Lo spazio può essere un luogo ostile per il corpo umano: le condizioni di microgravità e altri fattori possono alterarne la fisiologia. Un nuovo studio finanziato dalla NASA fornisce una comprensione più approfondita del problema. I ricercatori hanno dichiarato che gli astronauti che hanno viaggiato sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) o sulle navette spaziali della NASA (in missioni di sei mesi) hanno sperimentato una significativa espansione dei ventricoli cerebrali, spazi al centro del cervello che contengono il liquido cerebrospinale, liquido incolore e acquoso (che scorre all’interno e intorno al cervello e al midollo spinale) che ha il compito di ammortizzare il cervello per proteggerlo dagli urti improvvisi e rimuove i prodotti di scarto.
Sulla base delle scansioni cerebrali di 30 astronauti, i ricercatori hanno scoperto che i ventricoli impiegavano tre anni per riprendersi completamente dopo tali viaggi, suggerendo che un intervallo di almeno questa durata sarebbe consigliabile tra le missioni spaziali più lunghe. Secondo gli esperti dell’Università della Florida che hanno condotto lo studio, se i ventricoli non hanno tempo sufficiente per riprendersi tra una missione e l’altra, ciò può influire sulla capacità del cervello di far fronte agli spostamenti di fluidi in microgravità. Ad esempio, se i ventricoli sono già ingrossati da una missione precedente, potrebbero essere meno compatti e/o avere meno spazio per espandersi e adattarsi agli spostamenti di fluido durante la missione successiva. L’ingrossamento dei ventricoli legato all’età – causato non dalla microgravità ma dall’atrofia cerebrale – può essere associato al declino cognitivo.
L’assenza di gravità terrestre modifica il cervello
I ricercatori spiegano che sulla Terra, i nostri sistemi vascolari hanno valvole che impediscono a tutti i fluidi di ristagnare ai piedi a causa della gravità. In microgravità si verifica il contrario: i fluidi si spostano verso la testa. Questo spostamento dei fluidi verso la testa provoca probabilmente un’espansione dei ventricoli e il cervello si trova più in alto nel cranio”. Lo studio ha coinvolto 23 astronauti uomini e sette donne (età media circa 47 anni) delle agenzie spaziali statunitense, canadese ed europea.
Otto hanno partecipato a missioni dello Space Shuttle di circa due settimane. Diciotto hanno partecipato a missioni ISS di circa sei mesi e quattro a missioni ISS di circa un anno. Negli astronauti si sono verificate poche o nessuna variazione del volume ventricolare dopo missioni brevi. L’allargamento si è verificato negli astronauti dopo missioni di sei mesi o più, anche se non c’è stata alcuna differenza tra coloro che hanno volato per sei mesi e coloro che lo hanno fatto per un anno. Secondo i ricercatori, questo suggerisce che la maggior parte dell’allargamento dei ventricoli avviene nei primi sei mesi di permanenza nello spazio, poi inizia a diminuire intorno all’anno.
Il fatto che l’ingrossamento non sia peggiorato dopo sei mesi potrebbe essere una buona notizia per le future missioni su Marte, in cui gli astronauti potrebbero trascorrere due anni in microgravità durante il viaggio. L’assenza di ingrossamento in seguito a voli brevi è una buona notizia per coloro che potrebbero prendere in considerazione brevi viaggi di turismo spaziale dato che l’industria si sta sviluppando. Le condizioni di microgravità causano anche altri effetti fisiologici dovuti al ridotto carico fisico sul corpo umano. Tra questi, l’atrofia ossea e muscolare, le alterazioni cardiovascolari, i problemi di equilibrio dell’orecchio interno e una sindrome che coinvolge gli occhi. Un’altra preoccupazione è l’aumento del rischio di cancro dovuto alla maggiore esposizione alle radiazioni solari che gli astronauti possono incontrare man mano che si allontanano dalla Terra.