Vale la pena dire in questa recensione della 1×04 di Star Wars: The Bad Batch che stiamo parlando di un episodio non particolarmente elettrizzante o ricco di eventi e risvolti, specie se confrontato con il precedente, che invece aveva dimostrato qualcosa da dire e diversi sviluppi intriganti, sia in sé e per sé, sia in ottica futura. Come in parte la seconda – che però aveva decisamente più mordente – questa puntata di The Bad Batch è la classica parentesi inerte che già siamo stati abituati a vedere talvolta in Rebels, talvolta in The Clone Wars.
Questa 1×04 ha però il pregio di portare avanti un minimo contentino reintroducendo un personaggio relativamente amato dal fandom, ovvero la Fennec Shand di Ming-Na Wen (conosciuta in The Mandalorian), che probabilmente sarà una delle diverse spine nel fianco della nostra cara squadra di cloni da qui al finale di stagione, nel tentativo dei kaminoani di recuperare Omega.
Prima di continuare con questa recensione della 1×04 di Star Wars: The Bad Batch, vi ricordo che l’episodio è disponibile su Disney+, rispettando la solita finestra settimanale del venerdì. Qui sotto trovate il commento sulla puntata di Roby e le precedenti recensioni scritte.
Ho ripetuto allo sfinimento, di settimana in settimana, come The Bad Batch fosse a tutti gli effetti un erede di The Clone Wars, e come già detto, la serie non è timida nel chiarire la cosa, come visibile fin dall’apertura del pilot. Non stupisce quindi che The Bad Batch, seppure in maniera minore, perché non strutturata su archi narrativi relativamente autonomi e separati, sembri iniziare a mostrare gli stessi momenti di stanca e lo stesso tipo di criticità, come già accaduto in parte nel secondo episodio.
Con un minutaggio così ridotto e un certo tipo di scrittura/impostazione c’è infatti sempre il rischio che alcuni episodi siano fini a sé stessi e perdano di interesse alla visione, in assenza di elementi che proseguano la narrativa generale o stimolino in qualche modo sviluppi al di fuori dell’ordinario. La puntata precedente, la terza, su questo trovava un giusto equilibrio, perché se da una parte mostrava il fianco a quel tipo di problemi, dall’altra metteva sul piatto diversi elementi d’impatto (l’intervento della squadra di Crosshair su Onderon), oltre che chiaramente fertili per temi e vicende rispetto al prosieguo della stagione.
Questa quarta puntata è invece molto confinata in sé stessa, e l’unico guizzo che riesce a portare avanti è quello di qualche scena più concitata/d’azione che fa leva sull’introduzione, in realtà molto modesta, di Fennec Shand (il personaggio di Ming-Na Wen in The Mandalorian).
Fennec Shand non è come ovvio (ancora) quella che abbiamo conosciuto decenni dopo nella serie live action, ma è già una cacciatrice di taglie, stavolta in cerca di Omega, che per le sue caratteristiche genetiche come sappiamo è essenziale per i kaminoani, ora alle strette nei confronti dell’Impero e quindi costretti ad accelerare nella creazione di un nuovo tipo di clone capace di convincere Tarkin (sappiamo come va a finire).
Non abbiamo in ogni caso occasione di approfondire lo stato di Shand in questo (abbastanza remoto) passato, ma per quel poco che possiamo tastare chiaramente rimane coerente con un contorno morale ambiguo, che la vede dipinta con tratti anche positivi (ad esempio inganna Omega, ma risulta genuinamente affettuosa nei suoi confronti).
Al di fuori di questo punto poco approfondito – ovviamente non chiuso, rivedremo il personaggio – e del relativo piacere del rivedere un personaggio apprezzato in un contesto e in un periodo diverso, questo episodio non ha davvero nulla da dire, in nessun ambito, e va decisamente con il pilota automatico, riducendosi ad un tumultuoso recupero provviste su un pianeta arabeggiante (artisticamente molto affascinante, lo concedo), Pantora, già accennato in The Clone Wars in un episodio della terza stagione. C’è qualche inquadratura interessante (tra cui quella in cover del pezzo) e qualche frazione meglio ritmata quando gli eventi si fanno più concitati, ma davvero ci si ferma lì.
Non c’è la densità narrativa delle premesse dettate dal pilot, non c’è la voglia di approfondire l’embrionale rapporto figlio/genitore tra Hunter/la Bad Batch e Omega del secondo episodio e tantomeno ci sono scene cupe con impatto e lucidità paragonabile a quanto visto nel terzo. È fisiologico per serie di questo tipo arrivare a puntate del genere con poca sostanza, poco ritmo, poco da dire e poco anche da far vedere, quindi poco di cui preoccuparsi, ma si può fare molto di meglio.
Il quarto episodio di Star Wars: The Bad Batch è il momento di stanca fisiologico di una serie animata impostata con un certo tipo di scrittura e un certo tipo di risorse, obiettivi e direzione. Questa settimana la serie ha ben poco da dire, da mostrare e da proporre, con un ritmo abbastanza piatto che accompagna il ritorno del personaggio di Fennec Shand, direttamente da The Mandalorian.
- Il ritorno di Fennec Shand
- Pantora è un pianeta affascinante
- Una puntata molto confinata in sé stessa, con poco o nulla da dire o da mostrare, al di fuori di Shand