Dopo il deludente secondo capitolo dedicato a Wolverine i mutanti tornano al cinema nuovamente diretti da Brian Singer.
Il ritorno dietro la macchina da presa del primo regista della saga è sicuramente indicativo del fatto che dopo l’altrettanto poco riuscito “X-Men: Conflitto Finale” fosse necessario sfruttare l’ondata di successo de “Le Origini” dando ai fan il giusto connubio fra presente e passato.
Riuscire a scrivere una sceneggiatura in grado di dare continuità alle varie peripezie vissute dai mutanti nell’arco di 14anni di pellicole non è certo un compito semplice, ed è per questo che Singer congela parte degli avvenimenti di Conflitto Finale presentando al pubblico uno Xavier ed un Magneto in piena forma ed alleati, di cui ci era già stato dato un assaggio nella scena post titoli di coda di “Wolverine l’immortale”.
Senza dilungarsi in spiegoni iniziali la pellicola sbatte in faccia allo spettatore la guerra tra umani e mutanti che si sta combattendo nel prossimo futuro.
Braccati dalle sentinelle, macchine da guerra col potere di assimilare i poteri dai mutanti, i seguaci di Xavier e Magneto appaiono incapaci di difendersi dagli attacchi.
L’unica speranza per sopravvivere sembra essere data da Kitty Pryde (Ellen Page) che con i suoi poteri manda la coscienza di Wolverine (Hugh Jackman) indietro negli anni settanta per cercare di impedire il programma di sviluppo delle sentinelle da parte del professor Bolivar Trask.
Giunto indietro nel tempo Logan dovrà cercare di convincere i giovani Charles Xavier (James Mc Avoy) e Erik Lehnsherr (Michael Fassbander) ad allearsi per un fine comune, ma i dissapori narrati nel prequel “Le Origini” non renderanno il compito semplice.
Sin dal primo fotogramma la pellicola di Singer appare travolgente ed esagerata.
Dopo una sequenza iniziale iperdinamica il regista proietta lo spettatore negli anni settanta cercando di evidenziare in ogni modo il contesto in cui si svolge gran parte della trama.
Questa viene per lo più portata avanti dalle gesta di Mystique e di Logan che occupano gran parte delle scene assieme a Xavier, Bestia e Magneto, anche se una delle sequenze più interessanti e spettacolari ci viene regalata da Quicksilver (Evan Peters) uno dei personaggi introdotti in questa pellicola.
Probabilmente l’ultimo episodio della saga dei mutanti ha il difetto di puntare tutto sull’esagerazione. L’eccesso si respira infatti in ogni angolo: il cupo e angosciante futuro, in cui non splende più nemmeno il sole è così esagerato da risultare stereotipato e profondamente posticcio così come gli anni settanta sono a tratti grotteschi seppure l’ambientazione risulti sempre molto ben curata.
Anche gli scontri sono portati davvero all’estremo così come la sofferenza mostrata da Xavier ma sicuramente l’aspetto che accusa più di tutto questa mania di grandezza è la sceneggiatura.
Il cast di Days of Future Past è davvero incredibile: in poco più di due ore di pellicola vengono collocati più di venti personaggi chiave con rimandi ai precedenti episodi (Striker) ed intrecci con la trama del nuovo film.
Come se ciò non bastasse vengono collocati anche degli spunti narrativi inediti che strizzano l’occhio al contesto storico-politico in cui sono inseriti (Kennedy e Nixon) cercando di dare nuovo sviluppo ai rapporti tra i protagonisti.
Ciò che a mio modo di vedere stupisce è il fatto che questa palese fiera dell’eccesso nonostante tutto regge e, salvo un momento davvero soporifero e un altro paio dominati dal nonsense, non stufa lo spettatore ma, al contrario, lo tiene incollato alla poltrona nell’attesa di vedere se davvero il futuro può cambiare o ormai quel che è deciso dal destino è legge.
Complici di questo risultato sono sicuramente gli attori che portano avanti lo sviluppo della trama. Oltre all’ormai ben rodato Jackman si apprezza moltissimo Jennifer Lawrence nel ruolo di Raven così come Peter Dinklage in quello di Trask. Anche Fassbander conferma le sue doti recitative regalando un giovane Magneto al pari della controparte anziana affidata a Mc Kellen.
Spettacolare anche il comparto degli effetti speciali che ha permesso di realizzare due tipologie di sentinelle davvero notevoli.
Probabilmente la pecca che più si nota nell’aver messo così tanta carne al fuoco è il fatto che certi sviluppi futuri della trama ci vengono rivelati con una semplice battuta (come quella di Pietro Maximof su suo padre) ma anche questa può essere una scelta di stile.
Onestamente ho apprezzato la pellicola di Singer perchè a mio modo di vedere costituisce un incredibile azzardo.
Pensare di portare in un unico film praticamente tutto il cast delle precedenti pellicole è uno sforzo che davvero merita un grande apprezzamento ma nel contempo è una scelta che comporta anche il sacrificio di alcuni ruoli che, seppur portati su pellicola da attori che si sono fatti apprezzare in lavori precedenti (Omar Sy è solo uno dei tanti esempi), sono limitati ad apparizioni di pochi minuti se non addirittura secondi.
Non era possibile dare coerenza e continuità a tutto l’universo cinematografico della saga e forse è proprio per questo che l’inizio del film è costruito come una sorta di ingiustificato salto nel vuoto, vero pretesto o escamotage per voltare pagina rispetto al mediocre terzo capitolo.
Probabilmente il difetto più grave, su cui non riesco proprio a soprassedere, è l’approssimatività con cui si è voluto mostrare il futuro. Anche questa è sicuramente una scelta dovuta al fatto che gran parte della trama si svolge altrove, ma quelle quattro pagode immerse nell’oscurità non mi hanno proprio detto nulla.
Per il resto se si riesce a soprassedere su alcuni sviluppi un po’ troppo sbrigativi (qualcuno sta forse pensando alla sequenza del binario che viene plasmato da Magneto ed inserito dentro alla sentinella?) e al fatto che certi personaggi sono stati relegati al semplice ruolo di comparsa “Giorni di un futuro passato” è una pellicola da vedere, anche solo per il semplice fatto di costituire nel contempo tanto l’epilogo quanto il punto di partenza per il reboot dell’intera saga, ma per capirlo conviene attendere la fine dei titoli di coda.