X-Files è arrivato su Prime Video dandoci l’occasione di incontrare di nuovo i nostri beniamini Mulder e Scully e di riscoprire una serie che ha scritto la storia della televisione e che è manifesto deli anni ’90. Ma cosa significa vedere oggi X-Files?
X-Files, la leggendaria serie sci-fi – mistery creata da Chris Carter, approda su Amazon Prime Video, dandoci finalmente la possibilità di riscoprire il gusto, l’estetica e il valore di un prodotto che – inutile negarlo – ha fatto la storia del piccolo schermo, divenendo standard di riferimento e simbolo culturale degli anni ’90.
Ma proprio in quanto figlia di un’epoca passata, che effetto fa assistere oggi alle avventure degli agenti Mulder e Scully?
X-Files: le origini del mito
X-Files vede la luce nel 1993 dalle intuizioni e creatività di Chris Carter, già sceneggiatore per Disney approdato poi all’allora giovanissima Fox; Carter voleva proporre qualcosa che si staccasse dalle atmosfere comedy già affrontate in passato e, complice il clima di cambiamento dei primi anni ’90 (e il successo di Twin Peaks di Lynch), colse la palla al balzo.
Indubbiamente una scommessa, visto che non c’era alcuna garanzia che uno show così complesso e dall’orizzonte così ampio potesse fare successo. Tuttavia una scommessa assolutamente vinta visto che la serie durerà fino al 2002 (per un totale di nove stagioni e rimanendo per molto il tempo il serial più longevo di sempre), con due film di mezzo (nel 1998 e 2008), due ulteriori stagioni nel 2016 e nel 2018, due special home video e addirittura uno spin-off e mezzo (The Lone Gunmen e – seppur molto indirettamente – il successivo Millenium).
Oltre ad ottenere un posto nella leggenda e nell’immaginario comune di milioni di persone in tutto il mondo.
Tutt’ora se si fa riferimento a qualche caso inspiegabile lo si chiama amichevolmente “X-File” e nell’immaginario di tutti l’agente medio dell’FBI ha il look e il portamento di Mulder e Scully (magari con cravatte un po’ più sobrie e tailleur più avvolgenti).
Per rispondere alla domanda posta all’inizio di questo articolo è importante inquadrare il contesto nel quale si sviluppa X-Files, ovvero i primi anni ’90.
Era appena caduto il Muro di Berlino, dopo decenni di Guerra Fredda, segreti e minacce atomiche; gli Stati Uniti venivano da oltre un decennio di governo repubblicano ad opera di Ronald Reagan e George Bush, i quali avevano investito grandi somme di denaro per potenziare la macchina bellica americana.
Era appena caduto il Muro di Berlino, dopo decenni di Guerra Fredda, segreti e minacce atomiche; gli Stati Uniti venivano da oltre un decennio di governo repubblicano ad opera di Ronald Reagan e George Bush, i quali avevano investito grandi somme di denaro per potenziare la macchina bellica americana.
Ma non solo. Già con la fine degli anni ’80 stava iniziando a cambiare il linguaggio e i contenuti di molte opere, sia dal punto di vista cinematografico che letterario. Per fare un esempio, basti pensare ai miei cari fumetti, con opere come Watchmen, Il Ritorno del Cavaliere Oscuro, V For Vendetta e guardando anche alla Casa delle Idee Marvel, in cui antieroi come Punisher e Wolverine esplodono, con grandi riscontri di critica e pubblico.
In generale i toni cominciano a farsi più oscuri, meno brillanti rispetto al precedente decennio caratterizzato fortemente dall’esplosione della pop culture, da un certo benessere diffuso e dalle avventure divertenti e sempre a lieto fine di coraggiosi teenager. Il pubblico manifesta esigenze diverse e sembra pronto per qualcosa di nuovo.
Sono gli anni in cui la visione del futuro si fa più inquietante, quelli di Terminator 2, Akira e soprattutto de Il Silenzio degli Innocenti (1991 di Jonathan Demme, con Jodie Foster e Anthony Hopkins) e Twin Peaks (1990 di David Lynch e Mark Frost con Kyle MacLachlan).
