Avvicinarsi ai vulcani in esplosione è decisamente troppo pericoloso, ecco dunque che entrano in campo i droni.
I ricercatori della tedesca GeoForschungsZentrum (GFZ) hanno pubblicato oggi, 25 maggio, i risultati della loro spedizione al vulcano guatemalteco di Santa Maria. Grazie all’uso di droni, il team è tornato a casa con in mano un modello 3D in alta definizione di un’eruzione esplosiva.
Per mappare con perizia il cono vulcanico, l‘apparecchio utilizzato ha sfruttato due diversi strumenti fotografici: uno ha catturato immagini fotografiche, l’altro immagini termiche. Un algoritmo ha quindi congiunto le due fonti per creare una topografia a tre dimensioni iper-dettagliata, offrendo un nuovo prezioso strumento per studiare i modelli di temperatura vulcanici.
«Abbiamo equipaggiato un drone con diverse apparecchi fotografici, quindi lo abbiamo fatto volare a vari intervalli sopra al cratere, misurando il movimento dei fiumi di lava e del duomo di lava adoperando un tipo specifico di stereo-fotografia che ha una precisione mai vista prima.
Comparando i dati raccolti dal drone siamo stati in grado di determinare la velocità del flusso, i modelli di movimento e la temperatura superficiale del vulcano. […] Abbiamo dimostrato che i droni possono aiutare a ri-misurare completamente da una distanza di sicurezza anche i vulcani più pericolosi e attivi della Terra».
ha spiegato il professor Edgar Zorn del GeoForschungsZentrum (GFZ), autore principale dello studio.
«Un’ispezione regolare e sistematica dei vulcani pericolosi coi droni sembra essere quasi essere alla nostra portata», ha aggiunto Thomas Walter, vulcanologo del GFZ e co-autore dello studio.
La diffusione di un simile sistema di ricognitivo non solo salverebbe gli scienziati dalle pericolose insidie che si legano al sondaggio dei vulcani attivi, ma offrirebbe anche la possibilità di catturare delle informazioni a 360 gradi, ottimizzando le risorse e il tempo dei ricercatori.
Potrebbe anche interessarti: