Il 25 gennaio arriva finalmente nelle sale italiane Chiamami col tuo nome, film di Luca Guadagnino tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman, con protagonisti gli splendidi Timothée Chalamet e Armie Hammer, interpreti di due anime belle che scoprono l’amore in un’estate che cambia la loro vita per sempre.

Chi non ha mai avuto una ferita, ride
di chi ne porta i segni

Romeo e Giulietta, William Shakespeare, II.II

 

Convenzionalmente, un’ora è fatta di 60 minuti, un giorno di 24 ore, un anno di 365 giorni.

Per la scienza il tempo consiste in “una successione di istanti, intesa sempre come una estensione illimitata, ma tuttavia capace di essere suddivisa, misurata, e distinta, in ogni sua frazione o momento”.

C’è una forza che trascende la logica e le leggi della fisica: l’amore.

Eppure c’è una forza che trascende la logica e le leggi della fisica: l’amore. Pochi giorni con la persona giusta possono cambiare una vita intera, creando ricordi che stringono e dilatano il tempo, pronti a tornare, anche a distanza di anni, prepotentemente negli occhi, nelle narici e nelle orecchie come un elastico, riportandoci a un luogo e a un momento preciso, colpendoci in faccia all’improvviso.

 

 

È quello che accade a Elio (Timothée Chalamet), diciassettenne di belle speranze, appartenente a una colta e agiata famiglia multiculturale di discendenza americana, italiana e francese, studente brillante di pianoforte che trascorre ogni estate nella villa che i genitori hanno nella campagna lombarda, nell’area vicino a Crema.

Carico di nozioni, note e libri, Elio è in quella particolare fase della vita in cui gli ormoni sono impazziti, cambiando per sempre la chimica del cervello, collegando il corpo umano alla natura, quasi come fosse una cellula di un organismo più grande, permettendo a ogni esperienza sensoriale di essere vissuta con maggior forza.

 

 

 

 

La pelle di Elio è un tutt’uno con l’ambiente che lo circonda: il calore di un’estate afosa, il fresco dell’acqua di sorgente che arriva direttamente in un laghetto vicino casa, la buccia vellutata e il profumo delle pesche mature sugli alberi vivono una seconda vita grazie ai suoi recettori, estremamente attivi e curiosi, come è giusto che sia a quella età.

Tra Elio e Oliver comincia una partita a scacchi silenziosa.

Tra Elio e Oliver comincia una partita a scacchi silenziosa, in cui ognuno dei due è attento a non scoprire completamente le proprie pedine, cercando di dare un’interpretazione a gesti, sorrisi, parole che in realtà sono in codice, arrivando a interporre altri corpi e altre relazioni tra loro per capire meglio i propri.

Per questo quando arriva Oliver (Armie Hammer), studente ospitato dal padre, importante professore universitario di archeologia, ogni sua terminazione nervosa è tesa a scoprire il mistero costituito da questa nuova figura imponente, bella, solare e allo stesso tempo ombrosa.

Fino a quando un ballo, sulle note di “Love My Way” dei The Psychedelic Furs, non fa capire a Elio cosa prova davvero.

 

 

Il mistero dell’amore

Dopo aver girato i festival di mezzo mondo per un anno, dal Sundance a Londra, passando per Toronto e Berlino, arriva finalmente nelle sale italiane il 25 gennaio Chiamami col tuo nome, film di Luca Guadagnino tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman, adattato per il grande schermo da James Ivory e candidato a quattro premi Oscar (miglior film, miglior attore protagonista, miglior sceneggiatura non originale e miglior canzone, la splendida “Mystery of Love” di Sufjan Stevens) ai prossimi premi Oscar, che si aggiungono a una lunga lista di riconoscimenti e nomination ottenuti in ogni altro premio cinematografico.

 

 

La scoperta, inizialmente timida, poi dirompente e infine dolorosa del primo amore, è portata sullo schermo da Guadagnino e dai suoi due splendidi protagonisti con una grazia e una naturalezza impressionanti.