In particolare queste due ultime opere mostrano al grande pubblico la figura dell’agente dell’FBI, ovvero Clarice Starling impegnata nella caccia ad un vero e proprio mostro, il serial killer Buffalo Bill, servendosi dell’aiuto di un altro mostro (il dottor Hannibal Lecter) e Dale Cooper che si ritroverà all’interno di un autentico incubo nella misteriosa cittadina di Twin Peaks, dove forze soprannaturali sono all’opera.
A Chris Carter basteranno questi due input, oltre all’influenza di The Twilight Zone di Rod Serling (di cui tra l’altro è appena uscita la storia a fumetti per Edizioni BD) e Kolchak: The Night Stalker per creare gli agenti Fox Mulder e Dana Scully (impossibile non notare le somiglianze tra il look della Foster e della Anderson o tra MacLachlan e Duchovny).
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La formula magica
L’idea di base è affascinante e funzionale: Mulder è un brillante agente federale, particolarmente arguto e abile nella profilazione criminale, ossessionato dalla scomparsa della sorella in tenera età e fortemente attratto dal paranormale e da quelli che crede essere i tentativi di insabbiamento da parte del governo su numerose questioni importantissime (in pieno stile Watergate); Scully è una giovane ed abile scienziata, specializzata in medicina, affiancata a Mulder per screditare le sue teorie sulla base del suo rigore scientifico e un iper alimentato scetticismo.
L’apparente inspiegabilità dei casi sui quali si ritroveranno ad indagare e il sempre più evidente coinvolgimento di un governo ombra in questioni che vanno addirittura oltre la sicurezza nazionale porterà i due agenti a diventare inseparabili compagni, complementari seppur nel rispetto dei propri ruoli.
Mostri, poltergeist, omicidi inspiegabili, fantasmi e creature sovrannaturali. E soprattutto omini verdi e uomini in nero.
Già, gli UFO e la grande cospirazione mondiale volta a nascondere la verità sui contatti con civiltà extraterrestri.
Dalla metà degli anni ’80 in poi aumenta enormemente il possesso casalingo di videocamere tra la popolazione e di conseguenza aumenta anche vertiginosamente il numero di filmati che ritraggono ipotetici UFO nei cieli di tutto il mondo. Già nel 1989 l’opinione pubblica americana fa la conoscenza di Bob Lazar, un uomo che afferma di aver lavorato a compiti di retro-ingegneria su veri dischi volanti alieni, detenuti dalle forze militari americane all’interno della cosiddetta Area 51.
D’altronde, come esperienza umana, converrete che è decisamente più interessante vedere o riprendere qualcosa di inspiegabile nel cielo che potrebbe arrivare da un altro pianeta, rispetto ad un pallone aerostatico.
Da lì in poi la questione UFO diventa ancora più popolare e interessante, entrando ancora maggiormente nella cultura di massa.
D’altronde, come esperienza umana, converrete che è decisamente più interessante vedere o riprendere qualcosa di inspiegabile nel cielo che potrebbe arrivare da un altro pianeta, rispetto ad un pallone aerostatico.
E X-Files, sapientemente e non senza una certa malizia, prende questa sotto-cultura la espande, la racconta, la svela con una certa dovizia di particolari e con un tono sempre piuttosto azzeccato, a metà tra il serio (quasi verosimile) e il provocatorio.
Nasce così un vero e proprio marchio di fabbrica.
La serie si divide in due filoni principali, quello verticale e più o meno autoconclusivo del “monster of the week”, ovvero la puntata dedicata a fenomeni soprannaturali e creature bizzarre (quando non veri e propri mostri) e quello orizzontale (con la trama principale denominata “mytharc” che si dipanerà lungo tutte le stagioni) del grande complotto da parte dei governi ombra di tutto il mondo volto a nascondere la terribile verità:
non solo gli alieni esistono, ma vogliono segretamente colonizzarci, generando una nuova specie ibrida.
Perché gli alieni vogliono questo? Chissenefrega.
