Ci sono storie realmente accadute talmente agghiaccianti, talmente incredibili e impressionanti da poter essere esorcizzate solo attraverso l’opera “salvifica” della trasposizione in fiction.

Raccontare, leggere e mostrare qualcosa che nella realtà non si riesce a spiegare o razionalizzare – soprattutto se alla fine c’è un happy end o almeno la punizione del “cattivo” – ci dona la sensazione di poter in qualche modo controllare la follia nella quale spesso il mondo cade.

Mondo che prende la forma di assassini psicopatici, serial killer fanatici e sadici, leggi e forze dell’ordine impotenti di fronte al caos, famiglie distrutte, torture e sofferenze inflitte ai più deboli.

Una delle storie vere più note che fanno gelare il sangue nelle vene è sicuramente quella del cosiddetto Mostro di Rostov, al secolo Andrej Romanovič Čikatilo.

Un uomo (anche se c’è da chiedersi se sia la definizione corretta) che tra il 1978 e il 1990 si rese colpevole di ben 53 omicidi, in particolare di donne, giovani e bambini: non soltanto violentava e uccideva, ma aveva l’abitudine anche di mangiare parti del corpo delle proprie vittime dopo aver infierito su di loro. Da qui nasce uno dei sui soprannomi più tristemente evocativi, “il comunista che mangiava i bambini“.

Il comunista che mangiava i bambini

Già, perché Čikatilo era comunista fino al midollo, un membro del Partito che spesso ha beneficiato delle amicizie influenti che aveva all’interno – soprattutto per passarla liscia dopo alcuni episodi di adescamento di bambini durante la sua carriera di insegnante scolastico.

La storia è finita con il suo arresto, la sua confessione e la disperazione impotente dei conoscenti delle sue vittime. Lui si considerava un povero malato di un qualcosa di oscuro che lo attanagliava, ma non ha mai mostrato rimorso né si è detto pentito di quello che ha fatto. Le immagini del processo, un vero e proprio fenomeno mediatico nella Russia dei primi anni Novanta, sono strazianti, specialmente di fronte all’apatia di Čikatilo e le grida di dolori dei familiari dei morti.

Questo incredibile fatto di cronaca ha ispirato diverse opere.

Questo incredibile fatto di cronaca ha ispirato diverse opere, come quella sotto forma di romanzo e inchiesta giornalistica, il libro “Il comunista che mangiava i bambini” dello scrittore romano David Grieco, poi anche regista della trasposizione cinematografica del 2004, molto interessante, “Evilenko” con Malcolm “Arancia Meccanica” McDowell.

Ma la connessione tra il perverso fascino della caccia al serial killer comunista e il suggestivo ma soffocante sfondo del regime russo nel quale è cresciuto respirando un clima di paura è alla base di un’opera che mischia in modo audace realtà e fiction, creando qualcosa di avvincente: Child 44.

Passato remoto e prossimo si uniscono per una storia inedita e forte

Child44_LibroPrendendo due pezzi separati di storia russa, la clamorosa carriera omicida, cannibalica e pedofila di un uomo-mostro e la storica oppressione-repressione del regime stalinista negli anni Cinquanta, lo scrittore Tom Rob Smith ha shakerato due temi potentissimi che fanno da motore e da sfondo alle vicende, raccontate nel libro che è diventato ben presto un bestseller su scala mondiale.

Inevitabile quindi l’arrivo di un film per un testo che sembra scritto esattamente come un copione del cinema: con Ridley Scott come produttore non resta che attendersi un racconto ben delineato, sanguinario, drammatico, ricco d’azione e con personaggi che agiscono in condizioni estreme.

 

 

 

Child 44 racconta la storia del mostro di Rostov come se si fosse svolta negli anni dello stalinismo, e soprattutto se ci fossero stati avversari “spettacolari” opposti alla follia del colpevole. Leo Demidov è un agente del MGB, il ministero per la Sicurezza di Stato dell’Unione Sovietica, un eroe russo della seconda guerra mondiale: uno dei soldati che issarono la bandiera sovietica sul Reichstag, mica pizza e fichi. Demidov deve prima di tutto insabbiare il caso della morte di un bambino ritrovato nudo in mezzo a un bosco con il corpo mutilato, assecondando il tormentone: “Nel paradiso sovietico non esistono omicidi“.

