Alla base della forma più comune dell’epilessia, ovvero dell’epilessia del lobo temporale, potrebbe esserci la troppa comunicazione fra differenti aree del cervello. A scoprirlo sono stati i ricercatori dell’Irccs Eugenio Medea e dell’Università di Padova. Il concetto di epilessia è mutato nel tempo. Da un’alterazione specifica di una parte del cervello si è passati a un disturbo più sistemico che può coinvolgere uno o numerosi circuiti del cervello.

Per un corretto funzionamento delle connessioni cerebrali, di recente, è venuto fuori che sia necessario che queste abbiano una grande e buona organizzazione interna. Ogni nodo della rete deve essere in grado di elaborare i dati ricevuti e al contempo che questi dati siano ben differenziati dagli altri percorsi. Questi meccanismi sembrano siano alterati proprio nei pazienti con epilessia del lobo temporale.

 

Nel cervello caratterizzato da epilessia abbiamo riscontrato uno sbilanciamento a favore di una iper-comunicazione tra diverse aree cerebrali, perfino quando il cervello non è impegnato in nessun compito.

Gian Marco Duma, ricercatore dell’Irccs Medea di Conegliano

 

 

Uno dei risultati più importanti di questo studio è che maggiori livelli di integrazione tra i network cerebrali correlano con prestazioni peggiori del funzionamento cognitivo nei pazienti con epilessia, e in particolare nei test di memoria e attenzione.

Giovanni Mento, coordinatore dello studio e docente all’Università di Padova

 

 

Ciò dimostra che integrazione e flessibilità dei circuiti del cervello sono equilibrati in maniera delicata. Una loro alterazione quindi può dare un impatto negativo alle funzioni cognitive dell’uomo.