Ecco perché Resident Evil 4 è il miglior remake della serie

Il remake di Resident Evil 4 è stato accolto con grande entusiasmo dagli appassionati delle avventure di Leon e Ashley. Fedele, appassionante e ricco di novità, il gioco è riuscito a sorprendere ed entusiasmare anche chi non riteneva che Capcom potesse tornare facilmente ai fasti di un tempo, soprattutto a fronte del recente passo falso compiuto con il rifacimento di Resident Evil 3. 

Eppure, Capcom ha operato con la massima attenzione per riuscire a non tradire nuovamente le aspettative dell’utenza. Ha accolto i feedback dei fan con l’obiettivo di riuscire a confezionare un remake che potesse mantenere intatta l’essenza di un capitolo che ha fatto la storia dei survival horror.

Ciò non vuol dire ovviamente che il gioco non abbia subito tagli e modifiche, ma è importante sottolineare come tutti siano inseriti in maniera oculata con il solo ed unico scopo di dare ancor più valore ad un cult che oggi resta intramontabile. Cerchiamo dunque di capire perché Resident Evil 4 resta il migliore dei remake proposti sino ad ora da Capcom, confrontandolo direttamente con l’intoccabile Resident Evil 2. 

Resident Evil 2: come ricostruire un cult

Il remake di Resident Evil 2 resta ad oggi uno dei punti più alti mai raggiunti in termini di rifacimenti videoludici, tanto da esser stato preso come principale punto di riferimento da chi ha voluto lanciarsi in un’impresa simile (basti pensare anche solo ad Electronic Arts e al suo recente remake di Dead Space).

Ma perché Resident Evil 2 è così osannato? Perché ad oggi viene ancora considerato come l’esempio perfetto di come andrebbe fatto un remake?

Ma perché Resident Evil 2 è così osannato? Perché ad oggi viene ancora considerato come l’esempio perfetto di come andrebbe fatto un remake? Perché l’operazione portata avanti da Capcom in realtà va ben oltre il semplice concetto di rifacimento/svecchiamento: Resident Evil 2 più che un remake nel vero senso del termine, resta una reinterpretazione del titolo originale. La casa di Osaka, infatti, non si è limitata a porre un nuovo vestito al suo celebre cult degli anni ’90, ma a reimmaginarlo pezzo per pezzo per renderlo sì lo stesso Resident Evil di sempre, nello stile e nell’anima, ma anche moderno e più adatto nel linguaggio agli standard odierni del mercato. Il risultato resta ancora oggi, a distanza di 4 anni dall’uscita, a dir poco incredibile. 

Mentre il racconto si arricchisce con nuovi elementi, nuove sfumature, un level-design aggiornato e personaggi ancor più caratterizzati, il gameplay, seppur svecchiato, rievoca in maniera intelligente i ritmi e gli elementi cardine dei survival horror anni ’90 al fine di donare anche veterani un’esperienza che risulti comunque nuova e sorprendente. Ciò che Capcom è riuscita a fare infatti con grande maestria è stato riproporre lo stesso tipo di esperienza, fedele nella struttura così come nei toni all’originale, arricchendola con un racconto più organico, più strutturato e più coinvolgente sotto ogni punto di vista. Resident Evil 2 resta dunque un ottimo esempio di come andrebbe fatto un remake ed i motivi sono da ricercarsi nella cura che è stata posta nel reimmaginare l’avventura del 1998, ma anche e soprattutto in questa sua doppia anima, in questo suo continuo oscillare tra il passato ed il presente della saga, tra tradizione e modernità. Un elemento che più di ogni altro rende Resident Evil 2 un remake straordinario, impreziosito da quel costante senso di tensione che oggi appare più angosciante e più vivo che mai.

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Resident Evil 4 Remake: l’evoluzione di una strategia vincente

Quando Capcom ha scelto di reimmaginare Resident Evil 4 è partita proprio da qui: dal suo Resident Evil 2 e da quell’approccio innovativo che gli ha permesso di riscrivere con grande maestria e equilibrio una pagina importante della storia videoludica. Confrontarsi con un gioco così iconico, come Resident Evil 4, ha rappresentato una sfida più che ardua per il team che ha dovuto trovare la giusta ricetta per riuscire modernizzare il gioco, senza snaturare l’esperienza originale. 

Per Capcom il fattore fedeltà ha giocato in questo caso un ruolo chiave: il team ha scelto infatti di operare pochissimi tagli al fine di mantenere intatto il core dell’esperienza del 2005. Proprio come in Resident Evil 2, anche nella versione rinnovata delle avventure di Leon e Ashley, la storia segue la sceneggiatura originale ma con alcune aggiunte in grado di rendere l’intreccio più esteso e curato grazie alla presenza di nuove cut-scene, nuovi dialoghi e di una caratterizzazione più spiccata dei personaggi. E anche nel raccontare gli eventi, il gioco riesce ad inserirsi in maniera più organica all’interno storyline della serie grazie all’approfondimento di alcuni legami e sezioni narrative. 

Uno degli aspetti più interessanti di Resident Evil 4 riguarda proprio la riscrittura di alcuni personaggi.

Uno degli aspetti più interessanti di Resident Evil 4 riguarda proprio la riscrittura di alcuni personaggi. Lo stesso Leon, ad esempio, appare come un personaggio molto più sfaccettato e maturo, segnato dagli orrori che ha dovuto passare nel suo primo giorno di lavoro al RCPD e formato da un duro addestramento. Mentre, Ashley risulta totalmente rinnovata sotto ogni aspetto, presentandosi come una ragazza capace di reagire al pericolo nonostante le difficoltà, più sveglia e più credibile nelle reazioni con una rivoluzione che si riflette anche nella sua gestione nelle fasi in cui si viaggia in due.

Un arricchimento che è possibile intravedere anche nella portata delle novità introdotte nel gameplay. Certo, l’impatto sul piano ludico non è lo stesso che si ha con Resident Evil 2 che nel ripresentarsi al pubblico dopo vent’anni è apparso totalmente rinnovato, ma le poche meccaniche introdotte in Resident Evil 4 non fanno altro che limare e perfezionare una formula che già di base era quasi perfetta. In sostanza, il gioco resta un survival in terza persona ma con un approccio ancor più improntato all’azione grazie alla presenza di tutta una serie di interventi che permettono al giocatore di avere a disposizione un’ampia selezione di possibilità strategiche e di vivere gli scontri in maniera ancor più entusiasmante ed adrenalinica. 

La scelta di non operare alcuno stravolgimento sul fronte ludico resta, però, più che ovvia: nonostante si tratti di un titolo di 18 anni fa, rispetto ai suoi predecessori, Resident Evil 4 era comunque contraddistinto da un assetto ludico moderno con un gameplay capace di mirare verso l’azione più spinta e con soluzioni più dinamiche. Il tutto accompagnato dalla presenza di una telecamera “over-the-shoulder”. Parliamo dunque di un titolo che rispetto a Resident Evil 2 e 3 non aveva bisogno di chissà quale operazione di svecchiamento profondo. Uno dei grandi meriti di Capcom per questo rifacimento, infatti, è di aver valorizzato un titolo già di per sé estremamente valida sul piano ludico, andando a eliminare tutti quegli orpelli vetusti (come i QTE, ad esempio) e introducendo piccoli cambiamenti in grado di arricchire in maniera virtuosa ed intelligente l’esperienza. 

Resident Evil 4 è un remake quasi impeccabile che porta a naturale evoluzione l’approccio seguito da Capcom al tempo di Resident Evil 2.

Resident Evil 4 è un remake quasi impeccabile che porta a naturale evoluzione l’approccio seguito da Capcom al tempo di Resident Evil 2. Questo remake segue infatti le orme di quanto fatto con il titolo del 2019, operando una riscrittura virtuosa dell’intreccio e introducendo diverse novità anche sul fronte ludico e del level-design, in perfetta armonia tra tradizione e modernità. Ne esce un’esperienza rinnovata e fresca persino per i veterani delle serie e che viene privata di inutili eccessi per essere invece rifinita esattamente dove serve e senza alcun tipo di sbavatura. Laddove Capcom con RE 2 ha posto l’accento sul modernizzare il linguaggio e l’assetto ludico per donare ai giocatori un gioco del tutto nuovo,  Resident Evil 4 sceglie invece di abbracciare la dimensione della “modernizzazione rispettosa”, con un’attenzione ed una cura al dettaglio che supera di gran lunga quanto fatto dalla casa di Osaka con i suoi precedenti remake. Un elemento che dimostra come il team abbia ormai imparato dai suoi errori, così come dai suoi successi, arrivando ad affinare una formula che già in passato si era dimostrata pienamente vincente.

A questo punto viene da chiedersi quale sarà il futuro dei rifacimenti targati Capcom. Oramai la strada imbastita dalla casa di Osaka sembra essere abbastanza chiara: l’obiettivo è quello di creare un vero e proprio reboot della serie, mettendo ordine in anni di lore frammentata tra videogiochi, libri e fumetti creando un racconto più organico ed equilibrato. Ad ogni modo la cosa non ci preoccupa troppo, perché, vista la qualità degli ultimi capitoli, non possiamo che fidarci di quanto Capcom vorrà fare in futuro.

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