Clubhouse sta spopolando ovunque, Cina compresa. Proprio per questo il governo di Beijing ha deciso di oscurare la pericolosa app.

Che la Repubblica Popolare Cinese non sia incline a trattare certi argomenti è cosa nota, che sia incline alla censura esplicita, pure. Diversi cinesi hanno quindi approfittato del social per cercare di promuovere discussioni poco gradite all’establishment, confidando che il suo approccio atipico concedesse un qualche margine di anonimato.

Nella miriade di stanze aperte, molte hanno infatti affrontato – con sorprendente civiltàargomenti taboo quali Taiwan, Hong Kong e la persecuzione degli Uiguri. Una libertà che, come avevano previsto in molti, è durata poche ore. Sia a livello di spionaggio che a livello amministrativo.

Clubhouse, infatti, non registra le conversazioni degli utenti, dettaglio che di per sé avrebbe garantito un certo margine di privacy, se non fosse che diversi supporter della Cina continentale hanno provveduto a produrre degli screenshot e a trascrivere i dibattiti.

Resta il fatto che la crescente ed esplosiva popolarità di Clubhouse ha fatto sì che le autorità iniziassero a interessarsene anche senza assist esterni, se non altro perché si è sollevato un polverone tale da coinvolgere i social, la stampa, ma anche gli e-commerce, i quali hanno venduto codici di invito come se fossero noccioline.

Chi ha avuto modo di seguire le varie stanze descrive gli scambi d’opinioni come pacati, ma surreali. Confronti in cui gli abitanti dell’entroterra cinese risultano all’oscuro, oltre che increduli, a tutta una serie di notizie che venivano riportate loro dai taiwanesi, dai cittadini di Hong Kong e dai cinesi che vivono all’estero.

Oggi, non a caso, la testata cinese filo-governativa Global Times ha pubblicato un articolo interamente dedicato all’app, descrivendola come un covo di discussioni politiche “noiose” e faziose e accusando gli utenti dissidenti di spargere disinformazione priva di fondamento.

 

 

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