In un interessante articolo scritto da Nicholas R. Longrich, Docente senior di Paleontologia e Biologia evolutiva, dell’Università di Bath si percorre un pò di storia dei dinosauri e si offrono spunti per rispondere a una domanda che interessa anche noi. Sappiamo che 66 milioni di anni fa l’asteroide mise un punto sull’esistenza dei dinosauri sulla terra. Le piante morirono e poi gli animali che se ne nutrivano. Oltre il 90% di tutte le specie scomparve. Quando la polvere si depositò, tutti i dinosauri, tranne una manciata di uccelli, si erano estinti.
Da qui parte l’analisi del professore di biologia evolutiva. Questo evento catastrofico rese possibile l’evoluzione umana. I mammiferi sopravvissuti prosperarono, compresi i piccoli proto-primati che si sarebbero evoluti in noi. Immaginiamo invece un altro finale.
Immaginiamo i dinosauri come animali che continuano il loro processo evolutivo: negli anni ’80, il paleontologo Dale Russell propose un esperimento di pensiero di questo tipo, in cui un dinosauro carnivoro si evolveva in un utilizzatore intelligente di utensili. Questo “dinosauroide” aveva il cervello grosso, i pollici opponibili e camminava in posizione eretta. Ma pare che questo non sia possibile.
Come si legge nell’articolo di Gregory Paul, pubblicato su Annals of Carnegie Museum nel 2019 e ripreso da Science Alert, bisogna considerare le dimensioni dei dinosauri. A partire dal Giurassico, i dinosauri sauropodi, i Brontosauri e i loro simili si sono evoluti in giganti di 30-50 tonnellate, lunghi fino a 30 metri, dieci volte il peso di un elefante e lunghi quanto una balenottera azzurra.
Ciò è avvenuto in continenti diversi, in tempi diversi e in climi diversi, dai deserti alle foreste pluviali. Ma altri dinosauri che vivevano in questi ambienti non sono diventati supergiganti. Il filo conduttore che univa questi animali risiedeva nel loro essere sauropodi. Qualcosa nell’anatomia dei sauropodi – polmoni, ossa cave con un elevato rapporto forza-peso, metabolismo o tutti questi elementi insieme – ha sbloccato il loro potenziale evolutivo: gli permetteva di crescere come nessun altro animale. Allo stesso modo, i dinosauri carnivori si sono ripetutamente evoluti in enormi predatori di dieci metri e molte tonnellate. Nel corso di 100 milioni di anni, i megalosauridi, gli allosauridi, i carcarodontosauridi, i neovenatoridi e infine i tirannosauridi si sono evoluti in giganteschi predatori sempre all’apice della catena alimentare.
Corpi enormi, il cervello più o meno
Da un punto di vista evoluzionistico, i corpi grandi vanno bene, forse, ma solo se il cervello cresce di pari passo. I dinosauri hanno mostrato una debole tendenza all’aumento delle dimensioni del cervello nel tempo, come suggerisce Longrich. I dinosauri del Giurassico, come il Brachiosauro, avevano un cervello piccolo, mentre nel tardo Cretaceo, 80 milioni di anni dopo, i tirannosauri e gli ornitorinchi avevano sviluppato cervelli più grandi. Poi viene citato un personaggio iconico: nonostante le sue dimensioni, il cervello del T. rex pesava solo 400 grammi. Il cervello umano medio pesa 1,3 chilogrammi. Hanno continuato ad evolversi fisicamente: zampe lunghe e leggere utili, evidentemente, ai predatori impegnati a seguire le prede.
Il cervello però, nel corso del tempo, ha permesso ai dinosauri di entrati in nuove nicchie e la vita sociale diventava leggermente più complessa. Hanno iniziato a vivere in branchi, sono iniziate a spuntare le corna per combattere e mostrare la forza al maschio rivale. Questo è il momento in cui, pare, che i dinosauri abbiano rallentato la loro corsa verso evoluzione: hanno iniziato a “ripetersi”, evolvendo in erbivori giganti e carnivori con un cervello piccolo. In 100 milioni di anni di presenza sulla terra, questo è tutto ciò che sono riusciti a diventare. Gli studiosi affermano che difficilmente avrebbero continuato ad evolvere in modo significativo, asteroide o meno.
Longrich commenta dicendo che avrebbero potuto sviluppare cervelli leggermente più grandi, ma non ci sono prove che si sarebbero evoluti in geni. Né è probabile che i mammiferi li avrebbero soppiantati. I dinosauri hanno monopolizzato i loro ambienti fino alla fine, fino a quando l’asteroide ha colpito.
Nel mentre, i mammiferi…
I mammiferi, nel frattempo, non si sono mai evoluti in erbivori e carnivori supergiganti. Ma hanno ripetutamente sviluppato grandi cervelli. È vero che oggi, alcuni discendenti dei dinosauri – uccelli come corvi e pappagalli – hanno un cervello complesso. Possono usare strumenti, parlare e contare. Ma sono i mammiferi come le scimmie, gli elefanti e i delfini ad aver sviluppato i cervelli più grandi e i comportamenti più complessi.
L’eliminazione dei dinosauri ha quindi garantito ai mammiferi l’evoluzione dell’intelligenza?
“Forse no”. Il Prof. usa un “forse” insieme al no finale dato a questa domanda
Argomenta affermando che la storia evolutiva dei primati suggerisce che la nostra evoluzione è stata tutt’altro che inevitabile. In Africa, i primati si sono evoluti in scimmie dal cervello grande e, nel corso di 7 milioni di anni, hanno prodotto gli esseri umani moderni. Ma altrove l’evoluzione dei primati ha preso strade molto diverse. Quando le scimmie hanno raggiunto il Sud America 35 milioni di anni fa, si sono evolute in altre specie di scimmie. I primati hanno raggiunto il Nord America almeno tre volte, 55 milioni di anni fa, 50 milioni di anni fa e 20 milioni di anni fa. “Eppure, non si sono evoluti in una specie che produce armi nucleari e smartphone”, commenta Longrich. Al contrario, per ragioni che non comprendiamo, si sono estinti. In Africa, e solo in Africa, l’evoluzione dei primati ha preso una direzione unica. Qualcosa nella fauna, nella flora o nella geografia dell’Africa ha spinto l’evoluzione delle scimmie: primati terrestri, dal corpo grosso, dal cervello grande e che usano strumenti.
Anche senza i dinosauri, la nostra evoluzione ha avuto bisogno della giusta combinazione di opportunità e fortuna. Il talento che intercetta la buona sorte. Concetto difficilmente accettabile da uno scienziato, quello della buona sorte, per questo accettiamo un “forse” come risposta. La scienza, del resto, è un continuo aggiornamento e revisione delle conoscenze acquisite ed è così che si concretizza la sua autorevolezza.