La secolare ricerca dell’immortalità ha fatto un passo avanti grazie ai risultati di uno studio neozelandese appena pubblicato sulla rivista internazionale Nature Ageing. Lo studio di Waipapa Taumata Rau, dell’Università di Auckland, dimostra che il trattamento a lungo termine di topi sani di mezza età (un anno) con un farmaco, attualmente utilizzato per il trattamento del cancro, può aumentare la loro durata di vita in media del dieci per cento, fino a circa tre anni. In questo studio, i topi sono stati divisi in due gruppi, uno alimentati con una dieta di controllo e l’altro gruppo con la stessa dieta con l’aggiunta di un farmaco chiamato alpelisib. I topi alimentati con la dieta contenente il farmaco non solo sono vissuti più a lungo, ma hanno mostrato alcuni segni di salute in età avanzata, come una migliore coordinazione e forza. Tuttavia, i ricercatori sono cauti sull’applicazione all’uomo, poiché alcuni tra i i topi trattati con il farmaco presentavano anche alcuni marcatori negativi dell’invecchiamento, come una minore massa ossea.
“L’invecchiamento non riguarda solo la durata della vita, ma anche la qualità della vita”, afferma il dottor Chris Hedges, ricercatore. “Pertanto, siamo stati lieti di vedere che questo trattamento farmacologico non solo ha aumentato la longevità dei topi, ma hanno anche mostrato molti segni di un invecchiamento più sano. Ora stiamo lavorando per capire come ciò avvenga”. Il ricercatore principale, il professore Troy Merry, afferma: “Non stiamo suggerendo a nessuno di assumere questo farmaco a lungo termine per prolungare la durata della vita, perché ci sono degli effetti collaterali. Tuttavia, questo lavoro identifica meccanismi cruciali per l’invecchiamento che saranno utili nei nostri sforzi per aumentare la durata della vita e la salute. Suggerisce anche una serie di possibili modi in cui i trattamenti a breve termine con questo farmaco potrebbero essere utilizzati per trattare alcune condizioni metaboliche di salute e stiamo seguendo questo aspetto”.
Il professor Peter Shepherd afferma che l’alpelisib ha come bersaglio un enzima chiamato PI 3-chinasi. “Da oltre 20 anni lavoriamo allo sviluppo di farmaci che hanno come bersaglio la PI 3-chinasi, quindi, è fantastico vedere che questi farmaci potrebbero essere utilizzati in altri settori e rivelare nuovi meccanismi che contribuiscono alle malattie legate all’età. Questo dimostra anche il valore degli investimenti a lungo termine nella ricerca in settori come questo”.