Quando nel 1996 uscì nelle sale cinematografiche Scream di Wes Craven i veri appassionati dell’horror compresero che quel film segnava un punto di non ritorno all’interno del genere. Ed è per questo che, con l’uscita di Scream 5, vogliamo analizzare quel primo lungometraggio, spiegando perché, a conti fatti, Scream sia un manuale dell’horror per una saga cult che ha generato vari sequel, e che ha influenzato il cinema successivo, raccontando ed ispirandosi a tutto ciò che c’è stato prima all’interno del genere.
Le regole dello slasher/horror
Ricordate le regole per non morire nei film horror che vengono spiegate nel primo Scream da Randy Meeks? Anche i vari sequel presentano altre regole che cercano di raccontare in maniera metanarrativa ciò che accadrà nel film stesso, e ciò che accade solitamente nei lungometraggi horror, prevalentemente negli slasher. E tutto ciò viene spiegate da Wes Craven, che è uno dei padri del genere.
Le regole presentate nel primo Scream sono: non si deve mai fare sesso, non ci si deve ubriacare o drogare, e non bisogna mai dire “torno subito”.
Andando ad analizzare con attenzione queste regole possiamo renderci conto di come ritornino in ogni horror/slasher, e di come si tratti delle stesse regole che vengono rispettate anche in Scream. Ognuna di queste regole rappresenta simbolicamente un comportamento umano, e soprattutto una tendenza giovanile, che in qualche modo sarebbe da censurare. E tutto questo perché lo slasher/horror è fortemente legato ad un certo tipo di comandamenti religioso-cattolici che sembrano attribuire al killer di turno il ruolo di angelo castigatore. Ed in effetti anche in Scream il finale rivela come la catena degli omicidi sia partita dall’intenzione di punire alcuni personaggi per dei loro atti “peccaminosi”. Tutto ruota attorno al peccato, al lasciarsi andare, e sembra anche un modo per punire l’adolescenza e l’essere giovani, in un eterno conflitto generazionale in cui i grandi registi “padri” dello slasher sono anche i punitori delle nuove generazioni.
Del resto John Carpenter in Halloween rende il piccolo Michael Myers il male puro, figlio di una società ormai priva di controllo, ed in cui i giovani non possono avere scampo. In questo caso possiamo dire che sono i padri a voler uccidere i figli. E Wes Craven prosegue la sua operazione di analisi e metanarrazione dell’horror/slasher anche negli altri Scream, con nuove regole che si prospettano ad ogni film, come in Scream 2: in questa pellicola viene stabilito il fatto che nei sequel il numero di morti aumenta, che le scene di sangue sono sempre più elaborate, e che non è detto che l’assassino sia morto anche quando lo sembra. Sono regole dello slasher/horror che vengono rispettate anche nel film. E lo stesso si può dire per Scream 3, in cui, attraverso le nuove regole, si affronta il discorso di come dover uccidere un killer praticamente sovraumano (Freddy Krueger, Jason Voorhees e Michael Myers ne sono un esempio), e di come anche i personaggi principali possano morire. Nel quarto Scream vengono elencate le regole dei remake, ed anche questo Scream 5 mostra ad un certo punto il personaggio di Dewey che elenca altre nuove regole.
Basta seguire le regole degli horror elencate in Scream per trovarsi davanti al perfetto manuale dello slasher/horror.
Wes Craven: il signore dello slasher
Se Scream è un manuale dell’horror ed una saga cult il merito va tutto a Wes Craven, che è stato uno dei maestri dell’horror e dello slasher in particolare, e che, dopo aver realizzato cult come Nightmare on Elm Street, L’ultima Casa a Sinistra e Le Colline Hanno gli Occhi, decise nel 1996 di fare una summa di tutto ciò che aveva imparato ed insegnato nell’horror. In Scream, in un periodo di stanca per quanto riguarda il genere, dopo i fasti degli anni Ottanta, Wes Craven comprese che il miglior modo per andare avanti era semplicemente quello di tornare indietro. Fu così che decise di giocare con il genere, d’inserire il classico assassino da film giallo (questa volta il killer non è subito identificabile), ma, per quanto riguarda il resto, di giocare con tutti i classici elementi visti ed utilizzati negli anni Ottanta nei vari slasher/horror.
C’è il sesso, il sangue, l’adolescenza, le colpe da espiare per un passato che ritorna a galla.
Sono tutti elementi che abbiamo ampiamente visto e rivisto in saghe come quelle di Nightmare on Elm Street (in cui la colpa da espiare dei genitori che hanno ucciso Freddy Krueger ricade nei sogni dei giovani figli), ed in Venerdì 13 (in cui l’incauta custodia del piccolo Jason da parte di due giovani porta alla morte del bambino, alla vendetta della madre, ed al ritorno dello stesso Jason).
