo Digital tornerà nelle sale italiane a marzo con tre nuovi titoli che spazieranno dal Rinascimento elegante, equilibrato e ponderato di Perugino agli anni turbolenti del Barocco con l’eterna sfida alla ricerca della perfezione tra Borromini e Bernini, sino ad arrivare all’arte drammatica, oscura, ironica e dissacrante del genio assoluto di Goya.
Il primo appuntamento sarà il 6, 7, 8 marzo con il docu-film dedicato a uno dei più importanti artisti spagnoli di tutti i tempi, L’ombra di Goya, presentato al 75esimo Festival di Cannes, diretto da José Luis López-Linares e scritto da Jean-Claude Carrière e Cristina Otero Roth. Il regista di “Bosch. Il giardino dei sogni”, ha scelto un team di dodici specialisti di tutte le discipline per cercare di decifrare la ricca e sinuosa opera del pittore spagnolo in questo suo nuovo affascinante documentario corale. In testa al composito corteo di esperti e appassionati c’è Jean-Claude Carrière, storico amico e collaboratore di Luis Buñuel, sceneggiatore, scrittore, attore e regista, che López-Linares ha avuto la fortuna di filmare un anno prima della sua prematura scomparsa, ripercorrendo con lui le orme di Goya (1746-1828). Nel corso della narrazione ognuno degli intervistati fa luce a modo suo su un artista dall’incredibile ricchezza espressiva (un otorinolaringoiatra si cimenta, per esempio, nel rintracciare nei quadri le conseguenze della sordità del pittore) avvicinando tra loro i tasselli di un viaggio che esplora la relazione tra cultura ed emozioni, cinema e pittura. Invece di prediligere il percorso cronologico, L’ombra di GoyaA riesce a spaziare tra opere di periodi diversi con cui Goya smaschera vizi e ipocrisie della sua epoca, tutte collegate tra loro dalla guida acuta e dalle riflessioni illuminanti di Jean-Claude Carrière, che non manca di individuare i legami artistici tra il pittore e il regista di “Un chien andalou”, accomunati dall’essere originari dell’Aragona, dalla sordità e dalla predilezione per una narrazione di tipo surrealista. L’ombra di Goya è una produzione Mondex Films, Zampa Audiovisual, López Li Films, Fado Filmes, Milonga Productions.
A 500 anni dalla morte, il 3, 4, 5 aprile arriverà nelle sale Perugino. Rinascimento Immortale, prodotto da Ballandi e diretto da Giovanni Piscaglia, regista di Van Gogh. Tra il grano e il cielo e Napoleone. Nel nome dell’arte, su soggetto dello stesso Piscaglia con Marco Pisoni e Filippo Nicosia. Il documentario racconta l’evoluzione di un artista a cavallo tra due mondi: da una parte le architetture di Piero della Francesca fondamentali per la sua formazione, dall’altra la propensione per la pittura devozionale e lo studio fiorentino presso il Verrocchio. Pietro di Cristoforo Vannucci (1450 circa-1523), detto Perugino, nasce a Città della Pieve a metà del Quattrocento. Comincia a lavorare a Perugia ma si trasferisce a Firenze, dove lavora presso la fiorente bottega di Andrea del Verrocchio. Ha Leonardo come collega e Raffaello come allievo. Da artista, Perugino vive così il paradosso di essere “meno di sé stesso”: l’identità di “allievo di Piero della Francesca” e di “maestro di Raffaello” sono più forti della sua. Il suo genio e la sua importanza sono in seguito adombrati da quelli degli artisti a lui immediatamente precedenti e successivi e il suo – pur enorme – apporto viene considerato “di transizione”. Al contrario, grazie a riprese suggestive e all’intervento di storici ed esperti, Perugino. Rinascimento Immortale mette in luce le sue peculiarità e il suo ruolo fondamentale all’interno della storia del Rinascimento. Un viaggio attraverso l’Italia alla scoperta dei grandi capolavori, dagli affreschi della Cappella Sistina alle due sale a lui interamente dedicate alla Galleria Nazionale dell’Umbria. Il tributo a un artista che è stato in grado di ispirare in maniera decisiva i pittori del suo tempo, dando vita a opere di una bellezza immortale.
Il 15, 16 e 17 maggio sarà il momento di Borromini e Bernini. Sfida alla perfezione, prodotto da Sky e Quoiat Films, diretto da Giovanni Troilo, già regista di Frida. Viva la vida, Le Ninfee di Monet. Un incantesimo di acqua e luce e Power of Rome, e su soggetto di Luca Lancise. Borromini non ha ancora vent’anni quando arriva a Roma a piedi da Milano, lasciando i genitori e il suo lavoro di umile scalpellino al Duomo per inseguire il sogno di lavorare nel cantiere più prestigioso del suo tempo, la Fabbrica di San Pietro. È il 1619, Roma è il centro dell’arte occidentale, ‘the place to be’ per ogni pittore, scultore, architetto che desideri la gloria. Qui spuntano ogni giorno nuovi cantieri di chiese, fontane, palazzi nobiliari e sedi di giovani e ambiziose congregazioni religiose di tutta Europa: a cominciare dalla nuova Basilica di San Pietro, la Chiesa ha deciso di utilizzare l’arte e l’urbanistica come potente mezzo di fascino e persuasione e come simbolo di grandezza di fronte al mondo, per rilanciare il suo messaggio dopo lo shock provocato dalla Riforma protestante di Martin Lutero. Questa è la storia di Borromini, un uomo che si priva di tutto per inseguire un sogno, che si fa tutt’uno con la sua arte, senza altra ambizione che quella di riuscire a realizzarla lottando per affermarsi. È il racconto della rivoluzione architettonica di un genio solitario che cambia per sempre l’aspetto di Roma, attraverso una sfida personale alle convenzioni e ai pregiudizi, con l’umiltà di apprendere dal passato per inventare il futuro, con il coraggio di portare avanti un’idea pagandone il prezzo fino in fondo. Ma è anche la storia della rivalità artistica più famosa di sempre, quella tra Borromini (1599-1667) e Bernini (1598-1680) e soprattutto la storia della rivalità di Borromini con sé stesso: un genio talmente legato alla sua arte da trasformarla in un demone che lo divora dall’interno, fino a spingerlo a scegliere la morte pur di toccare l’eternità.
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