Nella puntata di oggi de ma davvero c’è gente che si laurea in ste stronzate? il quarto d’ora di economia di dubbia utilità faremo un po’ di bonsaikittening economico e il microcredito è un tema molto bonsaikittenable.
Contrariamente a quanto si può pensare il microcredito ha una storia antica, almeno rispetto all’economia moderna.
I primi tentativi documentati in tal senso risalgono al 1800 (Adam Smith likes this element) e ci sono stati sporadici esempi di microcredito fin da quando esiste l’economia.
Ma tale concetto è venuto alla ribalta negli anni ’80 grazie alla Grameen Bank, che è considerata la prima vera banca di microcredito e soprattutto grazie al suo fondatore: Muhammad Yunus che vinse premio Nobel per la pace nel 2006.
[spoiler]Per la Pace, non per l’Economia.[/spoiler]
Nel suo discorso di ringraziamento Yunus disse molte cose (alcune condivisibili e altre meno) ma fece soprattutto un’affermazione decisamente coraggiosa:
I firmly believe that we can create a poverty-free world if we collectively believe in it.
In a poverty-free world, the only place you would be able to see poverty is in the poverty museums.
When school children take a tour of the poverty museums, they would be horrified to see the misery and indignity that some human beings had to go through.
They would blame their forefathers for tolerating this inhuman condition, which existed for so long, for so many people.
La domanda a questo punto è: ma davvero il microcredito può tanto?
Microcredito – Principi
Che cos’è il microcredito?
Con microcredito si intende un insieme di sistemi volti a garantire l’accesso al credito a coloro che hanno poche o nessuna garanzie.
L’accesso al credito significa, semplificando, ricevere soldi a prestito.
Nell’economia neoliberista questo è un aspetto molto importante che permette gli investimenti e la crescita economica.
Il credito erogato (in generale) si divide in due grossi blocchi:
- Credito al consumo: ossia il credito utilizzato per acquistare cose che utilizzerò per me stesso.
- Credito di investimento: ossia il credito utilizzato per investire in una qualche attività redditizia la quale dovrebbe garantirmi un ritorno sufficiente a ripagare il mio debito e a guadagnarci.
Entrambe i tipi di credito sono utili per l’economia: il primo permette di acquistare più beni di quanto sarebbe possibile fare in condizioni normali e di conseguenza di permettere una crescita economica.
Il secondo permette di fare investimenti profittevoli e quindi di creare ricchezza (vedremo che creare non è proprio il termine migliore ma il concetto è quello).
Nota: il credito al consumo viene normalmente visto in maniera negativa, spesso associato al situazioni come “vivere al di sopra delle proprie possibilità”.
Al contrario il credito al consumo è spesso utile per i consumatori stessi, senza di esso non potrebbero acquistare oggetti molto costosi di cui necessitano, buoni esempi sono i mutui per la casa o rate dell’auto o della cucina nuova.
Ogni volta che paghiamo qualcosa a rate stiamo avvalendoci di credito al consumo.
Il credito quindi è importante sia per l’economia che per i singoli e aumentarne l’accesso è una delle leve che si possono utilizzare per spingere la crescita economica: il credit crunch o “stretta del credito” è infatti uno dei problemi che generano/aggravano le crisi economiche.
Il credito di per se però funziona se vi è un ritorno al creditore, tale ritorno è contabilizzato dall’interesse.
Se io presto soldi ovviamente voglio che tu me li restituisci ma voglio anche guadagnarci quindi me ne dovrai restituire un po’ di più di quelli che ti ho dato.
Quanti di più?
Questo è funzione del livello di rischio, più un investimento è rischioso più, per essere appetibile, deve garantire un ritorno alto.
Di conseguenza un credito dato a qualcuno con scarse garanzie avrà alti livelli di interesse rispetto a un credito dato a qualcuno con alte garanzie: l’oggettivazione della massima popolare “le banche prestano soldi a chi non ne ha bisogno”.
Microcredito e economia
Ma se i poveri non hanno garanzie, come fanno ad accedere al credito?
Iniziamo a sfrondare un luogo comune, i poveri sono in grado di generare ricchezza.
La ricchezza è funzione (anche) del consumo, ossia se c’è qualcuno che consuma ci può essere crescita economica.
