Oggi con la recensione de La fine del mondo storto, per la nostra rubrica Nerd Book Club, racconteremo di una storia apocalittica scritta da Mauro Corona, sempre vicino a vicende inserite nel mondo della natura, che ci vuole riflettere sull’importanza delle risorse.
La Fine del mondo storto è il titolo di questa opera dello scrittore Mauro Corona, uscita nelle librerie italiane nel 2010, edita da Mondadori. Un libro di 160 pagine che esce un pò dai canonici classici dell’autore di Erto, più vicino a storie fantastiche di montagne, ma appassionerà quel lettore che vuole riflettere sull’animo umano e sulla condizione attuale delle risorse energetiche.
I primi giorni di quell’inverno infame, quando all’improvviso mancano i combustibili, la gente prima si agita, poi si spaventa, grida e cigola. Alla fine fa silenzio. Comincia a morire.
La Fine del mondo storto è un romanzo che possiamo definire quasi un saggio. Non ci sono dei personaggi precisi ai quali ci si possa affezionare: i protagonisti sono tutti gli uomini, nessuno escluso. Non ci sono particolari dialoghi, né un vero e proprio intreccio di trama o situazioni particolari. Si tratta semplicemente della cronaca di quello che accade al mondo nel momento in cui tutti i carburanti si esauriscono.
Sono state realizzate diverse edizioni di questo romanzo, ma la copertina della prima edizione, a cura di Sarolta Ban, è di un impatto notevole con una bambina che ammira una lampadina che fuoriesce dal terreno.
Quali sarebbero le conseguenze se gas, petrolio, elettricità e tutte le nostre care comodità sparissero da un giorno all’altro? La risposta si trova proprio in questo libro e purtroppo non è delle migliori, quando il tempo delle pance piene, il tempo delle vacche grasse ci abbandona.
Mauro Corona è uno scrittore e un artista friulano nato nel 1950. E’ un tipo molto schivo e non è facile riuscire a scovarlo nella sua bottega-tana, a meno che non lo si veda sgattaiolare fuori per fare un salto all’osteria. Dal momento che Mauro è spesso disperso nei boschi, questo spazio è nato per dargli finalmente una dimora fissa, anche se solo virtuale, difatti i suoi racconti partono sempre dalle foreste e montagne. Autori di decine di saggi e romanzi e anche testimone diretto (nonché sopravvissuto) della strage del Vajont dal quale ha voluto raccontare il suo punto di vista nel libro Vajont: quelli del dopo.
Un giorno il mondo si sveglia e scopre che sono finiti il petrolio, il carbone e l’energia elettrica. È pieno inverno, soffia un vento ghiacciato e i denti aguzzi del freddo mordono alle caviglie. Gli uomini si guardano l’un l’altro, hanno occhi smarriti e il terrore stringe i loro cuori. Le città sono diventate un deserto silenzioso, senza traffico e senza gli schiamazzi e la musica dei locali. Rapidamente gli uomini capiscono che se vogliono arrivare alla fine di quell’inverno di fame e paura, devono guardare indietro, tornare alla sapienza dei nonni che ancora erano in grado di fare le cose con le mani e ascoltavano la natura per cogliere i suoi insegnamenti. Ma l’animo umano riuscirà a ritornare alle proprie origini?
Facendo un passo indietro per trovare la voce più pura e poetica della natura imperiosa, e balzando in avanti con la forza di un’immaginazione visionaria e insieme intensamente realistica, Mauro Corona ancora una volta stupisce costruendo un romanzo imprevedibile. Un racconto che spaventa, insegna ed emoziona, ma soprattutto lascia senza fiato per la sua implacabile e accorata denuncia di un futuro che ci aspetta. La Fine del mondo storto è un romanzo che si legge tutto di un fiato in quanto l’approccio dell’autore è più giornalistico possibile, sembra un grande reportage e gli elementi così attuali con un linguaggio molto vicino all’attualità lo rendono di facile scorrimento: questo gioca ancor di più a suo favore in quanto lo rende terribilmente attuale, il lettore non percepisce il “fantastico”, ma la possibile conseguenza delle nostre azioni sul pianeta Terra.
L’ambientazione è la montagna (ma la sensazione di provare quel disagio è univoca anche per chi vive in riva al mare e in città) il racconto ha in sé più elementi davvero terrificanti e ci spinge a riflessioni autentiche su quanto è importante il rispetto della natura, perché è da lì che l’uomo ha tutte le risorse per sopravvivere, ma Corona si spinge oltre. Si spinge ad una forma molto forte di disprezzo per l’uomo, che dimentica (e nonostante gli errori ri-dimentica di nuovo) la distinzione fra bisogni primari e secondari, riscopre i valori della solidarietà e dell’amicizia, ma solo per il bieco opportunismo e per il famoso detto “mors tua vita mea“. L’uomo in difficoltà, perchè troppo dipendente dalle modernità date dall’energia elettrica e il carburante, ripropone il proprio modello di supremazia che è ciò che sta portante il mondo all’implosione.
