[Recensione] THOR

Il (pre)potente THOR

Thor torna nei “Vendicatori”! Evviva. Così si legge nella frase finale sullo schermo, e mentre gridiamo evviva, pensiamo: ma non fa un po’ pellicole naif anni ’70? La risposta è: sì! Perché, ragazzi, chi se ne frega di Kenneth Branagh alla regia, in fondo. Thor è esattamente come deve essere: un cinecomic arguto, spiccio, affascinante e ben realizzato. Equilibrato, oserei dire. Senza gli eccessi action/spettacolari di alcuni, senza tempi morti, senza (troppe) banalità e frasi ad effetto. E qui, perdonatemi, gran parte del lavoro a mio modesto avviso lo dobbiamo ad un signore che si chiama J. Michael Straczynski, che oltre ad essere l’autore del soggetto è uno dei migliori scrittori e curatori di fiction da quarant’anni a questa parte.

L’equilibrio narrativo è dunque un punto di forza di questa pellicola, il non uscire dalla righe l’aspetto da ammirare, il non credere troppo in se stesso risultando bolso e ridicolo un rischio reale che viene abilmente aggirato.

C’è davvero tutto, anche il giusto pizzico di pathos epico che male non fa (e vorrei vedere, con tutti ‘sti Asgardiani che si aggirano in armatura). E questo, in un film che deve accontentare il ragazzino di 14 anni come il nerd fumettaro esigente memore di Stan Lee/Jack Kirby, non è affatto da sottovalutare. E’ un fumettone? Sì. E’ godibile? Sì, godibilissimo senza risultare mai offensivo per il vostro cervello. Ci sono leggerezze ed errori? Ovvio, ma glielo perdoniamo.

Non fatevi irretire dalle recensioni troppo entusiastiche che stanno girando, però. Probabilmente rimarreste scottati. Thor, per quanto bello, alto due metri, biondo e con gli occhi azzurri non è il salvatore della patria del fumetto al cinema. E’ un ottimo risultato e un vertice della categoria, posto che nel Valhalla ci stanno Spider-man 2 e il Cavaliere Oscuro (due sequel: parliamone). Thor non ha l’empatia con il pubblico propria di un Peter Parker e i dilemmi esistenziali di Bruce Wayne e come figura, se non per gli esaltati di mitologia nordica sui generis, non può competere. Detto questo, l’umanizzazione del Dio riesce e convince… solo quando Thor scenderà dal suo piedistallo di arroganza per scegliere la via del sacrificio (sì, è sempre così la storia: lo sappiamo) riacquisterà il suo potere. Potente dunque, come leggenda vuole, senza quell’ingombrante –pre. E poi, come si suol dire: sono cazzi. Acidi. Per i cattivi.

Adesso, per i fan del “sì ma questo e quello”. Sì, gli attori sono tutti bravi. Chris Hemsworth sopporta bene il ruolo di protagonista, Tom Hiddleston è un gran Loki, Natalie Portman… è Natalie Portman che fa la ragazza prodigio svampita, santo cielo! Credete che io possa avere un giudizio sereno su questo? Ah, Thor è bloccato nell’Asgard, ho ancora tempo per conquistarla. Comunque anche la sua amichetta Kat Dennings la tengo d’occhio. Dicevamo? Hopkins… è Hopkins che fa Odino, un po’ come Liam Neeson è Liam Neeson che fa Liam Neeson che fa un personaggio a caso in qualsiasi film. Idris Elba è Heimdall ed è figo. Bla bla bla, Xena, Jackie Chan, Robin Hood e Porthos sono personaggi di contorno e basta (ARgggh! Una dovrebbe essere Sif, santo cielo!). Se state perdendo il filo vi perdono.

Nota di merito a scenografie e fotografia. Nota di demerito ai Giganti del ghiaccio che sembrano i gemelli freddolosi dei vampiri di Buffy. Potevano sforzarsi un po’ di più, per la barba di Odino (con rispetto parlando).

Adesso, da bravi, posate il martello e andate a letto. Che poi, con quel martello, al limite potete fare Old Boy, mica è Mjolnir.

E con questo, oltre a sottolinearvi che sono riuscito a scrivere di getto una recensione all’una e passa di notte su un film di Kenneth Branagh senza usare il cazzo di aggettivo shakespeariano che devono per forza utilizzare tutti quelli che capiscono di cinemaeteatroetuttociòcheruotaintorno, mi volete un po’ di bene?

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