Dalla notte dei tempi ci vantiamo di essere una specie privilegiata ed eletta e trattiamo gli altri abitanti della Terra come meglio (e spesso peggio) ci aggrada.
È solo per un eccesso di vanità ridicola che gli uomini si attribuiscono un’anima di specie diversa da quella degli animali.
Questo diceva il saggio Voltaire, ed effettivamente, come potremmo dargli torto?
Sul concetto di “anima” potremmo dibattere per giorni, ma semplificando potremmo stabilire un punto dicendo che ci riteniamo diversi dagli animali non solo per la capacità di utilizzare il cervello in maniera più estesa e complessa ma anche per tutta quella serie di impalpabili caratteristiche che ci permettono di empatizzare con gli altri esseri umani.
Da qui probabilmente nascere uno dei grandi topos della narrativa di tutti i tempi, ovvero la paura e la prospettiva terrorizzante della trasformazione dell’essere umano in animale, con la conseguente perdita dell’identità, dell’utilizzo del corpo, della consapevolezza di sé e degli affetti.
Lo spunto per questo articolo mi arriva manco a dirlo dal cinema… in particolare dall’uscita imminente di The Lobster, di cui ti ho già parlato qui e che ha delle premesse molto curiose.
Nel film del diabolico regista greco Yorgos Lanthimos, si immagina un futuro non troppo lontano in cui è espressamente vietato essere single oltre una certa età.
Chi trasgredisce viene trasferito con le cattive in un hotel isolato dal mondo e in 45 giorni deve trovare l’anima gemella tra le altre disgraziate capitate là.
Che cosa accade se la missione va male? Il povero single sarà trasformato in un animale.
Il buon Colin Farrell, protagonista del film, ha scelto di tramutarsi, nel peggiore dei casi, in un’aragosta (il “the lobster” del titolo, appunto)… non sei curioso di scoprire come finirà?
In questo caso dunque parliamo di fantascienza distopica e la trasformazione in animale è un mero fine utilitaristico per sfoltire la popolazione mondiale che non procrea.
Un mezzo studiato dagli stessi esseri umani per ridurre i loro simili considerati improduttivi in uno stato “inferiore”, e poi magari cacciarli, ucciderli o semplicemente ignorarli.
Un ennesimo esempio della storia “narrativa” del rapporto violento e conflittuale dell’uomo con le altre specie.
Andiamo a guardare nel dettaglio un po’ di storia delle trasformazioni dei nostri simili in animali…
Iniziando dall’antichità, e da una delle opere più vaste e affascinanti mai concepite da mente umana, possiamo rilevare che nelle Metamorfosi di Ovidio … la trasformazione in animale avviene in presenza di passioni smodate, comportamenti ottusi o aperta sfida agli dei.
In ogni modo, la sfida all’ordine costituito – sia morale o celeste – si rivela nefasta per gli uomini che vedono tradotti i propri difetti capitali nelle caratteristiche dell’animale.
Quindi la bestia viene vista come una “semplice”, si fa per dire, rappresentazione vivente della hybris del protagonista della storia.
Così Aracne, sarta che sfida Atena, diviene un ragno tessitore; Licaone il re tanto crudele da sacrificare congiunti per la propria curiosità si ritrova ad essere lupo famelico affamato di carne umana; e così via.
Arriviamo quindi all’unico romanzo in lingua latina arrivatoci intatto, ovvero “Le Metamorfosi” firmate da Apuleio ma divenute più famose con il titolo datogli da Sant’Agostino – “L’Asino d’oro”.
Qui l’animale è sui generis, perché mantiene la capacità di ragionare tipica dell’uomo. Una caratteristica che vedremo tornare anche nel fondamentale racconto di Franz Kafka.
La punizione del giovane Lucio è dunque tutta fisica: le sue tragicomiche peripezie, soggette a lunghe digressioni e folli avvenimenti, sono vissute con la forma di quadrupede.
Punizione, dicevo… già, perché Lucio pecca di curiosità e di pasticci con la magia, trafficando con gli unguenti di una donna (abbastanza evidente a cosa servisse quello che tramuta in asino, ma non vorrei essere troppo volgare.)
Come dimenticarci poi di Ulisse, che nel libro X dell’Odissea incontra sull’isola di Eea la bella e pericolosa maga Circe?
