Huawei ricomincia il braccio di ferro per rientrare nel florido Mercato USA e chiede di non essere più considerata una minaccia.
L’azienda di Shenzhen sta praticando un’interessante strategia da “bastone e carota”: il CEO Ren Zhengfei ha recentemente chiesto al presidente Joe Biden una incontro per discutere delle varie incomprensioni, tuttavia quelle stesse incomprensioni le sta cercando di appianare anche per vie legali.
Questa settimana l’azienda ha infatti sfidato in Corte d’Appello la Federal Communications Commission (FCC), la quale aveva decretato che Huawei fosse una minaccia per la sicurezza nazionale statunitense, cosa che ha aperto un contenzioso politico ed economico che si è esteso ben oltre ai confini delle due nazioni.
Secondo la ditta cinese, l’etichetta che gli è stata affibbiata sarebbe “arbitraria, capricciosa, un abuso alla libertà e non supportata da prove concrete“.
Non solo Huawei è stata tra le prime aziende tech con sede in Cina a incappare negli ostracismi del Governo USA, ma è anche quella che ne ha patito le conseguenze peggiori, trovandosi completamente tagliata fuori dal redditizio giro dei bandi di gara statunitensi.
Il duplice atteggiamento di Zhengfei mette la corrente Amministrazione in una posizione difficile, soprattutto considerando che la FCC non ha alcuna intenzione di cambiare opinione: sistemare i rapporti potrebbe tradursi in un interessante ritorno economico per gli USA, tuttavia l’aprire un dialogo in queste condizioni potrebbe essere letto come un segno di debolezza.
Non ho al momento nessun motivo per credere che i nomi nelle liste [dell’FCC] non abbiano motivo di essere lì dove sono. Se dovessi venir confermata, provvederò ad analizzare i resoconti di queste società e di altre preoccupazioni,
aveva riferito giorni fa Gina Raimondo, candidata al ruolo di Segretaria del Commercio degli Stati Uniti.
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