Remastered: è tempo di darci un taglio?

remastered

Quando si parla di Remastered (o definitive edition, hd edition ecc..) si entra in un terreno spinoso per questa generazione video-ludica. Questo perché il fenomeno ha assunto connotazioni grottesche in breve tempo: in questo approfondimento ne analizzeremo le cause.

Tutto era iniziato sottovoce, tra l’euforia di alcuni e lo scetticismo di altri. Prima di iniziare a parlarne in senso stretto, dobbiamo però porci una domanda: ma le Remastered sono nate in questa generazione video-ludica? La risposta è, ovviamente, no.

Non bisogna scavare troppo indietro nel tempo per risalire all’origine di questo fenomeno, soprattutto se si considera che a renderlo possibile è stato, in prima battuta, il passaggio dalla standard definition alla high definition. I primi esempi, infatti, li troviamo a partire dallo scorso ciclo di console, precisamente con PlayStation 3 e Xbox 360.

Cosa sono dunque le Remastered?

Sono, molto banalmente, riproposizioni con veste grafica migliorata di giochi sviluppati per generazioni precedenti a quella corrente.Tra gli esempi dello scorso ciclo se ne possono citare alcuni decisamente virtuosi, che hanno dato a molti giocatori la possibilità di giocare per la prima volta ai vecchi capitoli di saghe importantissime. Si pensi alla Metal Gear Solid: HD Collection o Devil May Cry: HD Collection, e vari altri titoli che avevano caratterizzato e determinato un clamoroso successo di vendite nella generazione precedente, da Zone Of The Enders a Ico e Shadow of the Colossus, a Beyond: Good & Evil.

 

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Inizialmente è stato così anche con il lancio di PlayStation 4 e Xbox One.

Inizialmente è stato così anche con il lancio di PlayStation 4 e Xbox One. Abbiamo infatti visto a distanza di pochi mesi dal lancio delle nuove console ammiraglie di Sony e Microsoft, la versione rimasterizzata di The Last Of Us (campione di vendite su PlayStation 3) come la Halo: Master Chief Collection (che comprendeva tutti i capitoli canonici della serie inclusa una versione del tutto ricostruita da zero di Halo 2) e fin qui nessuno poteva lamentarsi di riproposizioni di tutto rispetto con una strategia ben precisa e centrata in pieno.

Il titolo Naughty Dog, infatti, ha venduto molto bene anche perché tantissimi possessori di PlayStation 4 avevano fatto un “cambio di fede” provenendo da Xbox 360, e hanno così potuto giocare uno dei titoli più apprezzati di sempre della controparte.

Dal canto suo Halo: Master Chief Collection è stato funzionale per introdurre la saga ai nuovi giocatori in attesa dell’uscita del quinto capitolo, oltre che per portare anche su Xbox One l’apprezzatissima esperienza multiplayer del titolo.

Visti gli ottimi incassi ottenuti dalle remastered di questi first party, anche gli sviluppatori third party hanno deciso di gettarsi nella mischia.

Visto gli ottimi incassi ottenuti dalle remastered di questi first party, anche gli sviluppatori third party hanno deciso di gettarsi nella mischia. Qui in molti hanno iniziato a storcere il naso. Tra i primi esempi ci sono stati Capcom con l’edizione remastered di DmC: Devil May Cry e Square-Enix con la definitive edition del reboot di Tomb Raider.

Lo scetticismo che si iniziava a respirare tra i giocatori non era però dovuto ai titoli in sé, la cui riproposizione ha anche senso se vista in chiave di reintrodurre i nuovi giocatori agli starting point di due saghe storiche oggetto entrambe di una operazione di reboot che, nel caso di Tomb Raider, abbiamo visto proseguire con Rise of the Tomb Raider, nel caso di DmC: Devil May Cry, ancora non c’è stata vista forse la fredda accoglienza del titolo da parte dei fan.

Il primo vero problema sollevato da queste remastered è stato la carenza di nuove IP, di quelle produzioni originali che in tanti si aspettavano col lancio delle nuove console. Questi due fattori combinati hanno dato la parvenza di un mercato che preferiva riproporre titoli di qualche anno prima (quasi a prezzo pieno) piuttosto che sviluppare qualcosa di nuovo.