Una strega fascinosa e senza troppi scrupoli, che trasforma i compagni di Ulisse in maiali e altre bestie definite “feroci” (ma anche qui, con la testa ancora pensante) e poi si porta a letto l’eroe greco come condizione per invertire il processo.
Omero la sapeva lunga… altro che Il Trono di Spade.
Come non notare che questo passo è stato omaggiato da George Lucas e Ron Howard nel film fantasy ottantiano Willow, quando la crudele strega Bavmorda trasforma Val Kilmer – Madmartigan e compagni in maiali!
Tra le favole europee che hanno dato alla “bestia” un ruolo centrale c’è di sicuro… La Bella e la Bestia! Ispirata probabilmente a una delle vicende collaterali dell’Asino d’Oro di Apuleio (Amore e Psiche), vede la forma animale come “stato punitivo” dell’uomo.
Anche qui infatti, un bel principe è stato tramutato in un animale antropomorfo, dalle fattezze repellenti, che potrà tornare umano solo attraverso l’amore disinteressato di una principessa.
Rimanendo sullo stesso terreno, possiamo considerare anche il leggendario “Lo strano caso del Dr. Jeckyll e Mr. Hyde” (1886) di R. L. Steveson una vera e propria metamorfosi animalesca.
È infatti lampante – e sottolineato da milioni di critici – come Hyde rappresenti l’istinto animale dipinto come la parte più selvaggia e, appunto, non soggetta al controllo morale proprio dell’essere umano.
La concezione che l’uomo ha dell’animale, ancora una volta, non fa bella figura, dato che la controparte del buon dottore si macchia di delitti e atti abietti.
Anche in Pinocchio – con un Collodi evidentemente ispirato da Apuleio – la trasformazione in animale è legata in pratica alla rinuncia di “messa in pratica” del cervello.
Bambini e ragazzi svogliati e renitenti alla scuola e all’istruzione vengono risucchiati dalla bella vita del Paese dei Balocchi e…
dopo mesi di pacchia si ritrovano con due orecchie da ciuco in testa prima di trasformarsi nel giro di poche ore in un vero e proprio somaro.
Hiii-ooooooh! Terrorizzante persino in versione Disney:
Arrivati alle opere di cinema e tv, sarebbe ovviamente lunghissimo e quasi impossibile citare tutte le trasformazioni dalla forma umana a quella animale, tra licantropi, vampiri, icone horror e scienziati pazzi.
Alcuni, però, vanno citati: uno dei più celebri, La Mosca (remake di Cronenberg di un classicissimo del 1958), narra del narcisismo e dell’onnipotenza umana che finisce per essere vittima di una delle creature più piccole e detestate del mondo:
L’altro, Manimal, serie tv sfortunata (morta dopo 8 episodi) ormai vintage in cui – in controtendenza – la trasformazione in animale era una capacità utilizzata in maniera positiva dal protagonista per risolvere casi e aiutare le persone
Ho lasciato per ultimo un celeberrimo libro, diventato proverbiale quando si parla di uomini & animali: ovvero “La Metamorfosi” di Franz Kafka.
La trasformazione è qui derubricata ad un semplice brusco risveglio: non ci sono motivazioni eroico/punitive, è solo un assurdo accadimento nella triste vita del grigio commesso viaggiatore Gregor Samsa.
Data la natura prettamente metaforica della novella kafkiana, l’incomprensibile e triste stato del protagonista – rimasto umanamente senziente – non fa che da detonatore per l’esplosione delle sue tensioni familiari ed esistenziali.
L’uomo, in fondo, come l’animale non è capace di determinare il proprio destino: in questo siamo uguali.
Come dice il filosofo John Gray:
Oggi sono molti a credere di appartenere a una specie che un giorno sarà padrona del proprio destino; ma questo è un atto di fede, non è scienza.
E come tutti gli atti di fede, spesso si scontrano con la dura, avida e arida realtà.
Senza dimenticare che, uomini o animali che sia, la metamorfosi finale è soltanto una: la morte.
Dunque, in The Lobster Colin Farrell diventerà davvero, alla fine, un’aragosta?
E se sì… cosa succederà?
Immagine di testa by klarEm