La recensione di Horizon Forbidden West ci permette di tornare nei panni di Aloy per scoprire come la Piaga Rossa sta affliggendo l’umanità.
Una carriera basata per Killzone che poi, nel 2011, ha voluto darsi una sferzata, iniziando a lavorare su Horizon. Zero Dawn, la prima avventura di Aloy, è arrivata nel 2017 su PlayStation 4, poi nel 2020 anche su PC: un’esperienza che aveva convinto per la grande capacità di creare un ecosistema funzionale e vivo, che ci aveva permesso di calarci in un contesto post-apocalittico permeato da un germe che stava distruggendo un mondo che non sapevamo collocare a livello temporale. Un mistero che coinvolgeva un’orfana, una cacciatrice dai capelli rossi dotata di una strana tecnologia apposta sull’orecchio destro, un Focus che le permetteva di avere “una seconda vista”. Aloy adesso è pronta a tornare in gioco, dopo aver scoperto il più grande mistero che attanagliava la sua esistenza e il suo passato: insieme a lei siamo pronti a scoprire qual è il problema che continua a soggiogare tutte le tribù che stanno popolando il più tragico futuro che abbiamo lasciato ai nostri figli con i nostri comportamenti.
Un fallimento chiamato terraformazione
Sono trascorsi sei mesi esatti dalla fine di Horizon Zero Dawn e tutte le vicende che hanno visto Aloy scoprire la sua reale natura e cosa si nascondeva dietro gli esperimenti condotti dagli umani che hanno preceduto i Nora e tutti i superstiti che ora popolano il mondo. Forbidden West mette al centro di tutto la Piaga Rossa, che sta continuando a espandersi e a potenziarsi, andando lentamente a seminare il panico.
L’operazione di terraformazione ha fallito e l’avanzare di questo germe ne è una chiara dimostrazione. Per scoprire cosa si nasconde dietro queste problematiche ambientali che condizionano il mondo di Horizon, con delle pesanti tempeste, sarà necessario per Aloy spostarsi verso Ovest, alla scoperta di un mondo completamente nuovo, popolato da macchine sempre più selvagge e da tribù mosse da interessi personali che permetteranno ad alcuni personaggi di mettersi in risalto e altri di mettere a nudo le proprie brutture.
Horizon Forbidden West continua il suo lavoro di scrittura parallela, come era stato già fatto per il primo capitolo. Da una parte avevamo le vicende di Aloy, sempre al centro di tutto ciò che ci interessava scoprire sul suo passato, grazie all’intervento anche di Sylens, dall’altro lato gli eventi del presente, che andavano a coinvolgere le diverse tribù e tutte le loro necessità in un ecosistema che li metteva sempre in contrasto con le macchine pronte a distruggere il proprio benessere.
Horizon Forbidden West continua il suo lavoro di scrittura parallela, come era stato già fatto per il primo capitolo, tra il disagio del presente e il cruccio del passato
In questo sequel l’intenzione di continuare a tenere vivo un mistero legato al passato è forte e preponderante, con la volontà di non far scomparire tutti i misteri del mondo che è stato. Guerrilla lavora in modo da poterci raccontare le problematiche emerse da quelle che sembrano tematiche squisitamente ambientali, con una vena molto ecologica: i diversi biomi che andremo a esplorare ne saranno un esempio, d’altronde, lampante.
Aloy sa oramai qual è il suo passato e ha scoperto chi è la madre biologica, quella Elisabet Sobeck della quale ha scoperto di essere una clone: lo racconta senza problemi nel prologo di Forbidden West, se lo ricorda per l’intera sua avventura nell’Ovest, con l’obiettivo di provare a onorare quanto da lei fatto. Per risanare un rapporto vanificato dal non essersi mai incontrate, da un progetto fallimentare avviato con Zero Dawn, la cacciatrice desidera vivere nel rispetto dei valori della genitrice.
A voler esprimere, però, un problema che Horizon continua a portarsi dietro dal primo capitolo, individuiamo subito i troppi personaggi secondari che Guerrilla ha voluto proporci con la sua narrazione. Se già in Zero Dawn ce n’era un numero esorbitante, ritrovare alcuni di loro adesso, in aggiunta a tutti i nuovi, sarà veramente come presentarsi a teatro per assistere a uno spettacolo del quale non ricorderemo nemmeno un nome.
Alcuni ritorni ci permetteranno di andare ad approfondire specifici legami, ma non sempre saremo in grado di sentirci coinvolti, soprattutto per l’alto numero di comprimari che il team narrativo ha deciso di inserire. Sintomo di una chiara volontà di farci ritrovare in un ecosistema che vive e che pullula di contenuti, a lungo andare può rivelarsi controproducente, soprattutto quando il focus della nostra avventura non è testuale, bensì di combattimenti e di risoluzione di un mistero più grande dei singoli personaggi coinvolti.