O meglio la verità ad un certo punto verrà a galla ma è decisamente più importante il viaggio della destinazione e in questo X-Files è un grande esempio sia nel bene che nel male.
Fox Mulder diventerà il “tenebroso” (spooky), l’uomo ossessionato più dalla ricerca della verità per sé stesso che non per salvare davvero il genere umano, arrivando più volte a rischiare la vita per quello che si renderà conto essere – il più delle volte – un opaco miraggio.
Dana Scully evolverà, da scettica e piuttosto impacciata scienziata, a donna sempre più decisa e costantemente posta in discussione dalle sue esperienze al limite del plausibile che talvolta la faranno vacillare ma alla fine la renderanno sempre più forte ed emancipata.
E oltre ai protagonisti troveremo un grande cast di personaggi “comprimari” solo per definizione ma non di fatto, vista l’importanza da loro rivestita: L’uomo che fuma (C.G.B. Spender), il vero villain, deus ex machina dei piani del Consorzio per il grande insabbiamento e bastardo senza scrupoli, Walter Skinner, il vicedirettore dell’FBI sempre in bilico tra la giustizia e l’istituzione del suo ruolo pubblico, il fantastico terzetto di anarchici The Lone Gunmen (Byers, Frohike e Langly), sempre informati su tutti i più grandi misteri e black-ops del governo, il killer Alex Krycek e molti altri che diventeranno veri e propri simboli della controcultura del cover up.
Per non parlare delle ambientazioni. Nelle nove stagioni canoniche abbiamo girato l’America in lungo e in largo (e non solo, basti pensare all’episodio ambientato nella regione di Tunguska o quella nel radio telescopio di Arecibo), dalle piccole e piovose comunità alla Twin Peaks che caratterizzano le prime cinque stagioni, ai deserti e montagne del centro America. Improvvisamente gli Stati Uniti non erano più solo New York, Los Angeles e Washington, nonostante i luoghi del potere fossero sempre presenti.
Il successo di X-Files è stato grande, arrivando ad essere seguito in America da una media di quasi 20 milioni di spettatori, raggiungendo punte di quasi 30 milioni in alcuni episodi chiave delle varie stagioni.
La serie ha conquistato spesso la critica ed è diventata un cult immortale conquistando il cuore di tanti fan, il mio per primo, fin dalla prima visione nell’estate del 1994, per la quale ho boicottato alla grande il campionato del mondo di calcio negli States (USA ’94). Lo avevo fatto solo un’altra volta nella mia vita, quattro anni prima per un episodio de I Cavalieri dello Zodiaco.
La formula, nonostante i tempi siano cambiati, così come le esigenze del pubblico, sarebbe ancora oggi da studiare. Nei 45 minuti di durata dell’episodio X-Files era quasi sempre in grado di raccontare una storia completa, con la classica struttura televisiva dell’epoca pensata per la programmazione nella televisione commerciale: prima parte con la presentazione del caso – pubblicità – cuore dell’indagine e situazione di pericolo per i nostri eroi – pubblicità – climax e risoluzione del caso o spesso finale aperto con ancora tante domande ancora irrisolte – fine.
Il segreto del successo di X-Files non è solo da ricercare nella forza dei personaggi, nelle buone interpretazioni (in realtà si potrebbe discutere per ore sulla mono espressione di David Duchovny) o nella peculiarità dei soggetti. Forse il vero segreto di X-Files stava nella scrittura vera e propria, dato che la serie praticamente non forniva mai risposte concrete o definitive.
Insomma era più piacevole il caso e il mistero che non la loro risoluzione.
Ogni volta che Mulder sfiorava la verità, questa sfuggiva rapidamente un attimo dopo; per ogni risposta ottenuta si aprivano altre cento domande irrisolte. Se Scully veniva messa di fronte alle evidenze di un complotto segreto volto a rapire persone fingendo abduction aliene (lei stessa ne è stata vittima con un espediente di sceneggiatura per coprire la maternità di Gillian Anderson), poco dopo qualche altro avvenimento poteva farla ricredere e noi con lei.
