Mine, primo lungometraggio della coppia Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, arriva al cinema il 6 ottobre, portando sul grande schermo una piccola realtà che esplode dentro la sala potente come una mina. Ad accompagnare i due milanesi nell’impresa, una co-produzione internazionale e un cast d’eccezione che vanta un nome come quello di Armie Hammer.

Appassionati di fumetti e amici da una vita, Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, in arte Fabio & Fabio, arrivano al tanto agognato traguardo, quello di realizzare un film vero e proprio.

Fabio & Fabio non si accontentano, però, di realizzare semplicemente un film. Mine, infatti, è IL film. Una storia di coraggio fin dalle sue origini: pericoloso ma con anima.

Mine è il primo lungometraggio di Fabio & Fabio, che trovano sostegno oltre i confini italiani, in una co-produzione americana, italiana e spagnola. E questo lo devono soprattutto alle loro poliedriche attività che li vede non solo registi, ma anche produttori e sceneggiatori di cortometraggi e videoclip.

Dal 2009 Fabio & Fabio vengono rappresentati negli States da una delle agenzie più importanti di Hollywood, la CAA, e tra un lavoro e l’altro, i due giovani autori milanesi hanno saputo far valere le loro idee, fino ad arrivare a questo ambiziosissimo progetto: Mine.

 

Mine è una grandissima prova di coraggio di due giovani autori emergenti che rischiano il tutto e per tutto, fanno un grande passo e riesco ad arrivare lì dove perfino i più grandi nomi hanno fallito.

 

Dal trailer ansiogeno e stile americano, Mine rimane immediatamente impresso nella mente. Non è difficile credere che i produttori siano gli stessi di Buried – Sepolto, ma Fabio & Fabio puntano a qualcosa di diverso e molto più incisivo.

Vogliono stupire, uscire fuori dalla famosa botola in cui Ryan Reynolds, nel 2010, trascinava il pubblico con sé in un incubo senza aria di novanta minuti, e tentare qualcosa che apparentemente non dia l’impressione di voler trasmettere claustrofobia, ma che nella pratica diventa un gioco ad alto rischio mortale ben più affilato della pellicola di Rodrigo Cortés.

 

Mine

Abbiamo pensato di andare nella direzione opposta, un uomo bloccato in uno spazio infinito, desolato e ostile.

Mine porta sullo schermo la storia di Mike Stevens (Armie Hammer), tiratore scelto per un’importante missione a miglia e miglia di distanza da casa.

Nel momento culminante della missione, Mike entra in lotta con sé stesso. L’ambizione del soldato contro i valori dell’uomo. Una frazione di secondo basta per sconvolgere tutto e far scivolare l’uomo in un profondissimo oblio di dubbi.

Accompagnato dal collega e amico da una vita Tommy Madison (Tom Cullen), Mike si ritrova su un terreno ostile. Costretti a tornare al campo base a piedi, Tommy e Mike si ritrovano su un campo minato, al limite tra la vita e la morte.

Mike commette un passo falso; il primo e, forse, l’ultimo della sua vita. Consapevole di dover aspettare rinforzi, Mike deve decidere se lottare e continuare a vivere oppure arrendersi al destino.

Ogni venti minuti qualcuno nel mondo mette il piede su una mina. Le mine possono rimanere attive fino a cinquant’anni. L’esplosione avviene appena il peso si solleva dalla mina, determinando una sensibile variazione della pressione sulla stessa. Una volta che il peso attiva la mina, non c’è modo per disinnescarla.

Fin dal suo inizio, la pellicola porta lo spettatore immediatamente col fiato sospeso. Dall’occhio di Mike nel mirino del fucile fino al suo piede sulla mina, lo spettatore è con lui. Mike penetra nella mente, la narrazione della pellicola lo accompagna, rendendo impossibile uscirne fuori.

Una distesa di sabbia. Un popolo nemico. Condizioni climatiche ostili. In quel deserto di sabbia Mike è solo, e noi con lui.

Il dramma di Mine è così intenso, la stratificazione del dramma riesce a conquistare quella tale suspense, grazie al lavoro di regia e sceneggiatura compiuto in precedenza dai due autori.

 

Mine

 

Fabio & Fabio hanno applicato bene la lezione di Hitchcock

Fabio & Fabio hanno applicato bene la lezione di Hitchcock e con poche inquadrature iniziali riescono a raccontarci tutto, mostrandocelo semplicemente.

Mine non è un film che ha bisogno di troppe parole, se non quelle giuste, mirate a scavare, a estrapolare e far esplodere.

Impariamo a conoscere il protagonista strada facendo, nei suoi dubbi, nella sua battaglia e nella sua estenuante attesa, eppure approcciamo al film avendo i giusti elementi che ci servono per entrare in sintonia.

