Il biopic storico è sempre un must, non poteva quindi mancare anche al 34° Torino Film Festival e a rappresentare il genere è l’atteso nuovo film di Gary Ross con protagonista il Premio Oscar Matthew McConaughey, Free State of Jones basato sulla storia vera di Newt Knight.
Quale ambiente più fertile se non quello di un Festival per presentare film basati su storie vere, struggenti ed emozionanti? Non stupisce, quindi, di certo trovare Free State of Jones al Torino Film Festival, pellicola già uscita nelle sale statunitensi lo scorso 24 Giugno.
Matthew McConaughey torna con Free State of Jones in un ruolo sentito, profondo e viscerale, dove l’attore trasforma nuovamente il suo corpo, le sue espressioni e il tono della sua voce.
Da Dallas Buyers Club in poi, pellicola che ha fatto conquistare all’attore l’Oscar, è molto raro non vedere McConaughey in ruoli particolarmente sentiti. Il lavoro sul personaggio compiuto dal texano è sicuramente degno di nota, unico vero elemento interessante della pellicola di Gary Ross.
Questa è una storia che vive da sola. Che fosse durante la Guerra Civile o no, era comunque la grande storia di un rivoluzionario che andava raccontata, soprattutto oggi.
Riuscire a fare un buon biopic storico, sulla scia dei moltissimi film drammatici e “tratti da una storia vera” che arrivano nelle sale ogni anno, non è semplice, ma non è neanche poi così difficile riuscire a commuovere, almeno in minima parte, lo spettatore.
Free State of Jones, fin dalla sua prima mezz’ora, si presenta, invece, come un film prolisso, privo di emozioni e di empatia alcuna con il pubblico. Una pellicola dalle ottime doti fotografiche e attoriali ma che manca di anima, lasciando perfino il più sensibile degli spettatori totalmente indifferente.
Free State of Jones è ambientato nel 1863, nel periodo della Guerra Civile americana, quando differenti dispute ideologiche, tra cui quella sull’istituzione della schiavitù, dividono il paese.
Verte sulla figura del contadino Newt Knight che, nonostante il suo non possedere schiavi ed essere fortemente contrario alla secessione, decide di servire il paese in qualità di medico, sperando di poter essere inserito nello stesso reggimento dei suoi familiari.
Per quanto Newt Knight non sia concorde con quella guerra, sa che il suo contributo a salvare qualche vita può essere prezioso. Tutto però cambia con l’arrivo del giovanissimo nipote che, come molti ragazzi del periodo, viene considerato solo come carne da macello sul fronte. In seguito all’inevitabile morte del ragazzo, Newt inizia ad avere i primi ripensamenti, decidendo di ribellarsi all’esercito confederato.
Newt Knight inizialmente rimane nascosto nella sua stessa casa, ben conscio dell’orrenda fine destinata ai disertori, ma presto si renderà conto di non poter stare all’ombra del mondo.
Mentre gli uomini sono tutti impegnati al fronte, le donne con i bambini sono costrette a sopportare i soprusi esercitati dalla stessa cavalleria dei Confederati e dagli agenti di riscossione, vedendosi strappare via le fatiche di una vita, dal raccolto agli animali, e spesso anche i vestiti.
Un degrado e una povertà, coronati dal senso di ingiustizia che spinge Newt Knight ad agire e prendere, una volta per tutte, la situazione in mano.
Dopo una vita passata a combattare la guerra degli altri, una guerra che non gli è mai appartenuta, è giunto finalmente il momento di battersi per la propria guerra, per la propria terra.
Unito ad altri disertori e un gruppo di schiavi neri riusciti a scappare dai loro padroni, Knight diventa il leader visionario di una battaglia che porterà verso l’emancipazione, i diritti umani per tutti gli uomini e il diritto di voto anche per i neri, fondando la prima comunità mista della regione.
La particolarità di Free State of Jones risiede nel parallelismo con la società attuale che viene fatto durante in film. Mentre vediamo scorrere le imprese di Knight, alcuni flashforwards ambientanti nel 1948, ci mostrano un processo da parte dello Stato del Mississipi contro Davis Knight, pronipote di Newt.
Il processo, unico nella storia, verte sull’assurda questione dei matrimoni misti, in quanto Knight discendente dall’unione di Newt con una contadina schiava di nome Rachel, non avrebbe potuto sposare la sua compagna. Nel compiere quell’atto, Davis Knight infrange la legge e viene costretto a cinque anni di carcere.
Le parole chiave sulle quali verte Free State of Jones sono coraggio, valore e ribellione. Sia per il passato che per il “presente”, entrambi i protagonisti non vogliono arrendersi, volendo affermare più che mai i propri diritti – e quelli degli altri – in quanto esseri umani, cittadini del mondo.
Sono diverse le scene forti che vengono rappresentate da Gary Ross sullo schermo, eppure nessuna di queste riesce davvero a far entrare lo spettatore all’interno della storia.
Free State of Jones scorre impassibile. Oltre due ore di film fredde e vuote, arricchite unicamente dall’interpretazione degli attori che, a quanto pare, sembrano credere nel progetto molto più di quanto abbia creduto la produzione e il regista stesso.
Generalmente il difetto maggiore di queste pellicole è il loro essere fin troppo votate a un sentimentalismo che gioca il famoso ricatto morale nei confronti dello spettatore. In questo caso, invece, accade tutto il contrario. Nonostante la ferocia di alcune immagini e tematiche che, tristemente, possiamo applicare tutt’oggi, rendendoci conto che ancora non riusciamo a essere considerati tutti uguali – a prescindere dalla razza, genere e orientamento – Free State of Jones è una patina di concetti che riescono a malapena ad arrivare alla superficie.
Un insieme di azioni che, a lungo andare, diventano pesanti, a tal punto da rendere insopportabile la visione del film.
Tediante. Privo di emozione. Apatico.
Gary Ross con Free State of Jones riesce semplicemente a raccontare la storia di Newt Knight paragonandola a quella del pronipote, sottolineando quanto sia importante mettere la stessa audacia delle battaglie di ieri per quelle di oggi, a favore di un futuro migliore, ma lo fa con la stessa intensità di una pagina Wikipedia.
Questa serie di elementi emotivi, mescolati ad espedienti di regia piuttosto piatti – se non per una fotografia leggermente più scenica – rendono la narrazione ancora più macchinosa e priva di coinvolgimento.
A volte, raccontare “semplicemente” delle storie vere, non basta. Sperare che la loro carica storica possa realmente riempire il coinvolgimento emotivo tra schermo e spettatore, è un errore piuttosto banale, soprattutto per un autore cinematografico come Gary Ross.
Free State of Jones è la chiara dimostrazione che, al cinema, non basta avere una storia ma la si deve sapere raccontare, rendendo lo spettatore protagonista di ciò che sta vedendo. In fondo, per le lezioni di storia, vanno bene anche i libri.
Free State of Jones sarà nelle sale cinematografiche italiane dal 1 Dicembre