X-Files stabiliva una sorta di patto con il telespettatore la cui base è proprio quel poster mostrato quasi in modo subliminale nell’ufficio di Mulder: I Want To Believe.
Quasi un mantra, una presa di impegno da parte di tutti nel voler credere e nel voler incedere nella sospensione dell’incredulità.
O forse, più semplicemente, erano anni in cui era più di moda porsi le domande e far cavalcare l’immaginazione che non trovare deludenti risposte.
X-Files: dal mito ad oggi
Ma veniamo ai nostri giorni.
La notizia dell’arrivo di X-Files su Prime Video è stata accolta in modo estremamente positivo da chiunque si occupi di pop culture ed entertainment, anche perché chi normalmente lavora in questo ambiente ha un’età e una preparazione che lo rendono potenzialmente un fan di vecchia data o comunque consapevole dell’importanza che questa serie tv ha avuto per la televisione mondiale.
Ma la verità è che oggi questa serie, probabilmente, non avrebbe più senso di esistere nella forma in cui la conosciamo e lo dico con un fondo di tristezza. Lo stesso che provo nel sentire la leggendaria voce di Fox Mulder (Gianni Bersanetti) fare da narratore per gli episodi di Peppa Pig che guarda mia figlia. Scherzo, ovviamente.
X-Files era la nostra finestra sul mondo dei misteri, sulle teorie più bizzarre e affascinanti, sugli avvistamenti UFO e sui casi inspiegabili che rapivano la nostra immaginazione. X-Files andava a soddisfare (più o meno parzialmente) la nostra sete di ignoto e lo faceva prima dell’era internet e prima dei social.
Se nella prima metà degli anni ’90 eri appassionato di misteri dovevi comprarti le poche e costose riviste specializzate, non tutti possedevano un personal computer in casa e una connessione che permettesse di “navigare”.
X-Files raccontava una generazione che dopo il boom degli anni ’80 non si accontentava più dei sogni e delle illusioni fantastiche. Voleva cercare una fantomatica verità, forse più per sfidare in qualche modo le autorità negli anni della ribellione grunge, del cyberpunk e dei primi videogiochi iper-violenti da censurare ad ogni casto ma che ostinatamente saltavano fuori come funghi.
Eravamo sicuramente giovani o tecnicamente impreparati, non avevamo le conoscenze di cui disponiamo oggi per cui una serie ben scritta e così sempre ricca di spunti fantasiosi e ben contestualizzati vantava sicuramente una forza magnetica.
La stessa formula – piuttosto ripetitiva negli episodi non facenti parte del mytharc – oggi difficilmente raccoglierebbe il consenso di una comunità che cerca sempre più spesso, anche nelle opere sci-fi, una credibilità e un rigore scientifico a volte davvero inutile ai fini di godibilità di trama.
Lasciamo perdere i meri aspetti tecnici: molte scene action non erano sempre di gran qualità, gli effetti speciali a budget ridotto e coi limiti dell’epoca, specie nelle prime stagioni, si facevano sentire e in generale le interpretazioni attoriali, nonostante un’alchimia davvero incredibile tra i protagonisti (qualcuno ha detto “tensione sessuale”?), talvolta non brillavano per intensità.
Eppure la formula “vedo – non vedo” è stata sfruttata ad arte, con il pericolo sempre reale e tangibile, ma quasi sempre alle spalle del protagonista o parzialmente fuori dal suo campo visivo.
La verità è la fuori e fa un male cane
Ma la verità forse più deleteria per un’ipotetica messa in onda oggi di un format come X-Files è probabilmente un’altra.
La serie di Chris Carter nei suoi 218 episodi ha mostrato i misteri e i complotti più disparati, ma quello che né il suo creatore né gli spettatori potevano immaginare è che certe cose nei successivi 15 anni potessero travalicare la fiction e diventare addirittura una realtà diffusa.
Terrapiattisti, no-vax, negazionisti della Shoah, scie chimiche, fate un po’ voi.