Dalla scorta fino al rampino
Horizon Forbidden West si presenta in maniera più gradevole sin dai primi momenti rispetto al suo predecessore. Se infatti la prima avventura di Aloy soffriva di un farming sfrenato, a qualsiasi difficoltà di gioco, con la sacca che si ritrovava a riempirsi immediatamente, adesso le cose sono cambiate. Tutto ciò che è di troppo nel nostro inventario finisce in una cassa di scorte, disponibile in ogni accampamento abbastanza grande da poter contenere questa cassa, l’accesso alla quale è sempre garantito. Ci siamo così messi alle spalle quel sistema anacronistico che tra l’altro non si basava sulle quantità di oggetto accumulati, bensì sul numero di diversi tipi di loot raccolto: una scelta all’epoca totalmente insana, adesso corretta adeguatamente.
Questo perché tra frecce, piante mediche, bobine, parti di macchine recuperate per missioni secondarie o anche solo per il crafting, finiremo quasi subito per trasportare insieme a noi l’intera ragione emersa dell’Ovest. Un aspetto che può avere ancora il suo fascino, là dove i potenziamenti alle armi verranno resi disponibili sin da subito grazie al banco da lavoro: non solo utile per creare nuovi oggetti, ma anche per avere a disposizione l’occasione di portare fino al livello 3 le nostre armi, con l’ultimo che sarà logicamente ricollegato alla disponibilità di un oggetto viola, pertanto raro.
Parlando dei nuovi oggetti, Horizon Forbidden West sin da subito mostra le nuove sessioni di platforming per le quali adoperarsi con il rampino. Un oggetto non innovativo nell’ambiente videoludico, ma il cui utilizzo può essere molto utile per risolvere enigmi ambientali più affascinanti di quelli che ci aveva riservato il primo capitolo. Se infatti in quell’occasione Aloy era chiamata a infilarsi in dungeon tecnologici alla scoperta di nuclei informatici, adesso saremo per lo più impegnati in caverne, miniere e rovine, con il rampino che non solo ci permetterà di arrampicarci, ma anche di spostare oggetti, cavi, rampe e gru: una doppia funzione che lo rende, al bisogno, anche un argano. Tutte attività che mirano a far sì che le nostre doti di arrampicatrice seriale possano esaltarsi.
Il rampino non solo ci permetterà di arrampicarci, ma anche di spostare oggetti, cavi, rampe e gru: una doppia funzione che lo rende, al bisogno, anche un argano.
Il platforming, d’altronde, era uno degli aspetti tra i più affascinanti proposti in Horizon, confermarlo pertanto era la mossa più ovvia. Oltre all’aggiunta del rampino, Aloy continuerà a inerpicarsi in quante più possibili insenature e anfratti, sempre aiutata dai canonici colori gialli a contraddistinguere gli appigli a nostra disposizione. L’HUD, nel caso in cui abbiate scelto un’esperienza con indicatori a supporto, verrà spesso in nostro soccorso, come d’altronde il Focus, pronto a segnalarci tutto. Se invece hanno scelto la strada più pulita, quindi un’esperienza totalizzante, à la Ghost of Tsushima, troverete meno indicatori, ma avrete sempre il Focus dalla vostra parte.
Le funzionalità di quest’ultimo restano al centro delle numerose sfide che ci capiteranno contro le macchine: sebbene all’inizio Forbidden West provi a dirci che lo stealth potrebbe essere la soluzione più adeguata per affrontare le zone di ritrovo dei nostri avversari, finiremo ben presto per affrontarli a viso aperto, nelle difficoltà più basse e intermedie. Potersi preparare al meglio con il Focus e sfruttare l’Override, stavolta disponibile sin da subito e non da sbloccare, sarà la mossa più adeguata per uscire sani e salvi da un possibile assalto da contrastare con il nostro arco e la nostra lancia.
Il nuovo skill tree di Aloy
Soffermandoci, invece, sulle abilità a nostra disposizione abbiamo apprezzato molto l’albero creato adesso da parte di Guerilla Games per sviluppare le capacità di Aloy. Di numero molto più ampio e vasto, come d’altronde anche i punti abilità distribuiti nelle prime fasi di gioco e anche in quelle più avanzate, abbiamo sei diverse ramificazioni di qualità da sviluppare per la nostra Nora. Al ritorno di alcune abilità che avevamo già visto nel primo capitolo si aggiungono alcune totalmente nuove, tra cui la possibilità di scagliare frecce a parabola che andranno a scagliarsi dall’alto sull’avversario. In generale tutte le abilità vanno a rendere molto più stratificata l’evoluzione di Aloy, soprattutto a cavallo delle macchine.
