Se c’è un film che possiamo considerare universalmente amato e che rappresenta una bandiera del nerdismo anni ‘80, questo è i Goonies.
Un film unico, un instant classic nato per i ragazzini ma capace di intrattenere tutti, che senza prendersi troppo sul serio e senza scadere nella commedia eccessiva, ha saputo regalare risate e brividi, senso di avventura e del grottesco, fascinazione e parodia in uguale misura.
Un equilibrio decisamente miracoloso che lo rende, a quasi 35 anni di distanza mentre scrivo, una delle pellicole più adorate e rewatchate dell’universo nerd.
Se ancora – per qualunque motivo – non avessi avuto l’opportunità e il piacere di vedere uno dei capisaldi degli anni ‘80 e del fantastico, come descrivertelo?
In sostanza, I Goonies parla di un gruppo di ragazzini non certamente popolarissimi che devono impedire che il loro quartiere venga spazzato via dai soliti speculatori che vogliono costruire un campo da golf.
Nel frattempo trovano una mappa del tesoro di un famoso pirata, si imbattono in una stramba famiglia criminale pericolosissima, in una serie di trabocc… ehm, tracobetti di ogni genere e anche dei cadaveri, e alla fine… beh, mica ve lo dico adesso!
Ok, detta così, sembra la classica trama del film di avventure per bambini. Il fatto è che, come nei casi migliori della storia del cinema, la trama classica viene affrontata con una verve e un’inventiva che rende tutto inimitabile e irresistibile.
Hai presente, no? Ci sono film che fai fatica a vedere una sola volta, e ci sono film che vorresti rivedere una volta a settimana perché ti regalano buone vibrazioni ad ogni minuto che passa.
Ecco, I Goonies appartiene alla seconda categoria, forse perché pensato, scritto e realizzato con un entusiasmo e una libertà difficilmente pensabile al giorno d’oggi per un film di un certo tipo.
Costò 19 milioni di dollari, in un anno in cui il sequel di uno dei film più redditizi di sempre, Rambo, costò il doppio. Quindi non proprio il classico tv movie per bambini.
Alla fine, fu uno dei film che in USA incassò di più nel 1985.
Insomma: amato in patria, amato nel mondo, amatissimo a distanza di tempo da tutti quelli che erano ragazzini in quel periodo o in quello immediatamente successivo…
Non c’è da stupirsi che stia per tornare al cinema per un evento speciale dal 9 all’11 dicembre, e con buona probabilità possiamo prevedere che questa iniziativa sarà un successo: io sono pronto a tornare in sala, e voi?
Vediamo un po’ di tentare di decifrare quello che è il ricettario magico che ha portato la creatura di Steven Spielberg, Richard Donner e Chris Columbus allo status di cult che gode oggi.
Ehi! Un attimo… penso proprio che i primi ingredienti siano quei tre nomi che abbiamo appena scritto e letto.
L’idea, si dice, nacque nella testa di Steven Spielberg, reduce da Indiana Jones e da E.T. l’extraterrestre, mentre stava abbozzando il plot di quello che sarebbe diventato il suo film “Il Colore Viola” (uscito sempre nel 1985).
Steven buttò giù due righe in una pausa rispondendo a un semplice quesito:
“Cosa farebbero dei ragazzini di provincia durante un giorno di pioggia?”
Da lì a fargli cercare il tesoro di un antico pirata il passo è stato breve.
Ma la strada fu tracciata da quello che era il pupillo di Spielberg, il promettente Chris Columbus, che stava “covando” i Gremlins e che poi ci avrebbe regalato altri classici come sceneggiatore e regista, tra cui Mamma ho Perso L’Aereo, Piramide di Paura, Mrs Doubtfire e i primi due Harry Potter.
C’erano tutte le carte in regola per avere una sceneggiatura frizzante quanto basta.
Ma non era finita: a saltare a bordo di questo strano progetto che parlava di ragazzini provinciali e di tesori nascosti sottoterra fu nientemeno che il regista dei due primi, veri, cinecomic blockbuster della storia: Richard Donner.
Vivace, appassionato di fumetti e di avventura, il regista di Superman (1978) e… del 75% del suo sequel (1980, ma questa è un’altra storia) non si tirò indietro e si scatenò nel portare in vita le imprese dei Goonies, della famiglia fratelli e di Sloth.
Con un trio del genere, cosa poteva andare storto?
Niente, anche perché al team fu assicurata grande libertà creativa e di messa in scena: tanto è vero che tutto quello che vi andrò a raccontare adesso è vero.
Prima di subito, diciamolo: un concept e una sceneggiatura come quella dei Goonies avrebbero vita difficile al giorno d’oggi, e pure all’epoca spiegarlo a degli executive in riunione non deve essere stata una passeggiata.
Sotto l’apparenza di un film per giovanissimi, si nascondeva un film dove esplodono le prigioni sotto gli occhi della polizia, vengono fatti secchi un paio di federali, dei criminali minacciano di morte i ragazzini, gli stessi rischiano l’osso del collo decine di volte ficcandosi in pericoli assurdi, qualcuno viene pure chiuso in un frigo con un cadavere.
Beh, certo, probabilmente l’elemento assurdo e irresistibile della pellicola dipende anche da questo: ogni situazione è estrema, fuori di testa, assolutamente fuori contesto per stare in un film “per bambini” ed ecco che infischiandosene della correttezza, per così dire, “educativa”, i nostri autori hanno creato qualcosa di irripetibile.
Ma qui si parla dei Goonies, un gruppo di sfigati che prende il nome dal quartiere di Goon Docks della città di Astoria, Oregon, non certo di chissà chi.
