Su Disney+ è uscita la serie TV reboot su Piccoli Brividi, che cerca di avvicinare il pubblico di una nuova generazione ad una serie di libri cult, scritti da R.L. Stine. In questo approfondimento vogliamo provare a spiegare perché Piccoli Brividi è un simbolo generazionale.
Gli “analogici” anni Novanta
Gli anni Novanta sono stati uno spartiacque epocale: consideriamo che stiamo parlando dell’epoca in cui si affacciavano all’orizzonte mondiale la diffusione di massa dei personal computer e del programma Windows, che rese accessibile e facile da fruire un nuovo mezzo tecnologico. Ma, soprattutto, si tratta dell’epoca in cui iniziò a diffondersi, assieme al computer, anche internet, ed in tutto questo gli anni Novanta hanno rappresentato l’ingresso nell’era digitale, che si sarebbe veramente concretizzata nei primi anni duemila.
Gli anni Novanta sono stati l’ultimo periodo in cui la tecnologia non riuscì a sostituire in totale l’immaginazione e l’intrattenimento.
Ma, da buono spartiacque, gli anni Novanta sono stati anche la fine dell’era analogica, e, sotto questo punto di vista, Piccoli Brividi rappresenta in tutto e per tutto la fine di quel momento che, a tanti trentenni e quarantenni di oggi, suscita una certa nostalgia. Si tratta dell’ultimo vero decennio in cui i ragazzini sono cresciuti giocando per strada, tra avventure in bici, partite a calcio improvvisate, giochi di società, e modi per trovare delle emozioni praticamente inventandosele. E dietro casa.
Gli anni Novanta sono stati l’ultimo periodo in cui la tecnologia non riusciva a sostituire in totale l’immaginazione e l’intrattenimento. E tutto ciò faceva da stimolo per i più piccoli, che aguzzando l’ingegno, riunendosi in gruppo, ed andando a caccia di situazioni particolari (dalle case abbandonate, all’immersione nelle campagne e nel verde poco fuori città) riuscivano a procurarsi emozioni d’avventura…piccoli brividi.
Ecco, appunto. I Piccoli Brividi sono divenuti la traduzione perfetta della serie di R.L. Stine, che in inglese ha il titolo di Goosebumps, ovvero “Pelle d’Oca”. Ma, considerando che si trattava di letture horror per ragazzi, potevamo appositamente parlare di Piccoli Brividi. Forse non è un caso che questa serie di R.L. Stine sia stata pubblicata a partire dal 1992, pochi anni prima che arrivasse la pubblicazione di un altro enorme caso letterario young quali era Harry Potter.
La capacità di R.L. Stine di mischiare horror con una dose di umorismo, il finale a sorpresa in stile Ai Confini della Realtà, le fantastiche copertine di Tim Jacobus.
Gli anni Novanta sono stati un’epoca fortemente improntata verso i più giovani ed i piccoli. Basti pensare al fatto che in Italia Topolino arrivò a raggiungere nel luglio 1993 il milione di copie vendute con il settimanale (che in quell’occasione aveva in allegato il gadget del walkie talkie). Stiamo parlando anche del periodo dell’esplosione delle riviste per adolescenti (come, ad esempio, Cioé), e di TRL di MTV. Mai come negli anni Novanta la cultura pop era tutta rivolta verso i giovani ed i giovanissimi. Ed è da qui che è partito il fenomeno Piccoli Brividi.
Le storie di genere sono sempre state le più gettonate, fin dall’alba dei tempi. L’Iliade e l’Odissea, al di là della loro portata epica, portavano con sé una grande dose di avventura e intrattenimento (non a caso si parla di racconti orali utilizzati per intrattenere il pubblico, successivamente scritti). E, così come i Penny Dreadful dell’Ottocento inglese, i gialli Mondadori e Diabolik, i Piccoli Brividi divennero l’equivalente dell’intrattenimento di genere per gli adulti, rivolto verso i giovani.
Si tratta di uno dei casi letterari di maggiore portata, che ha influito sulla cultura pop. L’aspetto accattivante dei Piccoli Brividi era il fatto di raccontare storie di adolescenti o pre-adolescenti, o anche bambini intorno ai dieci anni, impegnati nelle routine che affrontavano tutti i ragazzi della società occidentale anni Novanta. Ma, a creare il risvolto originale, c’era l’improvviso catapultamento all’interno di storie e situazioni straordinarie. La capacità di R.L. Stine di mischiare horror con una dose di umorismo, il finale a sorpresa in stile Ai Confini della Realtà, e le fantastiche copertine di Tim Jacobus facevano tutto il resto.
Le avventure dietro casa
Grazie ai Piccoli Brividi i ragazzi riuscivano a vivere quell’idea del “tutto è possibile”, ed a realizzarla proprio dietro casa. L’orrore, l’avventura, le grandi emozioni si possono nascondere tra le statue dei nani presenti in giardino, oppure in un barattolo che circola a scuola, o in un pendolo antico ritrovato in soffitta. Quello spirito di avventura ed emozioni che i ragazzini della società degli anni Novanta volevano provare, e che si andavano a cercare girando per i propri quartieri in bici o a piedi, era finalmente raccontato da qualcuno, riportato su carta.
R.L. Stine era un quarantenne all’epoca della pubblicazione della serie di Piccoli Brividi, ma lo scrittore americano aveva perfettamente colto lo spirito del tempo. Così come nel decennio precedente, in Italia, Tiziano Sclavi aveva trovato il modo di riunire i giovani appassionati di horror e di storie di genere attorno al personaggio di Dylan Dog, creano una vera e propria comunità, Stine era sceso un po’ più in basso con l’anagrafe, catturando l’immaginario dei più piccoli.
Grazie ai Piccoli Brividi i ragazzi riuscivano a vivere quell’idea del “tutto è possibile”, ed a realizzarla proprio dietro casa.
Anche la serie TV del 1995 su Piccoli Brividi riuscì a fare il suo dovere, riuscendo a portare sullo schermo lo spirito di quelle storie capaci di mischiare umorismo, avventura ed orrore. Qualcosa evidentemente girava nell’aria, considerando che nel 1992 furono mandati in onda, per la prima volta, gli episodi di Hai Paura del Buio?, serie che, in qualche modo, aveva la stessa impronta dei Piccoli Brividi.
Gli anni Novanta non torneranno più, così come quei piccoli, ingenui e sani brividi.
Era iniziata una nuova epoca, e, allo stesso tempo, si stava concludendo. L’epoca analogica volgeva al termine, e quella digitale avrebbe messo ancora più al centro giovani e giovanissimi, catapultandoli però in un mondo completamente nuovo e sconosciuto. Ed anche per questo motivo crea nostalgia quel senso d’ingenuità delle storie di Piccoli Brividi.
Vivevamo in un’epoca ancora pregna di maschilismo, bullismo, avversione nei confronti delle diversità, e Piccoli Brividi ha raccontato tutto questo, offrendo ai più piccoli delle storie dentro cui rispecchiarsi, e capaci di entrare nel loro immaginario.
I giovanissimi sono pregni di fantasia, e R.L. Stine non stava facendo altro che riportare quelle storie suggestive di quartiere su carta. Tutto in analogico. Piccoli Brividi è una delle ultime testimonianze di un decennio, quali sono gli anni Novanta, irripetibili nel bene e nel male, ma che sono stati uno spartiacque totale. Gli anni Novanta non torneranno più, così come quei piccoli, ingenui e sani brividi.