Ogni gruppo di abilità ci permetterà poi di sbloccare un potenziamento basato sul furore di battaglia di Aloy: a ogni colpo inflitto andremo a riempire un indicatore a diversi slot, al riempimento dei quali potremo attivare, tramite la ghiera delle armi, un power up temporaneo. Colpi più potenti, maggior resistenza, anche la possibilità di attivare un vero e proprio restore per qualche minuto. Tutti aspetti da dosare nei momenti chiave del combattimento. Che si tratti di corpo a corpo o dalla distanza.
Ogni gruppo di abilità ci permetterà poi di sbloccare un potenziamento basato sul furore di battaglia di Aloy
A tal proposito una piccola nota di merito anche su quelli che sono gli scontri con la nostra lancia, che sono leggermente migliorati rispetto a quelli caotici di Zero Dawn. Se infatti Aloy nella sua precedente avventura sembrava molto goffa e il tutto sembrava legnoso, adesso i combattimenti corpo a corpo sono più efficaci grazie alle nuove abilità di cui abbiamo parlato poc’anzi. Tra le prime che andrete a sbloccare troviamo l’Esplosione risonante, che permette di caricare la vostra arma con una raffica di colpi veloci, emettendo anche dei bagliori che potenzieranno il vostro colpo. Tra l’altro tutte le novità potranno essere provate in un’arena appositamente costruita nei vari villaggi, il cui obiettivo sarà quello di andare a sfidare il capotribù, presentato come un micidiale guerriero.
La stessa aggiunta di nuove armi a nostra disposizione ci ha permesso di apprezzare l’upgrade di game design fatto nell’affrontare i numerosissimi combattimenti proposti sia contro le macchine di grandi dimensioni che contro le piccole. Tra le frecce acide, le frecce al plasma e il ritorno delle frecce infuocate, potremo anche affidarci al nuovo lancia-punte, ottenuto dopo aver completato una missione secondaria e che si è rivelato utile in determinate circostanze, nonostante la sua non proverbiale rapidità d’utilizzo. La grande varietà dell’arsenale ci ha permesso più volte, però, di cambiare strategia in corso d’opera, affidandoci ogni volta a strumenti diversi per avere la meglio sull’avversario. Sappiate, d’altronde, che il bestiario di Forbidden West è ancora più vasto di quanto avete visto in Zero Dawn, con un buon lavoro di sostituzione della maggior parte delle creature, pur coinvolgendo il ritorno di Spazzini, Ferrarieti e quant’altro.
Guerrilla ha provato anche a proporci una sorta di minigioco tattico, chiamato Batosta Meccanica, che sembra voler strizzare l’occhio al Fort Condor di Final Fantasy VII Remake o anche più banalmente a qualsiasi TTB. Giocato su un tabellone di legno, con delle riproduzioni in scala delle macchine sempre in legno, sarà una sfida uno contro uno che ci permetterà, di sfida in sfida, di ottenere premi utili sia per migliorare le nostre abilità, sia per un crafting più immediato. Andando a migliorare il nostro set e andando a costruire un vero e proprio deck di gioco, con creature da schierare sul campo, l’obiettivo sarà il raggiungimento dei sette punti vittoria o la distruzione di tutte le pedine avversarie.
Con punti attacco e punti difesa, l’intera esperienza si arricchisce nel riuscire a calcolare i bonus ottenuti occupando una casella di prato, collina o montagna. Sebbene le prime partite potranno coinvolgerci e sembrare un ottimo modo di alternativa per smorzare il ritmo frenetico di Horizon, a lungo andare l’IA avversaria lo renderà molto banale e di scarso appeal. Un’idea interessante che meritava sicuramente di essere potenziata, ma che apprezziamo per l’impegno profuso nel creare un qualcosa di diverso.
L’ovest è la parte più affascinante del mondo
Dal punto di vista tecnico partiamo col far presente che saranno disponibili due diverse modalità di resa grafica, come sta capitando d’altronde nella maggior parte delle proposte ludiche di PlayStation 5. La possibilità di affidarsi a un HDR e quindi spingere al massimo quelle che sono le potenzialità di Forbidden West ci permetterà di assistere a una vera e propria gioia per gli occhi. Horizon è fantastico da ammirare, da osservare, da spulciare con le nostre pupille, dall’anfratto più nascosto alla vegetazione più rigogliosa, dall’effetto dell’acqua stagnante al movimento fra l’erba alta di Aloy stessa. Finiamo per contare una quantità infinita di dettagli in qualsiasi punto dell’open world messo a disposizione da Guerrilla, dagli accampamenti fino alla ampie distese a nostra disposizione.