I poveri, così come tutte le altre persone del mondo, consumano, consumano per il semplice fatto che esistono, aka devono mangiare, vestirsi, etc.
I grossi agglomerati di persone, ancorché indigenti, sono potenzialmente aree in cui ci può essere scambio e produzione di ricchezza, esistono diversi saggi sulla ricchezza delle favelas o delle bidonville (ricchezza relativa of course).
Quindi se i poveri avessero accesso al credito potrebbero sfruttare i bisogni del luogo in cui vivono per fare degli investimenti.
Da questo punto di vista il microcredito sembra quindi essere un’ipotesi allentante.
Ma ci sono due grossi ostacoli a questa visione.
Il primo è di natura prettamente economica, per spiegarlo dobbiamo introdurre un importante assioma dell’economia: I soldi non crescono sugli alberi.
Nota per i grillini: sono disponibile nei commenti se non fosse chiaro.
Questa è una regola molto importante.
Cosa significa? Significa che creare ricchezza è un processo complesso, molto più complesso che scambiarla.
In generale si crea ricchezza quando si trasforma qualcosa in qualcos’altro: se io prendo un pezzo di tolla e un fondo di bottiglia e lo trasformo in un Iphone ho creato ricchezza in quanto ho trasformato qualcosa in qualcos’altro che vale di più.
Bene, ma se io poi prendo un altro pezzo di tolla e una finestra rotta e ci creo un secondo Iphone sto creando ancora ricchezza?
Si in senso generale, decisamente meno se non ho modo di scambiare questo bene.
Io posso anche volere due iPhone, ma dieci?
Forse no, quindi li creo per barattarli con qualche altro bene che mi serva (di solito con un baratto intermedio in moneta).
Perché io possa vendere un bene ho bisogno di qualcuno che me lo acquisti.
Questa persona avrà prodotto qualcos’altro o avrà offerto un servizio e ora è pronto a barattarlo con il mio Iphone.
Questa persona avrà venduto il suo bene o il suo servizio a un terzo che a sua volta avrà fatto lo stesso con un quarto e così via.
Quindi perché il mio bene sia vendibile e io possa trarre vantaggio del mio processo di creazione di ricchezza ho bisogno che altre persone traggano vantaggio dai rispettivi processi, short story long: ho bisogno che l’economia stia crescendo o che comunque non sia in fase recessiva.
Ovviamente posso fare affari anche in fase recessiva ma è più complesso soprattutto per le attività più fragili.
Normalmente quando un’economia cresce la ricchezza è disponibile per fasce più ampie della popolazione (benchè in misura diversa: di solito i ricchi incamerano più ricchezza dei poveri), quando un’economia è in fase di stagnazione o recessiva la possibilità di produrre e scambiare ricchezza diminuisce (anche qui in maniera diversa, le attività “povere” o a basso valore aggiunto sono quelle più colpite in quanto sono quelle dove la concorrenza è più semplice).
Quindi i “poveri” che fanno investimenti “poveri” con capitale di terzi sono in una situazione rischiosa, molto più in balia degli altri dei capricci dell’economia.
Il secondo invece è di natura sociale. I poveri sono poveri per molti motivi e uno di questi è che non hanno le competenze per migliorare la loro condizione.
Concedere un credito a qualcuno che non ha idea di come gestire un’attività è un affare rischioso, ricordate la parabola dei talenti?
E venne concesso credito agli italiani e l’economia cresceva e tutti credevano di essere imprenditori, poi venne la crisi e tutti si accorsero non sapere come si manda avanti un’azienda.
Durante tempi di crescita economica è relativamente “facile” per chiunque fare investimenti ma tali investimenti non necessariamente resistono all’impatto di una recessione, anzi, sovente non lo fanno, e se tali investimenti sono fortemente esposti (aka il capitale investito è in massima parte capitale non mio) la situazione è ancora peggiore.
Ma quindi quanto impatta il microcredito sull’economia?
Purtroppo in questo campo gli studi sono pochi, e i pochi che ci sono sono malfatti.
I pochi ben fatti ci dicono questo: molto poco.
Benché il microcredito abbia altri effetti, alcuni anche positivi, il suo impatto sulla crescita è molto scarso.