E allora, dove si va a girare? In studio? No di certo: le riprese furono effettuate nella vera città, in località perlopiù reali e modificate all’uopo.
Soltanto le sequenze conclusive in caverne e cunicoli (e galeoni) furono per ovvi motivi ricostruite in studio.
Cinque mesi intensi, ben pianificati ma anche curiosamente organizzati: per calare ancora meglio i ragazzini protagonisti nella storia – da notare che per molti di loro fu il primo ruolo in assoluto, anche per Josh Brolin – il film fu affrontato come un libro.
Cosa intendo dire? Che siccome le riscritture del copione durarono fino al giorno precedente all’inizio delle riprese, la pellicola fu girata praticamente in sequenza cronologica.
Fatto più unico che raro nella storia del cinema, dove la produzione impone che per, per ragioni di logistica, le scene vengano girate a blocchi asincroni, a seconda delle necessità di location, tempo, disponibilità del cast, effetti visivi, etc.
Spesso e volentieri sul set i dialoghi furono improvvisati, oppure “imbeccati” in maniera originale: per far raccontare a Mikey la storia di Willy l’orbo, Columbus e Donner gliela illustrarono pochi minuti prima di girare, per rendere più viva e sentita la performance del giovane attore. E così fu.
E vogliamo parlare della danza del ventre di Chunk, diventata iconica?
La leggendaria “truffle shuffle” fu un momento improvvisato sul set, dove il piccolo Jeff Cohen (che poi lasciò la recitazione e oggi è avvocato) probabilmente attinse dall’esperienza reale di bambino sovrappeso preso in giro dai coetanei.
Lo stesso Donner, in diverse interviste, ha raccontato di come Jeff fu lasciato a briglia sciolta, e che a rivederla oggi gli sembra “una scena difficile da digerire”, anche se a noi spettatori arriva come reale: chi non ha avuto almeno un’esperienza di bonaria presa in giro dagli amici?
La fortuna dei Goonies è che sono tutti amorevoli e “alla pari”, per così dire, nel loro ridicolizzare l’altro – come in questo caso Mouth (Corey Feldman) con Chunk – non c’è l’ombra di bullismo, come qualcuno ha poi avuto l’ardire di suggerire.
Anche perché tutti ammutolirono durante la scena di pianto di Chunk, dove Jeff sfoderò delle lacrime reali così potenti da lasciare a bocca aperta l’intero cast tecnico e artistico.
Lui disse poi di aver pensato di aver perso la mamma.
E gli attori del Metodo Stanislavskij muti.
Certo è che poi Jeff, dopo un paio di esperienze in tv, lasciò la recitazione per fare sport, diventare il leader del team di wrestling della sua scuola e persino rappresentante degli studenti, per poi studiare legge e specializzarsi nel settore dei diritti dell’entertainment. Non male davvero per un Goonie!
Furono molte le star affermate che fecero una capatina sul set, per dare qualche suggerimento ai giovani attori e divertirsi insieme a loro.
Probabilmente si era sparsa la voce che la lavorazione era divertente: un giovanissimo Tim Burton, al suo primo lungometraggio assieme a Paul Reubens (ovvero Pee-Wee Herman), che si divertirono con i piccoli protagonisti.
Dan Aykroyd, reduce dal successone di Ghostbusters, si fece vedere forse per reclutare qualche giovane acchiappafantasmi (ma come ben sappiamo la storia volle diversamente) e Indiana Jones in persona, Harrison Ford, accompagnò per un giorno sul set i ragazzi mentre si trovavano nelle caverne. Chi meglio di lui poteva aiutarli?
Oh, e non dimentichiamoci che Michael Jackson si auto-invitò così tanto spesso sul set che qualcuno iniziò a pensare che avrebbe recitato una parte nel finale.
Beh, se fu tagliata una piovra gigante, perché non… un attimo, ho detto piovra gigante?
Eh sì, perché fu scritta e girata una scena che poi fu eliminata del tutto, che richiese un intenso lavoro agli effettisti e marionettisti per realizzare e animare una piovra di un quintale: quasi arrivati al galeone di Willy l’Orbo, i ragazzi si imbattono in questo animale birichino e un po’ invadente.
Un minuto di girato che aggiunge un ulteriore elemento al mischione di generi dei Goonies, richiamando le avventure in salsa Sindbad e/o Jules Verne dei tempi andati: ma alla fine si optò per l’esclusione nonostante il lavoro profuso.
La scena è disponibile in molte delle edizioni home video più recenti, a partire dal 2001. Come aneddoto finale, vi lascio una cosa probabilmente impensabile al giorno d’oggi: Steven Spielberg, per trollare Donner, disse ai giovani attori che avrebbero dovuto ignorare il regista per tutta l’ultima settimana di riprese.
Questi furono talmente bravi a recitare anche fuori dal set, che Donner se la prese malissimo, arrivando a confessare alla moglie: “Odio questi dannati bambini. Non vedo l’ora che se ne vadano dalla mia vita”.
Al momento di andarsene, ovvero al giorno conclusivo delle riprese, gli dissero che lo avevano fatto perché Steven gli aveva promesso una settimana di vacanza in una villa alle Hawaii. Era la villa di Donner.
Che quindi si ritrovò a casa i mocciosi ancora per un po’… con somma gioia di tutti.
Beh, forse è davvero roba dei tempi andati. Oggi un regista salterebbe su tutte le furie se fosse ignorato, chiamando gli avvocati per sospendere la produzione… ma quelli erano altri uomini.