Per preservare la “stabilità del Paese”, i militari decidono di oscurare del tutto la connettività internet della Birmania.

Il generale Min Aung Hlaing e i suoi uomini hanno conquistato con la forza il potere l’1 febbraio, da allora hanno iniziato a bloccare i social network, il tutto per evitare che “fake news e disinformazione” possano “causare fraintendimenti tra le persone”.

La prima piattaforma digitale a finire nel mirino dell’esercito è stata Facebook, la quale aveva peraltro dichiarato la Birmania come Paese ad alto rischio, poi è stato il turno di Twitter e Instagram, ora ad essere oscurata è l’intera rete internet. Al momento, infatti, la copertura risulta operativa solamente al 16 per cento.

Una portavoce di Twitter ha commentato il ban sottolineando come un simile censura comprometta “il discorso pubblico e il diritto delle persone di far sentire la loro voce”. Facebook ha preservato una posizione omologa, chiedendo che le autorità ripristinino la connettività della nazione.

Fino a ieri, gli utenti potevano aggirare i blocchi affidandosi a servizi di VPN, ma a questo punto anche un simile stratagemma risulta inutilizzabile. Nel frattempo, masse di contestatori stanno affollando la città di Yangon, sfidando poliziotti in assetto da sommossa pur di rendere esplicito il loro scontento.

I manifestanti esigono la liberazione degli oppositori politici arrestati durante il coup. Tra questi figura anche Aung San Suu Kyi, capo di Stato recentemente rimosso dai soldati e premio Nobel per la pace

Nonostante il dispiegamento intensivo delle forze dell’ordine, la folla non ha ceduto alla violenza e, anzi, ha distribuito agli agenti fiori e bottigliette d’acqua, chiedendo loro di sostenere il popolo, anziché la dittatura militare.

 

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