Shazam

Ogni epoca ha le sue mode e le sue tendenze. Da oltre dieci anni, almeno in ambito cinematografico, è innegabile che una delle tendenze più evidenti riguardi i cinecomic: mai come ora questo filone è stato apprezzato dal pubblico e ha rappresentato una tale forza commerciale.

Un grande ruolo in tutto questo lo ha rivestito – e lo riveste tutt’ora – la Disney con i suoi Marvel Studios e l’ormai collaudato Marvel cinematic Universe. Mentre tutto il mondo attende con trepidazione Avengers: Endgame, però, Warner Bros. continua imperterrita con il proprio progetto supereroistico rinnovato.

Dopo il fallimento del cosiddetto DC Extended Universe, confuso, raffazzonato e criticato dai più, la grande major americana ha ritrovato un personale equilibrio puntando su film più vicini allo stand alone, rinunciando all’idea di collegare tra loro le varie pellicole, mantenendo solo qualche riferimento ridotto all’osso.

Wonder Woman è stato apprezzato da pubblico e critica, Aquaman ha sorpreso incassando un miliardo circa al box office e il mezzo flop di Justice League ha reso chiaro che forse l’arma vincente era differenziarsi dai Marvel Studios con pellicole più indipendenti da una serialità che funziona solo se si hanno le idee ben chiare, da un punto di vista produttivo.

L’ultima scommessa della DC al cinema è Shazam, diretto da quel David F. Sandberg che finora si era cimentato con due soli lungometraggi, entrambi horror: Lights Out (adattamento di un suo precedente corto di successo) e Annabelle 2- Creation.

A contraddistinguere Sandberg da altri registi contemporanei è la sua creatività e la sua consapevolezza di essere prima di tutto un spettatore, caratteristica che gli permette di sapere su quali tasti premere per regalare un intrattenimento soddisfacente.

 

 

Il personaggio di Shazam, che per anni è stato conosciuto dai lettori come Captain Marvel (nome che è stato poi sostituito per controversie con la Marvel legate al diritto d’autore) è quello che più si presta all’operazione che la Warner ha deciso di avviare: quella di creare un film senza alcuna pretesa se non quella di divertire lo spettatore.

In tal senso Sandberg ha centrato perfettamente l’obiettivo, dal momento che il film si prende davvero poco sul serio, ma senza perdere di vista il messaggio principale, riguardante il concetto di famiglia nel suo senso più ampio e filosofico.

Quale supereroe migliore per trasmettere tutto questo di un nerboruto clone di Superman ingenuo che è in realtà un ragazzo di quattordici anni in grado si trasformarsi in un supereroe pronunciando una parola magica?

 

 

L’intuizione più grande è stata però quella di scritturare per il ruolo di protagonista Zachary Levy, mingherlina star della serie Chuck di una decina di anni fa, che per l’occasione ha seguito un duro allenamento giornaliero durato oltre un anno per ottenere il giusto physique du role.

Levy è perfetto per interpretare un omone con la mente di un ragazzino, per via della sua aria ingenua, che si contrappone all’imponente forma fisica che sfoggia nel film, accentuata da un costume attillato e sgargiante, su cui si ironizza allegramente in alcuni dialoghi.

 

 

La vera forza di Shazam sono i continui riferimenti a veri e propri cult del cinema per ragazzi, da I Goonies Big.

La vera forza di Shazam sono i continui riferimenti a veri e propri cult del cinema per ragazzi, da I Goonies Big, mantenendo un gusto raffinato nell’intrattenere, che possiamo ritrovare in pellicole maestose come i vari Indiana Jones Ritorno al Futuro, un gusto che ormai si era andato perdendo nella massa di blockbuster ormai conformati e standardizzati.

Nel marasma di cinecomic che ormai escono in sala a intervalli di pochi mesi l’uno dall’altro (in alcuni casi anche di poche settimane) Shazam ha avuto il coraggio di puntare su una storia di origini diversa dal solito, in cui la figura del supereroe viene decostruita e il tema dell’eroismo viene sezionato, ma puntando su una dimensione ironica che si riferisce ampiamente ai personaggi più iconici dell’universo DC, messi alla berlina in maniera intelligente.