 

 

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Inutile dire che il fenomeno non si è arrestato, anzi.

Inutile dire che il fenomeno non si è arrestato, anzi. Come dicevamo nell’introduzione, ha in parte assunto connotati grotteschi quando, durante lo scorso anno, sono state riproposte versioni rimasterizzate di titoli (come quella di Prototype e Prototype 2) che sono andati alla ribalta della cronaca per enormi problemi proprio di natura grafica, con cali di frame rate più frequenti nella versione PlayStation 4/Xbox One dei titoli che non in quelle originali.

Ci sono stati certamente altri esempi virtuosi che hanno avuto anche una loro strategia per permettere a nuovi giocatori di conoscere determinati titoli, basti pensare all’edizione Scholar of the first Sin di Dark Souls II, uscita sia su old che su current gen, che ha anche dato agli utenti Xbox One un titolo souls a cui giocare mentre gli utenti PlayStation 4 avevano l’esclusiva Bloodborne, o altre produzioni leggermente di nicchia che hanno potuto trovare nuova utenza su queste console come Heavy Rain e Beyond: Due Anime di Quantic Dream.

Capcom ha pesantemente approfittato di questa situazione riproponendo praticamente ogni capitolo della saga di Resident Evil rimasterizzato per le nuove console, saga di cui si attende un seguito ormai da anni. Anche Square-Enix non è stata da meno, riproponendo anche su PlayStation 4 l’edizione rimasterizzata, già riproposta su PlayStation 3, di Final Fantasy X e Final Fantasy X-2, oltre ad aver frammentato la serie Kingdom Hearts in una enorme quantità di sottocapitoli numerati (1.5/2.5/2.8) mettendo a dura prova la pazienza dei fan che da anni aspettano l’uscita di Kingdom Hearts III.

 

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In questo mare magnum di remastered, una nota positiva è arrivata da parte di Microsoft con la retrocompatibilità di Xbox One che da la possibilità di giocare ad un elenco sempre più vasto di titoli Xbox 360 sia tramite disco fisico che tramite lo Store Xbox. Lo stesso non si può dire in casa Sony, dove lo stesso Shuei Yoshida ha ribadito più volte un’impossibilità di rendere PlayStation 4 retrocompatibile con PlayStation 3 (vista la differente architettura di sistema tra le due macchine) e, per colmare a questa mancanza, ha avviato uno strano sistema di retrocompatibilità con una ristretta lista di giochi PlayStation 2.

Questi sono, a conti fatti, delle edizioni remastered leggermente migliorate di titoli storici PlayStation 2 (tra cui anche titoli cult come Dark Cloud e Dark Chronicles) le quali però, a differenza dei giochi Xbox 360 su Xbox One, non funzionano tramite disco ma richiedono l’acquisto sul PlayStation Network per cifre che variano dai 14,99€ ai 19,99€ in media.

 

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Per chiudere il cerchio, impossibile non citare Nintendo che pur di colmare l’assenza del nuovo capitolo della saga The Legend Of Zelda, rimandato ogni anno all’anno dopo, ha riproposto su Wii U un’edizione rimasterizzata sia per The Wind Waker (originariamente uscito su GameCube) che perTwilight Princess (uscito sia per GameCube che per Wii).

Tirando le somme di quanto detto finora, possiamo concludere che le remastered siano il male assoluto per questa generazione video-ludica? Secondo il parere di chi scrive, no.

Di certo la situazione è leggermente sfuggita di mano alle software house terze parti che hanno approfittato commercialmente di questa gallina dalle uova d’oro adagiandosi sugli allori, ma senza malignità è giusto pensare che i proventi di queste operazioni saranno con molta probabilità reinvestiti in produzioni nuove e originali.

Forse il tempo delle remastered volge al termine, chissà che i tanto discussi upgrade hardware di PlayStation 4 e Xbox One che verranno verosimilmente presentato fra un mese all’E3 di Los Angeles, non siano il vero punto di svolta per questa piega presa dall’industria, tanto sgradita ai videogiocatori.

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