 

poster child 44

 

Il racconto di una disillusione e un’ossessione

Peccato che, dopo un primo momento dove da buon comunista integerrimo fa il suo dovere, convincendo quasi anche il padre del povero piccolo – un suo collega, tra l’altro – si troverà a ricredersi sui suoi superiori e a cadere in disgrazia per aver rifiutato di denunciare sua moglie, Raisa, indicata come traditrice. Nel frattempo altri omicidi di bambini continuano a verificarsi…
Un uomo solo contro tutti, esiliato e screditato, che non sa di chi fidarsi, contro un serial killer invisibile e apparentemente imprendibile: la formula del blockbuster è servita.

 

L’ambientazione poi ci mette il suo fascino, e la lista di attori chiamati a interpretare Child 44 è impressionante: Tom Hardy (ciao, Bane!) come protagonista, Noomi Rapace (Uomini che odiano le donne) come sua moglie, e poi Gary Oldman, Vincent Cassel, Joel “Robocop, quello nuovo” Kinnaman… possiamo dire che l’appeal quanto a cast è di primissimo livello.
Quanto al regista, si tratta dello svedese di origine cilena Daniel Espinosa, già al timone dell’apprezzabile action con Denzel Washington e Ryan Reynolds Safe House, con la sceneggiatura scritta da Richard Price (uno che si è fatto le ossa con i crime drama come Clockers e l’osannato The Wire in tv).

 

Tra città, paludi e ferrovie d’epoca.

Le riprese di Child 44 si sono svolte in Repubblica Ceca, con Praga “travestita” come Mosca dell’epoca della Guerra Fredda. Da notare che i set sono stati creati e curati da uno come Jan Roelfs, candidato due volte al Premio Oscar di cui una per l’elegantissimo cult Gattaca – La porta dell’universo. La cosa che salterà di più all’occhio dello spettatore è lo sfarzo di Mosca contrapposto allo sperduto villaggio di Vosk, dove Leo e Raisa, mandati letteralmente al confino, si ritrovano in una vera e propria palude sporca, spettrale e inquinata.

Per quanto riguarda l’importante ambientazione ferroviaria che scopriremo essere il teatro di parte della drammatica vicenda, è stato utilizzato dagli attori per gli spostamenti il Big B, un motore a vapore prodotto nel 1928 in grado di raggiungere la “ragguardevole” velocità di 50 chilometri orari. Da notare inoltre nel film la presenza della “German Girl”, treno a vapore costruito nel 1944 dalla viennese Wiener Lokomotivfabrik.

Passando alla storia, breve accenno per una delle tante polizie segrete sovietiche che vedremo in azione e di cui fa parte il protagonista: l’MGB, Ministero per la sicurezza dello Stato, responsabile di controllo e repressione dal 1946 fino al 1953. Dopo alterne vicende dei suoi vertici, scorporamenti e fusioni, fu il nucleo sul quale fu creato, sotto il controllo del Consiglio dei ministri russo il celeberrimo KGB (1954-1991).

 

Messaggi & Polemiche

Child 44 è dunque una pellicola in costume che, trattando la caccia a un serial killer, parla anche di una condizione particolare dei regimi totalitari: la folle incapacità di accettare che al proprio interno possano esistere devianze e violenza insensata. Un film che parla di un capitolo controverso e difficile della Storia contemporanea. Quasi un avvertimento: le culture il totalitarismo soffoca le persone provocando esiti tragici.

Praticamente scontata la polemica che ha scatenato l’annuncio e la realizzazione del film in Russia: il Ministero della Cultura ha posto un categorico veto alla distribuzione della pellicola prima ancora dell’arrivo nelle sale. La Russia viene dipinta in modo distorto, il periodo storico è dipinto in modo inaccurato, cose così. Ma soprattuto, per il Ministero russo, “Il film è inammissibile alla vigilia del settantesimo anniversario della vittoria della Russia sul Nazismo“. A conti fatti un veicolo di promozione in più per il film nel resto del mondo, quasi certamente ponderato e calcolato.

Child 44 sarà nei cinema italiani dal 30 aprile prossimo.