Vivere è come scolpire, si deve tirare via, togliere, per scoprire ciò che sta sotto. Questo è un pensiero ricorrente nelle espressioni dell’autore, sempre molto vicino ai principi della scultura e anche dell’essenziale.
Segnati dalla fatica e dalla paura, i superstiti del “grande inverno” si faranno più forti e insieme anche più saggi. La fine del mondo storto raddrizzerà gli animi, cancellerà la supponenza del ricco e punirà l’arroganza del povero, che si ritiene l’unico depositario del coraggio e della resistenza. Gli uomini sono resi uguali dalla difficoltà estrema, si incammineranno verso la possibilità di un futuro più giusto e pacifico, che arriverà insieme alla tanto attesa primavera. Ma come sempre il destino del mondo è incerto perché nelle mani incaute dell’uomo, che sì è vero che nelle difficoltà si rimbocca le maniche, ma alla fine trova sempre il modo per sfuggire e primeggiare sugli altri e sulla Terra.
Un linguaggio molto diretto e lineare, quasi giornalistico che lo rende ancor di più veritiero e inquietante.
Dalle prime pagine è chiaro il pensiero di Mauro Corona: è assolutamente convinto che il futuro della terra vada proprio in questa direzione, si tratta solo di aspettare qualche anno. Comunque lo si voglia interpretare, come un racconto, romanzo, saggio o come una teoria ben precisa, questo libro possiede un fascino cupo e una strana poesia, cinica e disincantata, che inchiodano il lettore. Tra l’altro se letto in questo periodo post-pandemico (non tanto post purtroppo) risulta ancora più attuale e potrebbe rappresentare quasi un monito per le cose da non fare. Anche ne La fine del mondo storto la difficoltà rende tutti più solidali, inizialmente, la bestia dentro l’uomo non è quella che esce fuori davanti alla fame, ma quella che risorge davanti alla minima sicurezza raggiunta, e purtroppo la conclusione è che l’uomo fondamentalmente buono, sembra dirci Corona, era solo un’idea di Rousseau.
L’uomo non impara mai dai propri errori, ed ecco che, quando il pericolo di vita è passato e si comincia a sentirsi più tranquilli e sicuri, una piccola scintilla riaccende contrasti e sete di potere, un pò come sta accadendo in questo periodo pandemico.
Niente più petrolio, gas, elettricità. Niente computer, satelliti, televisione. La fine di ogni tecnologia, all’improvviso, con auto ferme senza carburante in mezzo alla strada all’aprirsi di un inverno che promette di rivelarsi come il più crudele della Storia. Gli uomini muoiono a centinaia, a migliaia. A milioni. Purtroppo la mancanza di elettricità rende inutile la condivisione delle immagini e delle notizie quindi non si sà che cosa succede negli altri paesi nel mondo. Chi rimane, dà fondo alle risorse rimaste fino ad arrivare ad atti di cannibalismo. Questo, in città. Nelle campagne e sulle montagne il dramma è meno pronunciato, grazie alle abilità pratiche della gente che ancora vi abita e vi lavora. E’ proprio qui il senso del romanzo di Mauro Corona, riappropriarci delle nostre radici, non dimenticare gli insegnamenti dei nostri vecchi e ricordare che la fine del mondo, per come la conosciamo, potrebbe essere veramente un futuro più prossimo che imminente. Proprio per questo con la recensione de La fine del mondo storto vorremmo consigliare a tutti quei lettori che invasi dalle notizie post pandemiche, di un clima pazzo (a causa nostra) cercano un modo per riflettere sull’importanze dei rapporti interpersonali e sul rapporto dell’uomo con madre terra.
Un libro del 2010 che ritorna tremendamente attuale dopo gli eventi pandemici e la situazione climatica ai limiti del collasso. Uno spaccato dell'animo umano tremendo, ma probabilmente veritiero, Mauro Corona esula dai suoi libri più fantasy in un vero e proprio attacco alla società umana e tecnologica. Quali sarebbero le conseguenze se gas, petrolio, elettricità e tutte le nostre care comodità sparissero da un giorno all'altro? La risposta si trova proprio in questo libro e purtroppo non è delle migliori.
- Il contenuto offre al lettore numerosi spunti di riflessione
- Tremendamente attuale, con la situazione climatica e pandemica che stiamo vivendo
- Una riflessione anche sull'animo umano scritta in maniera molto diretta senza fronzoli
- Nella seconda parte si riesce ad intuire dove l'autore vuole arrivare e forse si dilunga in alcune situazioni