Ha tanti termini per essere definita, ma uno fra tutti è “sindrome della rassegnazione”. Chi viene colpito cade in un vero e proprio stato catatonico, un torpore profondo in cui non si risponde più agli stimoli esterni. Serve addirittura un sondino per l’alimentazione, altrimenti si rischia di morire. La sindrome colpisce particolarmente bambini e ragazzi, ciò avviene come conseguenza di un grave trauma subito.
Non esiste a oggi un trattamento specifico per curarla. Bisogna capire se si tratta di un disturbo da stress post traumatico o se di una forma di catatonia. Alla base dell’insorgenza della sindrome però ci sono anche personalità predisposta, disturbi psichiatrici infantili pregressi, quelli dei genitori ed eventi traumatici. La sindrome si manifesta attraverso tre fasi: rifiuto, isolamento e regressione.
I sintomi iniziali possono essere il rifiuto del cibo, la perdita di peso, mutismo, isolamento sociale, immobilità, resistenza a stimoli esterni. Non sussiste un trattamento di cura specifico, ma può esserci un processo di miglioramento abbastanza lungo (mesi o anni). Il processo di miglioramento si basa sulla speranza di un futuro migliore, che sembra avere effetto sulla guarigione di bambini e ragazzi. L’importante è stare vicino ai soggetti sofferenti della sindrome, mantenendo e stimolando il contatto umano.
Con il termine sindrome della rassegnazione, si fa riferimento ad una sindrome che colpisce per lo più bambini e adolescenti tra gli 8 e i 15 anni che in un momento improvviso della loro vita, in seguito ad un trauma, cadono in uno stato di torpore che li porta a non svegliarsi, a non rispondere agli stimoli esterni e a nutrirsi tramite un sondino. I sintomi riportati possono includere torpore, malnutrizione, ritiro sociale ed emotivo e scarsa responsività agli stimoli esterni. Il trattamento della sindrome della rassegnazione nella fase acuta si basa sul mantenimento in vita del soggetto in stato di torpore; si assicura per esempio un supporto nutrizionale mediante sondino nasogastrico, la reidratazione endovenosa e il controllo delle funzioni corporee. Tuttavia sin dall’inizio la cura è anche psicologica. A questi bambini e alle loro famiglie va offerta la possibilità, tramite la psicoterapia individuale e gli interventi con i genitori (parent training), di rielaborare le emozioni negative associate all’esperienza traumatica e di inserirsi stabilmente all’interno del nuovo ambiente potendo disporre di adeguate opportunità culturali e socio-economiche. Molto importante è anche il supporto sociale da fornire non solo al soggetto colpito dalla sindrome della rassegnazione, ma anche alla sua famiglia.
Samanta Travini, psicologa