Era divertente assistere alle fantasiose teorie del grande cover up quando erano relegate ad un serial televisivo settimanale; oggi è inquietante constatare che parte di ciò che era divertente nella finzione (e potenzialmente molto valido ai fini di sceneggiatura) possa essere così strenuamente difeso e discusso. Forse nemmeno Chris Carter e i suoi sceneggiatori avrebbero osato tanto, limitandosi a qualche congegno sotto pelle e ai mitici caschetti di carta stagnola.
In un mondo che ha letteralmente la maggior parte della conoscenza a portata di un click quali realtà fantastiche potrebbe raccontare ancora oggi X-Files?
In un mondo che già conosce tutto dei grandi complotti contro l’umanità (dal 5G, al progetto H.A.A.R.P. a qualsiasi cosa vi venga inmente, Covid-19 compreso), quale fascino potrebbe esercitare il “mostro della settimana” o L’Uomo che Fuma con i suoi Men In Black?
X-Files ha fatto la leggenda ma anche il suo tempo, infatti già l’ottava e la nona stagione avevano riscontrato un calo considerevole negli ascolti, a testimonianza che certi linguaggi e certe tematiche avevano ormai saturato l’attenzione del pubblico che cercava altro e non un’infinita sequenza di domande di volta in volta più intrecciate tra loro.
Un episodio come “La Pelle Del Diavolo” (ep. 14 della seconda stagione), considerato talmente eccessivo da essere spostato alla seconda serata per i temi trattati, oggi fa quasi sorridere. Una setta satanista dedita al compimento di sacrifici, ma perfettamente integrata nella comunità di una piccola cittadina, diventa l’oggetto delle indagini di Mulder e Scully, che porteranno alla luce anche terribili storie di abusi su minori, oltre agli elementi soprannaturali. Se ripenso alle dosi di violenza e agli incesti di Game Of Thrones tutto ciò non suona poi così minaccioso.
Il fascino del mistero e del proibito oggi non si può più soddisfare con una serie tv di questo tipo e alla fine va bene così.
Ma allora perché riguardare oggi X-Files?
Perché nonostante i difetti e il tempo trascorso (non sempre in maniera innocua) la serie resta un manifesto di una cultura degli anni ’90, oggi un po’ dimenticata, seppur coraggiosa.
Perché per prima è riuscita a trattare argomenti di pura fantasia con un approccio molto competente, informandosi e citando anche parecchie fonti scientifiche reali e e restituendo una sensazione di credibilità ancora oggi non scontata.
X-Files resta un grande esempio di creatività e di profonda caratterizzazione dei personaggi e per tanti come me uno spartiacque definitivo tra le serie più leggere e alla portata di tutti e quelle più adulte e intriganti, con trame orizzontali e verticali ben orchestrate, oltre ad un perfetto compromesso tra l’autorialità di Twin Peaks e la folle creatività di Ai Confini della Realtà o Dr. Who.
Inoltre, a livello registico, molte trovate sono diventate materia di studio, per non parlare dell’ottimo comparto musicale, con la leggendaria sigla di Mark Snow che è un cult imitato in tutte le salse.
Purtroppo su Prime Video hanno caricato solo dieci stagioni su undici (privandoci quindi del finale dei finali che, anche se discutibile in termini qualitativi, di trama e di fedeltà allo spirito originale, rappresenta per tanti fa la chiusura del cerchio) e mancano inoltre i due film, specie quello del 1998 che è piuttosto importante per il mytharc.
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Nonostante questo è un piacere riguardare X-Files e non è un discorso da boomer per quanto possiate pensarlo (e la cosa non mi tange minimamente). Mi rendo conto che per le nuove generazioni o per chi non ha avuto occasione di interessarsene prima, la visione potrebbe non generare gli effetti che ha avuto in noi (quasi) quarantenni al tempo.
X-Files non è solamente un tuffo nel passato e nella nostalgia, potrei elencarvi altri mille motivi, ma è semplicemente una questione di continuare a voler credere nel fascino della fantasia.
Esatto, forse il gioco sta tutto nella filosofia riassunta da quello slogan.
I Want To Believe, almeno ancora per un po’ lasciatemi in quel limbo fatto di uomini in nero, piccoli alieni grigi e mostri nella provincia americana.