Koo è l’emulo di Twitter che sta prendendo piede in India, ma il suo successo ha molto a che fare con l’oscurantismo politico.
Nelle scorse settimane i rapporti tra il Paese asiatico e il noto social network si sono velocemente deteriorati: il Governo è bersaglio di un movimento di protesta massiccio e i politici hanno imposto alla Big Tech statunitense di silenziare ogni voce in contrasto con le strategie dell’establishment.
Twitter si era inizialmente adeguata e aveva iniziato a censurare qualche account, tuttavia le richieste indiane erano martellanti e l’assecondarle avrebbe sulle lunghe finito con il compromettere in maniera irrecuperabile l’immagine dell’azienda. Il social, quindi, ha smesso di collaborare.
La cosa non è affatto piaciuta all’Amministrazione Modi la quale, oltre a promettere rivalse sul gigante del tech a stelle e strisce, ha iniziato ha spingere perché l’India si spostasse progressivamente su Koo, app social nativa del posto.
Koo è la vincitrice del concorso autarchico indiano della “sfida Atma nirbhar“, sfida che questa estate ha premiato quella che era percepita come la miglior app sviluppata dai creativi nazionali. In cosa consiste Koo? Grosso modo è Twitter, ma in giallo.
A ben vedere, qualche differenza c’è ed è anche importante: è possibile filtrare i “tweet” in base alla lingua in cui sono scritti, è possibile modificare i propri post pubblicati e, soprattutto, i responsabili del social non hanno alcuna intenzione di censurare i discorsi d’odio dei nazionalisti indiani.
Noi non discipliniamo. Perché dovremmo farlo? La nostra è una piattaforma che sostiene la libera d’espressione. Siamo un’azienda registrata indiana. Tutto ciò che è illegale nel mondo offline è illegale anche in quello online,
ha sostenuto il co-fondatore di Koo Aprameya Radhakrishna. Una posizione simile a quella adoperata mesi fa da Mark Zuckerberg in relazione a Facebook.
Il partito di cui fa parte il primo ministro indiano, Narendra Modi, è d’altronde noto per le sue posizioni radicali, nonché per le esternazioni che verrebbero troncate da qualsiasi policy di un social occidentale.
Un simile atteggiamento ha creato non pochi problemi alle Big Tech, le quali vorrebbero inserirsi nel promettente mercato indiano, ma senza destarsi le antipatie del mondo intero.
Per un po’ le aziende digitali hanno generalmente cercato di chiudere un occhio, ma le recenti manifestazioni hanno esacerbato la situazione, obbligandole a ostacolare la narrazione governativa.
Il Governo, di contro, si sta organizzando per dare priorità proprio a Koo, ovvero ha intenzione di postare le comunicazioni ufficiali sull’app indigena e di trasportarle su Twitter solamente a distanza di ore.
Giornalisti e indiani che vorranno rimanere aggiornati sulla situazione politica, insomma, saranno obbligati a trasmigrare sul nuovo social, per la felicità di Radhakrishna.
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