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Viaggiare, studiare e cercare lavoro in Giappone

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Qualche anno fa leggevo Speciale Emigrazione e immaginavo che un giorno mi sarebbe piaciuto dire la mia sul Paese dove sarei andato a vivere. Sono finito in Giappone, lasciate che vi racconti la mia storia.

Poco dopo la Laurea in Ingegneria al Politecnico, partivo da solo per un viaggio di due mesi dal Febbraio 2014, conoscendo tre giapponesi tra Kyoto e Osaka, avendo visto Evangelion sottotitolato, letto qualche base di grammatica e studiato qualche carta con Anki. In sostanza sbiascicavo due parole in un nuovo mondo dove l’inglese è una lingua poco conosciuta, i caratteri cinesi si sostituiscono molto spesso all’alfabeto, senza nessun programma.

Due mesi di viaggio, un paio di giorni in solitudine, metà delle notti in ostelli, l’altra metà home stay, per un’esperienza incredibile. Ci sono state persone che mi hanno considerato parte integrante della famiglia, altre che si sono fidate a prima vista, altre che incontrate il giorno stesso hanno avuto piacere a guidarmi.

sette mesi di ricerca e quattro offerte di lavoro

Ad Aprile entravo in una scuola di lingua con il Visto da studente dopo essere tornato in Italia per qualche settimana, a Dicembre prendevo il JLPT N2 (Japanese Language Proficiency Test), a fine Luglio 2015, dopo sette mesi di ricerca, ho ricevuto quattro offerte di lavoro inerenti al mio campo.

 

Viaggio

Difficilmente non ci si innamora del Giappone e dei suoi abitanti, e questo potrebbe essere una buona motivazione per compiere il passo successivo. Ci sono due cose importante da considerare.

parlare un po’ di giapponese di base è più facile di quanto si possa credere.

Acquisire qualche frase di base; come insegna il buon Pareto il 20% delle parole viene usato l’80% delle volte (anche se non sono sicuro delle percentuali), questo significa che ci vuole molto meno di quanto si possa pensare per sostenere una semplice conversazione. Un po’ di preparazione e due mesi in Giappone potrebbero bastare per raggiungere un livello molto base.

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Passare più tempo possibile con i locali; contattare amici di amici, contare sul passaparola, scrivere su couchsurfing, chiedere informazioni. Qui fuori ci sono molto persone disposte ad aiutare e che possono garantire l’accesso a esperienze altrimenti inaccessibili. Uno sconosciuto potrebbe offrirsi di condividere l’appartamento per qualche giorno, solo perché gli è stato proposto da una persona fidata.

 

Couchsurfing vale anche per la vostra casa in Italia, è un modo molto semplice ed efficace di creare contatti all’estero che si sentiranno inevitabilmente in debito con voi. Oltre al fatto che è una figata.

 

 

Studio sul posto

prendere il Visto da studente è relativamente facile, ma da lì in poi è una corsa contro il tempo

Studiare sul posto è un buon metodo per imparare una lingua. In particolare ci sono alcune organizzazioni come Go Go Nihon che lavorano come intermediari con le scuole di lingua: sono completamente gratuite e funzionano con personale estremamente competente. In due mesi o meno è possibile ottenere un Visto. Questa volta il requisito è dimostrare di possedere un bel gruzzoletto in banca.

 

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Arrivati in Giappone inizia la corsa contro il tempo: essere completamente autosufficienti è quasi impossibile con un lavoro part-time (anche due o tre, estremamente facili da trovare), o comunque anche riuscendoci non si può mettere nulla da parte e non si ha tempo per fare altro. Anche sforando il numero di ore minime previsto settimanalmente per legge, si può pagare vitto e alloggio (circa 600 euro anche se dipende), ma difficilmente si riesce a coprire anche le spese della scuola (circa 5000€ all’anno).

Inoltre la differenza tra cavarsela e imparare il giapponese è enorme.

E qui si entra nella fase hardcore, perché ci si scontra con questo aspetto, caratteri cinesi e letture che non finiscono, grammatica interminabile, un oceano di parole senza nessuna connessione con la lingua di origine. C’è chi sta qui da 8 anni e a malapena mette insieme due parole a fatica, e molti che anche cavandosela nel parlato, non conoscono lettura e scrittura.

 

D’altra parte ci siete: avete una bicicletta, un numero di telefono, magari una fidanzata giapponese e siete sulla strada giusta per costruire il vostro futuro qui.