Se nei film del Marvel Cinematic Universe le battute sono spesso fuori luogo e fin troppo presenti, qui invece funzionano grazie al contesto ben poco serio, che riesce però a ridimensionarsi in alcuni momenti selezionati, dando vita ad un film che intrattiene ma riesce a anche a far riflettere lo spettatore su alcuni temi fondamentali.
Un supereroe con super problemi di spidermaniana memoria, ma approfondito in maniera diversa.

Il protagonista quando non è trasformato, quel Billy Batson interpretato da Asher Angel, deve trovare sé stesso prima di poter comprendere la grande responsabilità che gli è stata affidata, confrontandosi con il suo background difficile e la sua giovane età.

Un supereroe con super problemi di spidermaniana memoria, ma approfondito in maniera diversa. Colpisce anche l’ambientazione, ovvero la città di Philadelphia, città insolita dove collocare una storia supereroistica, ma che viene legata a doppio filo al personaggio e utilizzata in maniera stranamente suggestiva, con gli obbligatori riferimenti alla celebre scalinata percorsa da Sylvester Stallone nel primo Rocky.

La regia di Sandberg è dinamica, giocata sui campi lunghi e sulle coreografie spettacolari dei combattimenti, senza particolari sbavature, complice anche una fotografia luminosa, ma mai eccessiva e soprattutto sempre coerente con ogni atmosfera.

In particolar modo sono suggestive le sequenze che riguardano il villain, il Dottor Sivana, interpretato da un Mark Strong convintissimo e adatto al ruolo. L’introduzione dei primi sei minuti di film è accativante e proietta lo spettatore nel mood, rivelandoci che Djmon Hounsou, che qui è calato nei panni del Mago Shazam, si trova a suo agio con i cinecomic, dato che questo è il terzo personaggio che interpreta in uno di questi film, dopo Guardiani della Galassia, Aquaman e Captain Marvel.

Riguardo al Dottor Sivana, non si tratta di un villain particolarmente approfondito da un punto di vista psicologico, ma nemmeno di un personaggio insulso: è il classico cattivo che funge da motivo per l’erore di rendersi conto del proprio potenziale.

Poi diciamocelo: Mark Strong è incapace di non rendere affascinante un personaggio che interpreta nemmeno quando è chiamato a comparire in film orrendi, ne è un chiaro esempio l’unica, terribile trasposizione cinematografica di Lanterna Verde, in cui l’unico elemento positivo era proprio il suo Sinestro. Sivana doveva essere un villain minaccioso e accattivante nell’aspetto e così è stato. Anche qui non c’era alcuna ulteriore pretesa, il che sottolinea come a volte giocare al ribasso possa essere una carta vincente.

 

 

Gli unici veri difetti del film sono la lunghezza forse eccessiva del combattimento finale e gli effetti visivi, che si presentano come discontinui.

Gli unici veri difetti del film sono la lunghezza forse eccessiva del combattimento finale, della durata di oltre mezz’ora, anche se si dimostra variegato e avvincente, e gli effetti visivi, che si presentano come discontinui: alcuni azzeccati, altri decisamente brutti a vedersi.

Ciò che funziona di più sono i rapporti tra i personaggi: i membri della famiglia adottiva di Billy, soprattutto Freddy, che è il comic relief perfetto e mai ingombrante, sono talmente ben caratterizzati, anche superficialmente, che è impossibile non affezionarcisi.

Possiamo poi notare come il dramma personale di Bily e di Sivana sia molto simile e legato alla famiglia e di come ognuno dei due lo affronti in maniera molto diversa. Tutto questo e alcune sorprese insapettate fanno di Shazam il miglior cinecomic DC da molti anni a questa parte e, in generale, uno dei migliori del filone dell’ultimo periodo, parecchio sopra a Captain Marvel e Thor Ragnarok.

A volte anche la DC ne imbrocca una, non solo commercialmente. Lo avreste mai detto?

 

Shazam arriva nei cinema italiani il prossim 3 aprile.

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