Per decenni gli operatori sanitari hanno utilizzato l’indice di massa corporea (IMC o BMI) come indicatore della salute di una persona. Ma questa equazione considera solo l’altezza e il peso e potrebbe non fornire un quadro accurato del rischio di malattie legate all’obesità, come le malattie cardiache, il diabete e alcuni tipi di cancro. Jacob Earp, professore di kinesiologia presso il College of Agriculture, Health and Natural Resources, ha recentemente pubblicato un articolo sull’International Journal of Environmental Research and Public Health e su Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases che include una serie di equazioni che aggiungono semplici misure di circonferenza per prevedere meglio come il grasso di una persona è distribuito all’interno del corpo, tenendo conto delle diverse etnie e del sesso. Gli scienziati sanno da anni che una maggiore quantità di tessuto adiposo, o grasso, intorno al centro del corpo, nella cavità addominale, rappresenta un rischio maggiore per la salute rispetto al grasso presente in altre parti del corpo.
“Ci sono prove evidenti che il grasso localizzato in determinati punti, soprattutto nella cavità viscerale, è quello che aumenta maggiormente il rischio metabolico”, afferma Earp. Inoltre, la distribuzione del grasso è diversa tra diverse popolazioni etniche e tra donne e uomini. Questo fatto influenza, quindi, i trattamenti più o meno efficaci per i diversi gruppi.
Lo studio
Per generare le equazioni, il team di Earp ha esaminato i dati di 12.000 scansioni DXA dell’intero corpo registrati nel National Health Nutrition Examination Survey. Uno dei risultati più significativi è stato che gli individui ispanici sono a maggior rischio di cattiva distribuzione del grasso e delle malattie ad esso associate. Inoltre, è emerso che gli uomini, comunemente classificati come sottopeso o obesi in base al BMI, presentano una distribuzione del tessuto adiposo più nociva di quanto normalmente si creda, mentre per le donne è vero il contrario. “Nella fascia alta, le donne avevano ancora un grasso addominale più elevato in generale, perché con l’aumento dell’indice di massa corporea o del circonferenza vita aumenta l’adiposità addominale, ma in realtà abbiamo scoperto che la distribuzione peggiora negli uomini”, spiega Earp. “Le donne, invece, una volta raggiunti i livelli di obesità più elevati, sono riuscite a distribuire il grasso in modo più sano”. Earp spera che queste equazioni possano servire come strumento per medici e ricercatori, che possono inserire semplici misure di altezza, peso e circonferenza di vita e fianchi di un paziente per avere un’idea di come sia distribuito il grasso in base al sesso e all’etnia. Secondo Earp, il problema elle attuali misurazioni è che, ad esempio, una persona può avere un peso elevato ed essere segnalata come obesa, ma il suo peso è dovuto alla massa muscolare e ossea e la sua distribuzione del grasso è in realtà molto sana. Al contrario, una persona con un peso inferiore non verrebbe etichettata come a rischio, ma potrebbe avere un’elevata quantità di grasso addominale.
Il gruppo di Earp sta anche lavorando con i dati ottenuti di recente dal Center on Aging della UConn e dal Pepper Center per studiare la distribuzione del grasso nei muscoli. In questo studio è stato esaminato solo il grasso sotto la pelle e quello immagazzinato intorno ai fianchi. Ma con l’avanzare dell’età, il grasso all’interno dei muscoli diventa un problema importante. I prossimi passi di questa ricerca consistono nell’esaminare come adattare le equazioni a popolazioni con malattie croniche come il diabete e la BPCO, che creano una distribuzione atipica del grasso.