Wes Craven conosce a menadito le regole ed i modi per lavorare con il genere slasher, tanto da saperci giocare per reinventarlo e metanarrarlo: un esempio lo aveva dato lo stesso regista con Nightmare – Un Nuovo Incubo, film del 1994 in cui Robert Englund, Heather Langenkamp, John Saxon e lo stesso Wes Craven interpretano sé stessi in una storia che porta Freddy Krueger ad accanirsi contro gli stessi interpreti della saga. Craven, all’epoca, stava preparando il terreno per la sua rielaborazione e riassunto del genere slasher/horror che sarebbe arrivata con Scream. Del resto già la scena iniziale del film con Drew Berrymore protagonista è un gioco citazionista e metanarrativo che fa capire la ormai più che acquisita capacità di Craven di saper girare e giocare a suo piacimento con il genere.
Scream e la metanarrazione
Il fatto che in una delle prime scene di Scream il personaggio interpretato da Drew Berrymore, mentre fa il gioco al telefono con Ghostface, citi Nightmare e Freddy Krueger non è solo un omaggio da parte di Wes Craven a sé stesso, ma è anche un modo per catapultare lo spettatore in un mondo in cui tanti elementi del genere s’incrociano. Scream è un film per gli appassionati, un lungometraggio che chiunque può vedere, ma che solo i veri iniziati possono comprendere. Si tratta dello stesso gioco postmoderno amato da Umberto Eco e che viene proposto ne Il Nome della Rosa. E Wes Craven, da ex insegnante e studioso di letteratura e filosofia, sa bene come poter destrutturare un genere e giocare con il postmodernismo, e la metanarrazione di Scream ne è la prova.
Le regole dei film horror che abbiamo citato in precedenza sono la prova di come Wes Craven sia stato in grado di riassumere in poche frasi ciò che accade solitamente ad i protagonisti di uno slasher/horror, ed in una fase di stanca del genere, come erano gli anni Novanta, il popolare regista riuscì a rimettere in fila quella poche ma efficaci regole facendo notare come il giocattolo funzionasse ancora. E Craven è stato maestro, oltre che dello stesso slasher/horror, anche della metanarrazione del genere, considerando che anni dopo un film come Quella Casa nel Bosco riprese quel modo di giocare con le regole dello slasher, facendone un lungometraggio intrigante ed a suo modo innovativo. Il terreno per questo tipo di gioco narrativo era stato tracciato però ampiamente da Wes Craven prima con Nightmare – Nuovo Incubo, e dopo, soprattutto, con Scream. Perché dello slasher non si butta via niente.
Gli anni Novanta che si ripetono: What’s my age again?
Uno dei grandi meriti del primo Scream, e che ha dato forza all’intera saga, è stato il fatto di creare una storia così fortemente figlia degli anni Novanta, ed in grado di riflettere le atmosfere e ciò che di potente venne trasmesso ai giovani durante quel decennio, riproponendolo in film ambientati in periodi successivi, e non facendo mancare quella stessa impronta. Gli anni Novanta, così come abbiamo scritto in precedenza, furono un periodo di crisi per il genere horror, che cercava un modo di reinventarsi dopo i fasti degli anni Ottanta. E due degli elementi di base che hanno proiettato il genere nei decenni successivi furono proprio Scream e Buffy – L’ammazzavampiri. In entrambi questi due prodotti notiamo come alcuni degli elementi di base dei film horror anni Ottanta vengano assorbiti e rielaborati in maniera diversa: i protagonisti adolescenti di queste storie sono più consapevoli e meno ingenui rispetto ai loro corrispettivi del decennio precedente. Il gioco alla sopravvivenza con il mostro o l’assassino di turno si fa più complicato da entrambe le parti, ed a giovarne di tutto ciò sono gli appassionati, che possono così gustarsi trame più complicate e situazioni più sfaccettate.
E sfaccettate sono anche le dinamiche che portano avanti i protagonisti e le loro relazioni. Anche in questo caso, mentre negli anni Ottanta le relazioni e le dinamiche sentimentali tra i personaggi delle storie erano più scontate e bidimensionali, in questi horror seminali degli anni Novanta vediamo relazioni giovanili più complesse ed in grado di sorprendere: si possono scoprire personaggi più ambigui, e magari vedere il protagonista che ha una relazione con lo stesso serial killer. Tutto diventa più sfumato e difficile da decifrare, ed è questa una eredità degli slasher/horror anni Novanta che è arrivata fino ai giorni nostri, e che ha reso la saga di Scream capace di reinventarsi nei vari decenni, ma anche di essere simile a sé stessa nel suo appartenere agli anni Novanta.
In questa breve analisi dei motivi per cui Scream è un manuale dell’horror ed una saga cult abbiamo voluto tirare fuori alcuni elementi che saranno sicuramente presenti in Scream 5 (anche se il film è stato descritto come meno metanarrativo rispetto ai precedenti), il nuovo capitolo della serie che è disponibile al cinema dal 13 gennaio.
Leggi la recensione di Scream 5, l’ultimo capitolo della saga: