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20 film a tema LGBTQ+ da recuperare per il mese del Pride

film a tema LGBTQ+

Siamo nel mese di giugno del 1969, per la precisione della notte tra il 27 e il 28, quando la polizia newyorkese si rende protagonista dell’ennesima irruzione di quegli anni in un bar gay. All’epoca tali “retate” erano tristemente all’ordine del giorno e, di solito, la motivazione era la sedazione di incredibili atti di indecenza e il caso sopracitato non fa eccezione. Allora quale fu la particolarità, direte voi, che lo ha reso degno di menzione? La risposta non sta tanto nell’atto delle forze dell’ordine, quanto  in quello dei frequentatori del locale che erano lì quella notte, perché, per la prima vera volta, decisero di ribellarsi. Il bar era lo Stonewall Inn, nome con il quale vennero battezzati i moti della comunità gay per la lotta per la conquista di diritti civili. Un anno dopo, il 18 giugno del 1970, a New York, si tenne la prima parata del Gay Pride.

Sono passati 51 anni e il Pride Month è, ad oggi, divenuto un appuntamento annuale internazionale che celebra e continua la lotta della comunità LGBTQ+. Un’occasione per ricordare chi ha combattuto, festeggiare i risultati ottenuti e continuare un percorso di dignità, libertà e riconoscimento sociale e civile.

Il cinema, come tante altre forme di linguaggio, si è occupato, a suo modo, di raccontare la storia della realtà di questi “emarginati”, sfruttando la sua capacità unica di farsi lente sia autoriale che di cronaca, ma ha storicamente faticato a trattare le tematiche in un modo che fosse all’altezza della complessità che esigevano. L’immaginario gender e transgender è stato, bene o male, presente fin dai primi anni, nonostante il Codice Hays, regalando anche, negli anni ’60, delle figure iconiche in materia di travestismo, ma, ovviamente, sempre caricaturizzate. Solo recentemente, con una presa di coscienza maggiore dal punto di vista politico e sociale (e tante, tante, tante lotte della comunità LGBT), il cinema ha trovato degli autori e dei filoni che hanno posto un occhio più attento a queste tematiche, mossi dalla voglia di raccontare un lato da sempre delegittimato della natura umana.

Abbiamo qui raccolto una lista di 20 film a tema LGBTQ+ da recuperare per il mese del Pride 2021, cercando proprio di proporre una selezione che fosse in grado di raccogliere i tanti modi in cui il cinema è riuscito a raccontare in modo efficace tale realtà e lo spettro di tematiche connesse.

Before Stonewall (1984)

Before stonewall

Abbiamo aperto l’articolo parlando dei moti di Stonewall, data zero dell’inizio delle manifestazioni gay per la conquista dei propri diritti. Ma quale era la realtà della comunità prima dell’inizio di questi movimenti?

Ce lo racconta Before Stonewall del 1984, il primo della nostra lista di 20 film a tema LBGTQ+.

Questo bellissimo documentario è narrato dall’autrice femminista Rita Mae Brown, co-diretto da Greta Schiller e Robert Rosenberg, entrambi anche produttori insieme a John Scagliotti. Il film, presentato in anteprima al Toronto Film Festival di quell’anno fu distribuito negli USA in occasione del Pride del 1985, per poi essere proiettato più volte per diversi anniversari, fino ad essere inserito, nel 2019, nel National Film Registry per i suoi meriti “culturali, storici ed estetici”.

Before Stonewall parte con la sua narrazione dai primi anni del ‘900, raccontandoci di quando intorno all’omosessualità non era nato neanche un possibile dibattito. Etichettata, senza se e senza ma, come una forma di perversione, una nevrosi che affondava le sue radici in un problema profondo e la cui unica soluzione era una cura, una correzione medica. Le alternative, per chi ne fosse stato colpito, erano la segretezza o la morte. La pellicola racconta della realtà gay durante la Seconda Guerra Mondiale, della nascita, tra gli anni ’40 e i ’50 dei primi locali per omosessuali e dell’origine di alcuni quartieri “più liberi”, come Harlem.

Un lavoro impressionante di ricerca di materiali e immagini d’archivio, raccolte e organizzate secondo un montaggio in grado di fondere toccanti racconti personali a vicende più ampie. Un documento di inestimabile valore per chiunque voglia approfondire la storia della comunità LGBT.

Paris is burning (1990)

Paris is burning

Ci spostiamo appena 6 anni avanti nel tempo per presentarvi un altro pluripremiato documentario, altrettanto illuminante nel viaggio alla scoperta della vita di una comunità altrimenti sconosciuta ai più.

Paris is burning del 1990, diretto dalla regista e attivista Jeannie Livingston, racconta la realtà dei drag ball di New York e, più in generale, della ball culture, una sottocultura della comunità LGBT caratterizzata dalla partecipazione a competizioni di ballo che si tenevano in delle “houses” dedicate e composta principalmente da omosessuali, transgender e drag queen afroamericani e latinoamericani. Il titolo del film è ispirato, infatti, al nome della famosa drag queen Paris Dupree.

In un percorso scandito da interviste ad importanti personalità di quella realtà, vengono descritte nei minimi dettagli il funzionamento della comunità: dall’organizzazione dei balli alla condizione delle artiste, vittime di soprusi di ogni tipo e, per larga parte, costrette ad una situazione di povertà estrema, passando per l’analisi del rapporto tra cultura drag e transessualità.

Un lavoro meravigliosamente accurato, attento e arricchente, per chiunque lo guardi, specialmente oggi, che il bisogno di ricordare è ancora più importante.

Philadelphia (1993)

Philadelphia

Per il primo film di finzione della nostra lista di 20 film a tema LGBTQ+ prendiamo il cult di Jonathan Demme del 1993, Philadelphia, uno dei manifesti cinematografici dei primi anni ’90, nonché una delle primissime pellicole a trattare la tematica dell’AIDS.

La pellicola con protagonisti Tom Hanks (vincitore dell’Oscar come migliore attore protagonista) e Denzel Washington racconta della vicenda di Andrew Beckett, avvocato di punta di uno degli studi più prestigiosi della città, ma anche gay e malato di AIDS, ma, soprattutto, malato di AIDS perché gay e della sua lotta legale per licenziamento ingiusto. Lo affiancherà un altro avvocato, Joseph Miller, attraverso il quale lo spettatore ha modo di vivere un percorso di difficile accettazione, anche da parte di una persona corretta e un cittadino giusto, ma pur sempre condizionato da un clima di chiusura estrema verso la realtà omosessuale, peggiorato dalle nevrotiche credenze riguardo la “peste dei gay”.

Nel corso del processo si approda piano piano alla consapevolezza di stare assistendo ad un dibattito non riguardante una malattia, ma un individuo, percepito come distorto, diverso e contronatura da loro, gli eterosessuali, che dietro il “se l’è andata a cercare” nascondono tutta la loro avversione verso un uomo, imperfetto, come loro.

Disponibile su Prime Video.

Boys don’t cry (1999)

Boys don't cry

Basato su un fatto di cronaca, Boys don’t cry del 1999 diretto da Kimberly Pierce lancia una sconosciuta Hilary Swank direttamente alla vittoria dell’Oscar come migliore attrice protagonista e porta sul grande schermo la storia di Brandon Teena, ragazzo transgender tragicamente scomparso nel 1993. C’è anche un documentario del 1998 dedicato alla vicenda, The Brandon Teena Story.

La pellicola racconta di un percorso di accettazione già compiuto dal protagonista e di un’appropriazione raggiunta della propria identità, elementi che si vanno però a scontrare con il pregiudizio imperante della provincia americana, la più depressa e la più chiusa di tutte. Una vicenda narrata in modo crudo, oscuro, quasi claustrofobico, sicuramente opprimente, per chi, forse ingenuo, ha deciso di ascoltare se stesso, invece che gli altri.

Disponibile su Disney +

Hedwig – La diva con qualcosa in più (2001)

Hedwig - la diva con qualcosa in più

Di ben altro tono è Hedwig – La diva con qualcosa in più, il film del 2001 diretto da John Cameron Mitchell e tratto dal musical Hedwig and the Angry Inch, sempre del regista texano, grande successo nei teatri off di Boradway.

Hansel (un nome da fiaba) è un bambino tedesco dall’infanzia resa difficile dalla presenza di una madre puritana e di un padre molestatore, che, come nelle migliori storie, appunto, si innamora di un militare americano, pronto a sposarlo a patto che cambi sesso, “se vuoi andare via, devi lasciarti qualcosa alle spalle“. L’operazione, avvenuta a Berlino, non riesce però proprio alla perfezione e, arrivata in America, Hedwig, abbandonata, dovrà cavarsela da sola. Decide quindi, seguendo le orme dei suoi idoli, David Bowie e Lou Reed, per il palcoscenico, luogo dove può essere realmente se stessa.

Intrecciandosi con la tradizione delle produzioni dedicate alle vicende ascrivibili all’immaginario glamrock, Mitchell confeziona un film intrigante, che riesce a bilanciare un ottimo comparto musicale con il percorso di un protagonista dalla personalità straordinaria, presentandoci un ritratto autentico di una vita passata alla ricerca di se stessi, accettandosi quotidianamente e arrivando a compromessi con il proprio destino, senza rinunciare a mettersi al centro del proprio mondo. Anche se dal mondo si viene traditi.

Le fate ignoranti (2001)

Le fate ignoranti

Il primo titolo italiano della nostra lista dei 20 film a tema LGBTQ+ non poteva che essere Le fate ignoranti (2001) di Ferzan Özpetek, autore che ha fatto della narrazione della comunità LGBT una missione artistica, divenendo presto il più apprezzato nel nostro Paese (anche, bisogna dire, per la concorrenza praticamente nulla).

Il tono del regista è sempre stato di presentare allo spettatore una sorta di favoloso “mondo nascosto” in cui comunità, socialità, amicizia coincidono con famiglia. Un ecosistema dove approdare ad una vita libera ed autentica, un posto dove trovare se stessi, a discapito di tutto il resto.

Ne Le fate ignoranti si narra della scoperta di questo mondo, magnificamente nascosto dal marito deceduto, da parte di Antonia (Margherita Buy), la quale, dopo un iniziale attrito capirà il perché l’uomo che pensava di conoscere se ne era innamorato al punto da escludere tutti, persino lei. Questo mondo nascosto non è però un luogo esclusivo, ma è ,anzi, per sua natura, accogliente nei confronti di chiunque, a patto che si decida di mettere da parte tutte le rigidi regole dell’altra vita e lasciarsi guidare solamente dal proprio cuore.

Disponibile su Prime Video con iscrizione ad Infinity Selection

Le Fate Ignoranti: al via le riprese della serie TV di Ferzan Ozpetek

Transamerica (2005)

Transamerica

Da una pellicola che narra di una famiglia non di sangue scoperta per (s)fortuna passiamo ad un’altra, che si occupa della ricostruzione di un rapporto genitore/figlio, perso tempo fa e ora essenziale per poter andare avanti.

Nel suo esordio cinematografico, Transamerica (anno 2005), Duncan Tucker ci presenta Bree (interpretata da Felicity Huffman, la cui prova è stata premiata dalla vittoria del Golden Globe), una raffinata donna transgender in procinto di effettuare l’operazione per il cambio di sesso. Destino però vuole che poco prima di raggiungere la cifra necessaria, la donna viene a sapere di avere un figlio, Toby, orfano di madre e detenuto in un carcere minorile. Restia a incontrarlo, Bree viene però obbligata dalla sua psicoterapeuta, che in caso contrario non avrebbe firmato l’autorizzazione per la procedura medica.

Quello di Tucker è il racconto on the road di uno spaccato comune ad un doppio racconto di formazione, che per i due protagonisti arriva in un momento diverso del loro percorso, ma senza il quale nessuno dei due può procedere. L’intreccio che si crea tra Toby e Bree ci parla della necessità di un passato e di un futuro e di una ricostituzione di una storia personale per poter avere un proseguo reale. Una mutua accettazione, sincera e quindi condizionata dalla veridicità di un rapporto familiare, che nulla a che vedere con la determinazione sessuale, ma solo con quella individuale, in modo che si possa essere riconoscibili da sé e dall’altro.

Disponibile su Prime Video.

I segreti di Brokeback Mountain (2005)

I segreti di Brockeback mountain

Con I segreti di Brokeback Mountain, Leone d’oro a Venezia nel 2005 e basato sul racconto Brokeback Mountain di Annie Proulx (in Italia conosciuto come Gente del Wyoming), Ang Lee regala al grande pubblico una delle storie d’amore più intense e coinvolgenti del nuovo millennio.

Siamo all’inizio degli anni ’60, Jack Twist (Jake Gyllenhaal), solare ed appassionato di rodei, e Ennis Del Mar (uno straordinario Heath Ledger), chiuso e riflessivo, sono due giovani alla ricerca di un lavoro stagionale e che, casualmente, si trovano ad essere ingaggiati dal medesimo allevatore. Il lavoro consiste nel condurre il suo gregge nella località di Brokeback Mountain, per tutta la stagione. Durante la convivenza forzata i due scoprono un interesse reciproco che sfocia, dopo qualche tempo, in un rapporto sessuale. Un evento catalizzante, che non uscirà dalle loro menti neanche una volta terminato l’impiego o dopo aver perso i contatti. Basterà infatti un solo nuovo incontro per riscoprire la passione.

È un amore travolgente quello del film, virile, potente e indomabile. Spaventoso per entrambi, chiusi nella prigionia della cultura e della società in cui sono nati e cresciuti, ma temibile anche per i loro cari, vittime collaterali di un sentimento che non può essere frenato.

Acquistabile o noleggiabile su CHILI.

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Milk (2008)

Milk

Uno dei film più importanti di Gus Van Sant è anche uno dei biopic più necessari del XXI secolo, arricchito dall’interpretazione di Sean Penn, bagnata dalla vittoria dell’Oscar come migliore attore. L’altra statuetta andò a Dustin Lance Black, per la miglior sceneggiatura originale.

Milk si prende l’impegno di raccontare la vicenda personale di Harvey Milk, leader, attivista, amante e primo gay dichiarato ad essere eletto ad una carica politica negli Stati Uniti, intrecciando il racconto personale dell’uomo con un meticoloso resoconto storico della condizione della comunità gay dell’epoca, al centro di numerose lotte per la conquista dei proprio diritti.

Nello specifico la pellicola racconta gli ultimi 8 anni della vita di Milk, da quando abbandonò la carriera di assicuratore per trasferirsi a San Francisco ed aprire il Castro America, il famoso negozio di fotografia poi divenuto un punto di riferimento della comunità gay, fino al suo assassinio per mano di Dan White. In mezzo il racconto di un’epoca politica passata a lottare, perdere, rialzarsi per poi lottare, perdere e rialzarsi, fino al raggiungimento di una vittoria storica, poi legittimata con la sconfitta della Proposition 6.

Milk è un biopic importante, che ricorda una stagione di febbricitanti proteste, informando lo spettatore di una figura divenuta fondamentale per la comunità gay americana, ma, soprattutto, è un film che parla della prima, vera, rottura delle catene. Lo spartiacque tra un’epoca in cui era impossibile rivelarsi ed un’altra in cui l’unica rivoluzione attuabile iniziava con l’urlare chi si era alla luce del sole. Una vittoria già di per sé.

Disponibile su Prime Video.

Tomboy (2011)

Tomboy

Proseguiamo la nostra lista dei 20 film a tema LGBTQ+ con il delizioso Tomboy (2011) di Céline Sciamma, una delle registe più impegnate a trattare questo tipo di tematica nel panorama internazionale.

Un racconto di formazione innocente e delicato, come un’avventura estiva, come uno spaccato d’infanzia.

Laure è una bambina di 10 anni, che, un po’ per gioco e un po’ per necessita, approfitta del trasferimento in un nuovo quartiere per reinventarsi, presentandosi a tutte le nuove conoscenze come Mickael, all’apparenza un perfetto esempio di maschietto pronto a farsi valere nel gruppetto di amici, dunque, perché no, perfetto fidanzatino di Lisa, una bambina del quartiere. Il tempo del gioco è però drammaticamente scandito dall’avvicinarsi del primo giorno di scuola, una data che segnerà un cambiamento delle regole definitivo e trasformerebbe tutto in realtà. Che sia questo il giusto esito per una cosa nata con così tanta ingenuità e continuata solo tra giochi, risate e primi baci?

La Sciamma qui propone un racconto in continua fuga da ogni tipo di rigida definizione, anche interpretativa, proponendo una vicenda individuabile solo secondo i canoni dell’infanzia e, dunque, lontana dalle logiche dei grandi. Una storia che ci parla di una libertà utopica, spensierata e istintiva, che non ha bisogno di legittimarsi o di giustificarsi. Una libertà possibile solo quando si è bambini, del tipo che, per rimanere eterna, può anche durare il tempo, appunto, di un’avventura estiva.

Disponibile su Prime Video.

Laurence anyways e il desiderio di una donna… (2012)

Laurence anyways

È un film complesso, la terza fatica di Xavier Dolan, che dopo il suo fulminante esordio e il più contenuto Les Amours imaginaires, imbastisce una storia dal tenore universale, sproporzionata di minutaggio, ma attenta, scrupolosa e appassionata come poche altre esistenti sulla tematica.

Laurence anyways è un film sul divenire noi stessi, realistico, attuale, duro, che non fa quasi mai sconti, e, allo stesso tempo, un ritratto poetico che racconta il privilegio di essere un emarginato, in cui il giovane regista mette tutta la sua vena autoriale, osando come mai nell’estetica, nel montaggio e nell’utilizzo della musica.

Siamo nell’ultimo decennio del secolo scorso, a Montréal. Nel giorno del suo trentacinquesimo compleanno, Laurence, stimato professore di letteratura francese, urla alla sua compagnia Fred: “Io sto morendo.“, spinto dal senso dal senso di prigionia in cui si trova da sempre, una impostora, una donna nel corpo di in un uomo che adesso avverte il bisogno di dover essere, finalmente, se stessa. Così inizia la nuova vita di Laurence, i cui primi gemiti passano necessariamente per dolori familiari, professionali e sentimentali.

Un melò in cui “l’altro” è sempre uno dei due, incentrato sul racconto di un sentimento d’amore di incredibile potenza, ma a cui forse viene chiesto troppo, in un contesto in cui si parla dell’accettazione del diverso nell’epoca moderna (tema su cui Dolan è tornato in Mathias & Maxime). Anche quando “l’altro” è sempre la stessa persona.

Disponibile su Prime Video.

La vita di Adele (2013)

La vita di Adele

Adattamento cinematografico della graphic novel di Julie Maroh, “Il blu è un colore caldo“, La vita di Adele di Abdellatif Kechiche è la Palma d’oro di Cannes66.

Adèle (Adèle Exarchopoulos) è una liceale piena di curiosità, persa tra le fantasie ispirate dalle letture, aperta alla vita e bramosa di andare incontro alle mille esperienze che è sicura siano già pronte ad attenderla. Eppure la ragazza mal si adatta alla sua cerchia di amici e, soprattutto, a quelli che dovrebbero essere i suoi lidi amorosi. Tutto le diventa chiaro quando incontra Emma (Léa Seydoux), un’aspirante pittrice con i capelli blu, di qualche anno più grande, in un locale gay.

Storia di formazione prima che d’amore, o, meglio, storia di un amore che porta alla maturazione, un sentimento che ha la potenza e la fragilità della vita, piegato all’imprevedibilità del cambiamento e alla necessità di non spegnersi mai, ma che, paradossalmente, ad essa mal si adatta.

Un intenso trattato di quasi 3 ore, che ci parla di un sentimento che sconta il passare delle stagioni, giusto solo nel suo stato ideale, immobile, ma non per questo meno degno di essere provato, in tutti i suoi aspetti.

Disponibile su Netflix e Prime Video.

Pride (2014)

Pride

Presentato al Festival di Cannes del 2014 e tratto da una incredibile e toccante storia vera, Pride di Matthew Warchus racconta di un’improbabile sodalizio tra un gruppo della comunità gay di Londra e uno di minatori di un paesino del Galles, uniti dalla avversione verso le scelte politiche di Margaret Thatcher.

Appena dopo il Gay Pride del 1984, un giovane attivista gay decide di raccogliere dei fondi per aiutare i minatori, fondando un gruppo chiamato LGSM (Lesbians and Gays Support the Miners). I volontari ci metteranno però parecchio a trovare qualcuno che voglia accettare il loro aiuto, vittime di un ostracismo morale prima che sociale, finché non si imbatteranno in una piccola comunità, con la quale, dopo un inizio faticoso, istaureranno un rapporto di fiducia ed amicizia, che culminerà nella partecipazione congiunta nel Pride dell’anno successivo.

La pellicola di Warchus (che vanta un cast d’eccellenza) riesce ad amalgamare in modo efficace i classici toni della commedia british (vedi Full Monty e via dicendo) per raccontare una vicenda di importante valenza storica, trattando temi come il coming out in famiglia, l’AIDS, l’omofobia e, soprattutto, il senso della comunità, l’importanza di essere orgogliosi di se stessi e delle proprie battaglie.

Disponibile su Prime Video.

Pride, Disney+

The Danish Girl (2015)

Danish girl

Adattamento dell’omonimo romanzo di David Ebershoff, a sua volta liberamente ispirato alle vite delle pittrici danesi Lili Elbe e Gerda Wegener, The Danish Girl di Tom Hopper è una pellicola in costume delicata, in cui il regista decide di affidarsi ad una narrazione ariosa per raccontare un dramma soprattutto corporeo.

Ambientato tra Copenaghen e Parigi, tra la fine degli anni ’20 e i primi ’30, il film racconta la storia d’amore tra Einar e Gerda Wegener, e della sua incredibile forza, all’altezza di permettere all’uomo una transizione che mai aveva avuto neanche il coraggio di immaginare. In altre parole di permettere ad Einar di diventare Lili Elbe, inizialmente solo la modella per le creazioni della moglie e poi, man mano, uno nuovo spirito, una nuova lei.

Se colui che sta sotto i riflettori è Eddie Redmayne (interprete di Lili), il cuore nevralgico del film è la figura della moglie interpretata da Alicia Vikander (vincitrice dell’Oscar per la miglior attrice non protagonista), figura di incredibile candore e pacatezza, anima comprensiva e dall’amore incondizionato, che accompagnerà Lili anche quando deciderà di sottoporsi ad un’operazione per il cambio di sesso. Fino alla fine.

Noleggiabile o acquistabile su Google Play.

The Danish Girl

Carol (2015)

Carol

Rimaniamo nello stesso anno per il prossimo film della nostra lista dei 20 film a tema LGBTQ+ e passiamo a Carol di Todd Haynes, basato romanzo d’amore del 1952 The Price of Salt di Patricia Highsmith e con protagoniste Cate Blanchette e Rooney Mara.

Primi anni ’50, a New York, coordinate spaziotemporali dell’incontro tra Therese Belivet, giovane impiegata in un grande magazzino e aspirante fotografa, contesa da mille ammiratori, e Carol, una donna attraente e malinconica, imprigionata in un matrimonio da cui vuole solo uscire. La città è l’eco di quel legame, lo stesso che costringe le due donne a vivere dentro una società dalle regole soffocanti e dagli sguardi giudicanti.

Therese e Carol decidono quindi di fuggire, viaggiando verso Ovest, alla ricerca di una nuova libertà, su misura del loro amore.

Haynes si concentra nel raccontare il lato gelido, claustrofobico e terrorifico dell’America della Guerra Fredda, nel quale si annidano i demoni di un sistema di valori puritano e della cultura domestica, in cui l’omosessualità era considerata ancora un disturbo della personalità. Un mélo incatenato, che trova la sua ora d’aria solo nel riconoscimento reciproco delle sue protagoniste.

Noleggiabile o acquistabile su Prime Video.

Moonlinght (2016)

Moonlight

Premio Oscar come miglior film nel 2016, Moonlight di Barry Jenkins è una pellicola intensa, dolceamara, in grado di unire un’ottima resa delle difficoltà di crescere, da emarginato e senza punti di riferimento, in una sottocultura suburbana condannata e chiusa in se stessa.

La pellicola racconta la vita di Chiron, dall’infanzia all’età adulta, dividendo il racconto in tre macromomenti. Il primo ce lo mostra in versione “Little”, alle prese con una infanzia resa problematica dai suoi coetanei e dai problemi con la madre, che lo portano a trovare asilo presso una coppia senza figli. Nel secondo viene raccontata la degenerazione di tutti i rapporti del ragazzo, sia con i compagni di scuola che con la figura materna, ma in cui c’è anche spazio a sufficienza per Kevin: un incontro sulla spiaggia, di sera. Il primo, vero, rendez-vous del ragazzo con se stesso. Nell’ultimo Little è divenuto Chiron, un ragazzo che ha trovato il suo posto nel difficile mondo che la società ha riservato per quelli come lui, pagando prezzo della soppressione del ricordo del ragazzo sulla spiaggia, che però è sempre lì, pronto ad essere svegliato da una telefonata, nel cuore della notte.

Jenkins confeziona una pellicola intelligente, che, partendo da presupposti classici, riesce, in modo sorprendente, ha fare tante cose: riportare uno spaccato credibile di una vita passata da diverso tra i diversi, raccontare una scoperta di se stessi e la successiva presa di coscienza della forza che necessita continuare ad esserlo, ma anche della fortuna che si ha ad averla, quella forza, o almeno ad avere qualcosa, o qualcuno, per cui vale la pena trovarla.

Noleggiabile o acquistabile su Prime Video.

moonlight

Call me by your name (2017)

Call me by your name

Il secondo film italiano della nostra lista di 20 film a tema LGBTQ è firmato Luca Guadagnino.

Call me by your name del 2017, adattamento del romanzo omonimo di André Aciman, la cui sceneggiatura è valsa il premio Oscar a James Ivory, è la storia di un’estate passata tra le campagne e i paesini del Cremasco, teatro della nascita di un amore idealizzato, senza passato e senza futuro e, quindi, eterno.

Come ogni sentimento che si rispetti è però vissuto in maniera differente, a seconda delle stagioni della vita in cui ci si imbatte. Per Elio è la scoperta. Scoperta di se stesso e scoperta del sentimento in sé. Una prima volta, la prima volta. Amante studente, ardente di passione, bramoso di imparare, impaziente di essere all’altezza di se stesso. Per Oliver, lo straniero, è la sorpresa di riconoscersi in un’altra persona, di essere in grado di lasciarsi andare, di scoprirsi maestro.

Un amore né adulto né bambino, un amore che significa imparare a stare al mondo, vivo, per sempre, tra le campagne e i paesini del Cremasco. In estate.

Disponibile su Netflix.

120 battiti al minuto (2017)

120 battiti al minuto

Premiato a Cannes70 con il Grand Prix Speciale della Giuria e con la Queer Palm, 120 battiti al minuto è il terzo film di Robin Campillo, ispirato a fatti realmente accaduti che hanno coinvolto l’organizzazione no-profit Act Up-Paris, di cui il regista stesso è stato un militante.

Primi anni ’90, gli attivisti del gruppo Act Up-Paris porta al limite il proprio impegno per sensibilizzare, sconquassare, attivare l’opinione pubblica sul tema dell’AIDS, sottaciuto o ignorato nonostante i sempre più numerosi a morire a causa sua. In mezzo alle iniziative, mai violente, sempre creative, nasce l’amore tra Nathan, il neofita in cerca di una redenzione, e Sean, istrionico e carismatico leader. Il loro è un sentimento che va veloce, inseguito da un destino beffardo, che lo condurrà ad una fine prematura, ingannabile solamente non perdendo mai il giusto ritmo.

Campillo scrive e dirige un film straordinario, lavorato sulla velocità delle contingenze e l’intensità dei sentimenti. Una storia narrata dalla rabbia, dal sangue (finto o vero) e dal rumore, armi contro quel silenzio, maledetto, che uccide e mortifica. L’unico modo per vivere è il coraggio di riconoscere la malattia, svelarne l’identità, e sentirsi legittimati ad urlare il suo nome.

Disponibile su Prime Video.

Coming out (2018)

Coming out

Debutto cinematografico atipico per il computer graphics Dennis Parrot. Coming Out del 2018 è un documentario francese sui generis, pensato e improntato come un collage di video privati (19), resi pubblici tramite caricamento su YouTube dagli interpreti (per lo più adolescenti), in cui viene immortalato il momento della “rivelazione” alla propria famiglia.

Una doppia presa di coscienza, uno scossone leggibile in più modi. Da una parte, di nuovo, abbiamo la prova della potenza di internet, enorme palcoscenico digitale in cui è possibile testimoniare e condividere qualsiasi cosa. Una fortuna per chi ha bisogno di punti di riferimento, per chi non vuole sentirsi solo. Dall’altra, l’incredibile arretratezza in cui, ancora oggi, siamo impantanati, ancora lontani da una mentalità in cui l’omosessualità può essere considerata una delle realtà possibili e non una declinazione da fuggire e reprimere.

Nell’idea di Parrot e di tutti i ragazzi dietro ai video il coming out torna ad essere un’affermazione di se stessi, il grido di una volontà, la pretesa di essere riconosciuti e rispettati. Internet è la possibilità di dirlo al mondo intero.

Ritratto della giovane in fiamme (2019)

Ritratto della giovane in fiamme

Per l’ultimo film della nostra lista di 20 film a tema LGBTQ+ torniamo ancora una volta da Céline Sciamma e parliamo del suo Ritratto della giovane in fiamme, vincitore del Prix du scénario al Festival di Cannes 2019.

Siamo in Francia, nella seconda metà del 700. Marianne, una pittrice, si reca in Bretagna per eseguire un ritratto su commissione ad Héloïse, giovane donna appena uscita dal convento per convogliare a nozze al posto della sorella scomparsa. La ragazza non vuole però sposarsi e dunque si rifiuta anche di posare per Marianne, la quale deciderà di catturare l’immagine di Héloïse osservandone gesti e forme, memorizzandone ogni aspetto e disegnare in segreto. In questo lento e appassionato gioco di sguardi la pittrice però vede qualcosa di sé nell’oggetto del suo lavoro, un qualcosa che non si era mai permessa di vedere.

In questo splendido film la Sciamma riesce a far coniugare il percorso di accettazione e di scoperta di sé con quello di autoaffermazione e, dunque, di emancipazione, sessuale e politica. La regista trova nel contesto storico in cui è ambientata la storia la cornice perfetta per affrontare un tema così moderno e renderlo senza tempo. Universale ed eterno.

Acquistabile su Prime Video.

Bonus: Il mondo che verrà (2020)

Il mondo che verrà

Pensavate fosse finita eh? E invece no. Alla fine della lista vi proponiamo un’ultima pellicola, un film extra, ma non per questo meno valido degli altri.

Vincitore del Queer Lion alla 77ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Il mondo che verrà di Mona Fastvold, tratto dall’omonimo racconto di Jim Shepard, anche co-sceneggiatore assieme a Ron Hansen, ci racconta di un amore fuori dal mondo, fiamma in un buio assoluto, visibile anche a chi non la cerca più.

Nel 1856, nella contea di Schoharie, stato di New York, c’è una fattoria abitata da una giovane coppia di sposi, Abigail (Katherine Waterston) e Dyer (Casey Affleck). Una donna e un uomo onesti, grandi lavoratori, ma la cui vita insieme è stata irrimediabilmente segnata dalla perdita della loro bambina. Abigail non crede più a Dio, né alla bontà del mondo e, nel suo intimo, ha perso ogni prospettiva. Con la primavera però arriva Tallie (Vanessa Kirby), solare ed estroversa, sposata a sua volta. Tra le due donne nascerà un legame profondo, intenso, sinonimo di ardore per la vita e speranza ritrovata.

La Fastvold racconta una storia che parla di un sentimento spiazzante, anche per le protagoniste coinvolte. Come un fenomeno alieno, intraducibile in una ipotetica lingua comune, una violazione per la realtà in cui vivono le due donne. Una violazione anche cinematografica, come quella di far convivere il western e questa versione del mélo. Un amore che sa di futuro, una base nuova su cui poter immaginare un nuovo mondo, al di là di quello conosciuto.

Noleggiabile e acquistabile su Chili, Prime Video e Rakuten Tv.

recensione di The World To Come

 

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