Interessi e povertà
Come detto gli studi sugli impatti del microcredito sono relativamente pochi e spesso soffrono di pesanti problemi di metodologia.
Si passa da un mondo senza poveri a una massa di suicidi intrappolati dal debito.
Ma un dato certo esiste: il tasso di interesse.
Dare credito a chi non ha garanzie è rischioso e il rischio si paga.
Quanto? 22%
Ma è un valore falsato, l’interesse reale sui prestiti si aggira, in media, sul 40%.
Il peggiore e il Messico dove il suo Banco Compartamos applicava sul microcredito tassi dell’86%.
Va detta una cosa importante, per quanto questi tassi ci sembrino assurdi sono comunque più bassi dei tassi operati dagli usurai nei rispettivi paesi, da questo punto di vista il microcredito ha un effetto “benefico” sebbene si tratti sempre di interessi decisamente alti.
Il fatto che i crediti abbiano un tale tasso è legato alla stessa natura del microcredito: poca o nessuna garanzia genera alto rischio che genera alto tasso di interesse.
Questo ci porta a un’altra considerazione: quali investimenti permettono ritorni superiori a tassi di interessi simili?
Molto pochi.
Infatti il 90% dei crediti ottenuti tramite microcredito è credito al consumo e questo concorre al suo scarso impatto economico.
I poveri accedono al microcredito per comprare beni e poi si impegnano a restituire il prestito ottenuto, il microcredito quindi non cancella la povertà ma la “irreggimenta”: fino a prima cercavo di arrabattarmi per vivere, adesso mi arrabatto per pagare il mio debito.
Questo non è un male, anzi, l’accesso al credito al consumo può, in certi casi, migliorare le condizioni di vita delle persone molto povere, ma non può combattere efficacemente la povertà.
Conclusioni
Dobbiamo distinguere due grandi fasi del microcredito, nella prima è stato portato avanti da enti nazionali e associazioni no-profit, quando questi investitori sono venuti meno e il giro di affari è cresciuto gli istituti di microcredito si sono rivolti al mercato e per convincere gli investitori della bontà dei loro investimenti hanno dovuto iniziare a fare utili, modificando in parte lo spirito iniziale di aiuto reciproco.
Facilitare l’accesso al credito è di per se un’importante risorsa economica, che sia anche un’importante risorsa sociale è però dubbio.
I pochi dati che abbiamo ci mostrano come il microcredito ha maggior effetto man mano che le fasce a cui è rivolto diventano meno deboli (come il credito classico).
Evitando gli estremi della debt trap e della scomparsa della povertà i dati mostrano come il microcredito possa aiutare i poveri a iniziare delle attività, ma che non migliora la loro situazione economica a fronte del pagamento degli interessi.
Per quello si parla di Irregimentazione della povertà.
Che questo sia un bene o sia un male esula abbastanza dall’economia e entra nella sociologia.
Fare investimenti con soldi altrui richiede capacità, ma oltre a queste richiede fortuna, gli investimenti ripagano finché l’economia è in crescita, ma dopo le cose si fanno complesse, mentre l’interesse da pagare è sempre li.
Garantire anche ai poveri una ridistribuzione della ricchezza è importante, non solo socialmente, ma anche economicamente.
Quando questo viene fatto a debito ha un certo effetto ma ricordiamoci che non stiamo “ridistribuendo ricchezza”, stiamo prestandola, e questa ricchezza deve tornare e se deve tornare vuol dire che l’investimento fatto con quel prestito deve fruttare (e deve fruttare parecchio per ripagare tassi del 40% …).
Ricordiamoci inoltre che la ricchezza non è infinita e che produrla è molto più lungo che trasferirla. È molto più semplice che qualcuno si arricchisca impoverendo gli altri piuttosto che tutti si arricchiscano.
Ma questo è insito nell’economia neoliberista a cui il credito (in ogni sua forma) afferisce.
Se si vuole ridistribuire la ricchezza agli strati più umili della società le strade sono altre, e, generalmente, non passano per le banche.
- Impact of Microcredit (wikipedia.org)
- Microcredit (wikipedia.org)
- Dal microcredito ai «subprime» per i poveri di Paul Lagneau-Ymonet e Philip Mader (articolo su Le Monde Diplomatique)