 

 

Cercare lavoro

Se si progetta di venire in Giappone a trovare lavoro fisso, e quindi ottenere il Visto lavorativo, le cose su cui concentrarsi sue due:

1. Laurea

Il primo e unico requisito è la Laurea, il prima possibile. Al contrario di quanto ci inculcano qui in Italia il voto ha un’importanza relativa, molto meglio non ritardare perché un universitario medio trova lavoro a 21 anni ed entra in azienda a 22. In altre parole in Italia il tempo di studio è di due anni più esteso.

2. Lingua

Il secondo aspetto è la lingua. Un processo senza fine per cui prima si inizia meglio è. Non lo definirei come un requisito perché si può pensare di venire sul posto partendo quasi da zero. Un certificato come il JLPT N2 può essere di aiuto, ma in realtà si viene valutati in sede di test e colloquio.

 

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L’offerta di lavoro in Tokyo è spaventosa, ma bisogna conoscere le regole del gioco, i player, i trucchi

L’offerta di lavoro in Tokyo è senza limite (IT, risorse umane, logistica, vendite, architettura..), basta partecipare a un paio di Fiere per rendersene conto. Naturalmente è anche tanta la domanda. Le aziende si possono dividere in due categorie, aziende a capitale estero per il quale la lingua usata è prevalentemente l’inglese, e aziende tipicamente Giapponesi.

Sperare di entrare nelle prime senza conoscere a sufficienza il giapponese è un azzardo, perché è comunque un parametro che viene valutato nel processo di assunzione e perché questo tipo di aziende sono una minoranza. Per il secondo tipo è il momento giusto: il Giappone si sta cercando di espandersi verso l’estero, le vecchie generazione di manager stanno cambiando e gli stranieri sono ricercati.

non ci sono ingressi preferenziali

D’altra parte non ci sono ingressi preferenziali, quindi si deve fare esattamente quello che fa uno studente universitario al suo penultimo anno di studio: scrivere curriculum a mano (e se si sbaglia da capo), partecipare a spiegazioni, discussioni di gruppo, affrontare un colloquio, test di lingua per nativi, imparare come inchinarsi, quando, cosa dire. Questa volta non mi sento proprio di dire che sia facile, cercare lavoro qui è un vero e proprio Rito, di cui bisogna conoscere le regole, i player, i trucchi. In più c’è da aggiungere scuola e lavoro part-time da gestire.

 

 

Quello di cui si può essere certi è che una volta assunti, ci sarà qualcuno che si prenderà cura di voi dandovi sicurezze e formazione, senza lasciarvi a casa dopo sei mesi come succede a molti miei compagni in Italia.

 

Infine ci si sarebbero molte cose che vorrei dirvi, altre che in fondo non avete bisogno di sapere; non dimenticate che questo è solo un possibile percorso per accedere a questo mondo, è solo un’esperienza fra tante.

Ho volutamente rimosso le mie impressioni perché volevo fornirvi un quadro più possibile oggettivo della situazione lasciando spazio al vostro giudizio, se siete interessati vi aspetto al mio blog di cui trovate i dettagli sul Profilo.

 

Il Giappone non è un concetto oggettivo, ognuno se lo può vivere sulla sua pelle e farsi un opinione di quanto sia bello e brutto. Quello che voglio dirvi è: se avete un sogno, un’aspirazione, un richiamo, non esitate a buttarvi e partite.

 

Per gli Europei è ancora un terreno inesplorato, dove le strade vanno spianate a colpi di perseveranza e di passione. Non è tutto rose e fiori, ma se ce l’ho fatta io ce la potete fare anche voi.

Tra pressioni, insicurezze, un “forse è meglio che te ne torni al tuo Paese”, le frasi di incoraggiamento e i casi di successo si possono contare sulle dita di una mano. Magari se avessi letto un articolo così, avrei potuto prepararmi in anticipo, e in ogni caso tirare un sospiro di sollievo.

 

Vi saluto con un proverbio che una mia insegnante di giapponese mi disse qualche tempo fa:

 

石の上にも三年

Trad. Sopra la pietra, perfino tre anni.

Sedersi su una pietra fredda e scomoda significa porsi in una condizione sfavorevole, ma se si persevera con l’impegno, anche la pietra più fredda può diventare calda e accogliente.

 

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Speciale Emigrazione

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