E, al tempo stesso, iniziamo a studiare il paesaggio attorno a noi. Sondiamo il terreno. Capiamo cosa può servirci e cosa ci potrebbe essere letale. Siamo lì, siamo proprio lì, ma sappiamo qualcosa di più. Troppo facile, del resto, costruire un thriller facendo unicamente leva sul proprio protagonista.

Qui trovate l’intervista ai registi Fabio Guaglione e Fabio Resinaro:

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Fabio & Fabio fanno il gioco duro. Usano l’ironia drammatica per suggerire qualcosa di più allo spettatore, un qualcosa di vitale importanza per il protagonista. E nel momento culminante, quando le immagini si deformano, l’ansia sale, il sonoro scema in un silenzio assordante fatto del solo battito cardiaco, vorremmo urlare qualcosa.

Parole inutili e che muoiono sulla punta delle labbra, mentre passivamente costretti ad assistere alle scene che sorprendono esovrastano. Eventi che condannano il protagonista, o quasi.

Ed è questo il punto in cui Mine conquista e strega, colpendo senza possibilità di tornare indietro.

 

Mine

 

Non c’è possibilità di arrendersi agli eventi. Per sopravvivere bisogna riprendersi in fretta, tornare lucidi e ragionare con freddezza. Si, ma perché?

Mine è un film coraggioso, ma è anche un film su una scelta, quella più importante di tutto: vivere o morire.

In modo assai particolare la pellicola di Guaglione e Resinaro rappresenta una chiara metafora della vita stessa. Il momento in cui riceviamo il colpo più duro, quello più doloroso, possiamo scegliere se rispondere a quel pugno o reagire passivamente, arrendendoci.

 

Usare il genere per poter dire qualcosa e non lasciarlo solo fine a se stesso.

Afferma Resinaro che, in una semplice frase, spiega il meccanismo dietro un progetto come quello di Mine. Un film di suspense, un thriller, che sa estendersi oltre i confini di genere.

La grande differenza tra Buried e Mine risiede proprio qui e non semplicemente nelle loro scenografie. Mike non è un personaggio passivo. La sua, paradossalmente, non è una condizione passiva. Lui può, e deve, scegliere. Ma per farlo è chiamato a fare un salto indietro. Deve affrontare quella mina, il significato di quel maledetto “click”, partendo per un viaggio a cavallo tra presente e passato che avrà, inevitabilmente, conseguenze sul futuro.

 

Simbolico e claustrofobico. Incisivo e sorprendente. Un viaggio metafisico nella fatalità dell’esistenza.

 

 

E in tutto questo il protagonista viene guidato da una sorta di voce interiore, incarnata nel ruolo di un personaggio secondario, ma che sa reggere sulle sue spalle la parte centrale, e più complessa, della pellicola.

 

Mine

 

Una sdrammatizzazione della drammatizzazione necessaria

Una sdrammatizzazione della drammatizzazione necessaria. Un fase sarcastica, quasi cinica, ma che aiuta a mandare avanti la narrazione, senza appesantirla. Un periodo molto complesso per la storia, che forse avrebbe avuto bisogno di essere incalzata ancora di più. Eppure, nonostante i suoi insignificanti piccoli difetti, Mine non delude. Fino alla fine riesce nella sua sospensione dell’incredulità, a tal punto da crederci fino in fondo.

L’uso del sonoro è perfettamente in armonia con la storia, segno di uno studio profondo dei suoni e della musica in funzione alle emozioni del protagonista.

Fabio Guaglione e Fabio Resinaro portano sullo schermo un film complesso, un film viscerale e che tiene altissima l’attenzione di uno spettatore. Una prova non facile, dove le possibilità di fallire erano più di quelle di riuscire nell’impresa.

Mine non è solo la prova che il talento italiano c’è

Mine non è solo la prova che il talento italiano c’è e, quando viene spronato, si fa sentire e vedere, ma è anche la dimostrazione come delle piccole realtà possano arrivare molto lontano, sorprendendo ed emozionando.

Mine fissa il suo obiettivo. Incanta lo spettatore e lo conduce con Mike fino alla fine. Sospende la quotidianità per due ore, lasciando immergere il suo pubblico in una storia nuova e al tempo stesso vicina. Una storia che accompagna, una volta accese le luci in sala, anche al di fuori del cinema.

Mine è un film che non si dimentica. Un film che porta a riflettere e che non ti abbandona per giorni, ed è forse questa la soddisfazione più grande a cui un regista, esperto o inesperte, può ambire nella vita.

Mine sarà in tutte le sale cinematografiche italiane dal 6 ottobre