La storia di Elio e Oliver, ambientata nell’estate del 1983, ha conquistato non solo la critica, ma soprattutto il pubblico: la scoperta, inizialmente timida, poi dirompente e infine dolorosa del primo amore, è portata sullo schermo da Guadagnino e dai suoi due splendidi protagonisti con una grazia e una naturalezza impressionanti, tanto da farci sentire in mezzo a quel prato con loro e soffrire ripensando al nostro primo bacio, alla prima volta che abbiamo scoperto noi stessi sulla pelle e sul corpo di qualcun altro.

Se è vero che nei film di Terrence Malick l’erba danza, in quelli di Guadagnino fa l’amore: come in Io sono l’amore, anche in Chiamami con il tuo nome l’esplosione della sensualità avviene in un prato, circondati dai suoni e dai profumi della natura, rendendo l’esperienza cinematografica sinestetica e multisensoriale, in un tripudio di eccitazione, ricordi, timore e felicità.

 

 

Soltanto chi non ha mai provato davvero un sentimento del genere può rimanere indifferente alla storia di queste due anime belle

Soltanto chi non ha mai provato davvero un sentimento del genere può rimanere indifferente alla storia di queste due anime belle che mettono da parte tutto ciò che hanno imparato in astratto da libri e storia e scoprono finalmente “le cose che contano davvero”, come le chiama Elio.

La bellezza di due corpi giovani che si attraggono e si completano, con Elio, più sottile e acerbo, che si arrampica letteralmente su Oliver, alto e forte, trovando insieme un’armonia e una gioia che sembrano risuonare nel tempo e nello spazio, di cui sono testimoni api e fiori, a dimostrazione di come l’amore sia una forza che riempie ogni cosa, che colora la vita e si nutre di essa, si sprigiona sullo schermo con una tale forza e semplicità da rendere impossibile non vivere con i due protagonisti quello stordimento inarrestabile dei sensi che è diventare una cosa sola con un altro.

Soltanto chi non ha mai provato davvero un sentimento del genere può rimanere indifferente alla storia di queste due anime belle che mettono da parte tutto ciò che hanno imparato in astratto da libri e storia e scoprono finalmente “le cose che contano davvero”, come le chiama Elio.

 

 

 

“Chiamami col tuo nome e io ti chiamerò con il mio”

Se è vero che un nome è solo un nome, diventare una cosa sola vuol dire non solo scambiarsi la pelle, ma anche chiamarsi con il nome dell’altro, completando la fusione anche nel mondo astratto e più razionale delle parole, che arrivano solo dopo l’avvicinamento timido di un piede accanto a quello dell’altro, o di una mano su una spalla.

 

 

Lo sguardo finale di Chalamet, uno dei più belli mai visti al cinema, racchiude tutta la forza sublime dell’amore, che sa essere tenero e spietato.

Grazie a scene che sembrano composte come quadri e incastonate una nell’altra come una sinfonia basata su dissonanze, Guadagnino e il montatore Walter Fasano costruiscono un crescendo di emozione e bellezza, aiutati dalla bella fotografia di Sayombhu Mukdeeprom, da una colonna sonora destinata a essere ricordata negli anni, grazie soprattutto ai brani originali di Stevens, e soprattutto a due protagonisti generosi, che hanno saputo portare sullo schermo tutte le sfumature dell’innamoramento, sia fisico che spirituale.

 

Lo sguardo finale di Chalamet, uno dei più belli mai visti al cinema, racchiude tutta la forza sublime dell’amore, che sa essere tenero e spietato.

Se è vero che il dolore è inevitabile, rinunciare ad amare per paura di soffrire è il vero peccato: come dice il padre a Elio in un monologo struggente, reso indimenticabile da Michael Stuhlbarg, è davvero uno spreco non trovare il coraggio di esprimere la propria natura, diventando così grigi e non più in armonia con l’universo.

 

 

Chiamami col tuo nome è dunque un “memento amare”, che ci esorta a scoprirci, a non affondare nell’oblio del tempo e dello spazio, a non lasciare la bellezza sul fondo dell’oceano, ma a viverla, chiamandola con il suo nome: vita.

Chiamami col tuo nome è nelle sale italiane dal 25 gennaio.