Facebook ha deciso di dare una ripulita ai suoi tanto discussi gruppi, imponendo costrizioni precise e conseguenze che, almeno su carta, dovrebbero essere consistenti e prevedibili, introducendo una nuova moderazione dei contenuti che si snoda su molteplici livelli.
Le modifiche sono state attivate a partire da oggi e impongono dei cambiamenti importanti. Innanzitutto i profili notoriamente colpevoli di infrazioni finiranno in “libertà vigilata” e non potranno pubblicare contenuti sui gruppi per un lasso di tempo che spazia dai sette ai trenta giorni, a seconda della gravità del loro agire.
Se all’interno dei gruppo sono presenti molti account discutibili, inoltre, Facebook provvederà ha inviare una notifica a tutti coloro che vogliono aderirvi, segnalando l’ambiente come un possibile luogo di malaffare.
I contenuti di queste pagine macchiate dal giudizio del social saranno quindi affossati dall’algoritmo, in modo che meno persone ne siano afflitte. Ultimo, ma non ultimo, la Big Tech ha confermato quanto si era già detto a novembre, ovvero che la moderazione dei gruppi ricadrà sugli admin.
Nelle situazioni più estreme, infatti, gli amministratori del sito dovranno temporaneamente autorizzare ogni singolo post inviato dagli utenti. Se anche così non si dovesse arrestare il flusso di contenuti controversi, allora l’intera pagina sarà rimossa.
Facebook in passato ha lasciato deliberatamente spazio ai discorsi d’odio di alcuni potenti e ha limitato la visibilità di testate che avrebbero rallentato il coinvolgimento dei suoi utenti, tuttavia ha sempre professato, a discapito dei fatti, che le sue intenzioni non fossero affatto editoriali e che il portale non praticasse nessun genere di selezione dei contenuti.
Adesso che l’attenzione dei tribunali di tutto il mondo sta valutando di considerare l’azienda di Zuckerberg come responsabile delle opinioni a cui da voce, pare che Facebook abbia deciso di attuare effettivamente la sua narrazione storica, rimuovendo ogni contenuto politico in favore di un non-luogo digitale in cui esiste solo innocuo intrattenimento.
Da quello che si evince, infatti, le novità introdotte dall’azienda non proporranno alcuna cernita deontologica, ma si limiteranno ad applicare i diktat in maniera coatta. Chiunque violi le policy sarà soggetto a queste risoluzioni, che sia un attentatore di Daesh o un ambientalista.
Se il paragone sembra forzato, bisogna ricordare che prima del 2001 gli Stati Uniti consideravano gli ambientalisti come la branca terroristica più pericolosa del Paese e che alcuni movimenti umanitari finiscano inevitabilmente per scontrarsi con le autorità ufficiali.
Resta particolarmente ambigua la gestione di situazioni limite come quella della Birmania, Paese in cui i manifestanti stanno violando esplicitamente le leggi imposte da un governo che ha effettuato un colpo di stato antidemocratico.
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