Le stesse animazioni arrivano a dei livelli altissimi, sicuramente supportate dall’effetto sonoro ottenuto anche dal DualShock, del quale parleremo a breve. A differenza di Zero Dawn, stavolta Horizon cerca maggior dinamicità dal punto di vista registico, perseguendo delle inquadrature molto più sensate e affascinanti, che riescono a fornirci anche una visione d’insieme del panorama a disposizione. L’unica pecca risiede nell’utilizzo della telecamera quando finiremo per infilarci in qualche cunicolo, non pochi: la necessità di continuare ad avere un over the shoulder come piano di visuale ci porterà a un’ostruzione oculare fastidiosa, che poteva essere gestita in modo migliore.
Affidandovi alla modalità Prestazione avrete la possibilità di ottenere un frame-rate molto più fluido, così da concedervi un’azione dinamica e avvincente, in grado di tenere altissimo il ritmo della battaglia e di ogni vostro movimento: lanciarsi in una cavalcata su una delle macchine a disposizione a spron battuto e godersi il movimento della vegetazione attorno a voi è un’esperienza che merita di essere fatta.
Ovviamente Horizon Forbidden West arriva anche su PlayStation 4, pertanto nonostante la nostra prova sia stata svolta su PlayStation 5 riteniamo opportuno spendere qualche parola anche per la versione base. La più grande differenza la potrete riscontrare in sede di caricamenti: là dove Aloy non avrà bisogno di grandi attese per un viaggio rapido tra i diversi falò, oppure per accedere al banco da lavoro, sappiate che sulla console Sony di precedente generazione dovrete scendere al compromesso di attendere fino a quasi un minuto per ogni caricamento, per poter comunque godere di uno scenario e di un panorama immenso e affascinante.
Per mantenere un buon livello di qualità, la versione su PlayStation 4 si attesta comunque sui 1080p, con un frame rate fisso a 30, che va a ricompensare l’attesa riposta in sede di caricamento. Da segnalare che a livello contenutistico, com’è logico aspettarsi, Horizon non muta da una console all’altra, né va a comprimere quell’esperienza che vi ricordiamo essere più che promossa: anche in questo caso troverete dinanzi a voi uno spettacolo migliore di quanto visto in Zero Dawn, così da avere tra le mani un prodotto di indubbio upgrade, sia contenutistico che di qualità visiva.
Arrivando, a questo punto, al feedback aptico stendiamo solo tappeti rossi per la gestione di tutte le funzionalità del DualShock. La tensione dell’arco è sempre restituita da un ottimo feedback, così come riceveremo un effetto sonoro proprio della freccia che viene scoccata, con una corda che viene tesa: sarà come farlo nella realtà, tra le nostre mani. La sensazione del feedback aptico nel momento in cui andremo a scoccare una freccia non sarà mai eccessiva, anzi ci permetterà di avere un senso di integrazione con l’ambiente e con l’esperienza che stiamo vivendo che è superiore al possibile fastidio.
Horizon Forbidden West sarà disponibile dal 18 Febbraio
Horizon Forbidden West è andato a migliorare la maggior parte degli aspetti non positivi del suo predecessore. Tutte le aggiunte sono piacevoli e gradevoli, arrivando a confezionare un'esperienza che si attesta sulla medesima lunghezza di Zero Dawn, intorno alle 40 ore di gioco, e che ci permettono di avere tra le mani una delle rese tecniche e grafiche più affascinanti fino a ora, di questa generazione. Resta il senso di meraviglia del predecessore, ma con la correzione di tutti quegli aspetti fastidiosi che avevano reso Zero Dawn, in alcuni punti, farraginoso. L'unica pecca resta la volontà di infarcire una linea narrativa già di per sé molto impegnativa e che poteva essere snellita nel nome del less is more. Soprattutto là dove la trama, scevro del mistero che ci ha condizionato nel primo capitolo, sembra aver perso un po' di mordente orizzontale.
- Tecnicamente e artisticamente fantastico
- Buone novità di gameplay, dal rampino al banco da lavoro
- Un open world che funziona, non stanca e vive con noi
- C'è ancora un mistero da risolvere nella vita non più misteriosa di Aloy
- Un numero indefinito di personaggi comprimari e secondari
- Batosta Meccanica è una buona idea, ma poco sfruttata