Pokemon Stories: Porto Vecchio

Questo racconto è il primo di una serie ambientata nel mondo dei Pokemon, che però costituisce soltanto lo sfondo narrativo. La serie, ambientata dopo gli eventi di Blu e Rosso, ha come protagonisti i personaggi principali del videogame.

Spero che possiate apprezzarlo, e che qualunque sia il vostro giudizio non esitiate a commentare per dare la vostra opinione.

 

“Attenzione al porto vecchio!”, recitava un vecchio cartello vicino al molo.

“Attenzione al porto vecchio!”, recitava un vecchio cartello vicino al molo.Nonostante la città negli ultimi anni avesse vissuto una rinascita, la zona del porto era rimasta decisamente malfamata. Ogni giorno centinaia di avventurieri arrivavano e venivano via nave e via terra. Qualcuno voleva combattere, altri desideravano soltanto bere un goccio e vendere ciò che avevano raccolto durante il tragitto.

Questi affari, in genere, venivano portati a termine al Bar Orange, il centro nevralgico dell’intero quartiere. Si trattava di un grosso locale malandato, al cui interno le luci venivano tenute basse per lasciare all’immaginazione ciò che succedeva nei diversi tavoli. Sopra l’ingresso una grossa scritta in neon troneggiava sulle assi di legno fatiscenti e corrose dall’umidità. “I migliori cocktail di Kanto”. Ma non era vero. L’unica cosa su cui tutti i si trovavano d’accordo era la bellezza delle ragazze che intrattenevano gli avventori nel retro del locale. Questo, insieme ai prezzi bassi, bastava ad animarlo tutte le sere. Ma non era per questo che Mr. G, come avrebbe deciso di farsi chiamare quella sera, era lì.

Lui voleva soltanto bere. “E dimenticare”, pensò ordinando il terzo bourbon liscio. Se al banco ci fosse stato un barista scrupoloso probabilmente si sarebbe rifiutato di servirlo. E non a torto. Quel ragazzo avrà avuto al massimo diciotto anni ed era già molto ubriaco. Ma quello era il bar di Jimmy Eks, un malvivente che aveva alle spalle un’infanzia da bullo sulla pista ciclabile, conclusa con una condanna a dieci anni di carcere per spaccio di Carburante. Ora era libero, redento agli occhi della giustizia. Quando il ragazzino ordinò limitò ad alzare un sopracciglio e lo servì senza esitare. “Grazie” rispose Mr. G, sprofondando il viso nel bicchiere.

I pensieri scorrevano veloci, sovrapponendosi e cambiando verso in continuazione, scambiandosi per libera associazione come rondini in uno stormo. Di tanto in tanto un rumore esterno ne interrompeva il flusso, sparpagliandone i pezzi. Ma questi infine si ricomponevano in modo diverso, creando un nuovo percorso. Ma qualunque cosa pensasse, alla fine si riconduceva tutto alla sconfitta. Quanto bruciava, così insopportabile…

“Tesoro, vuoi venire di là con me”. Si girò di scatto. Una bellissima ragazza stava accanto a lui, fissandolo. Capelli biondi, occhi verdi e vivaci perfettamente incastonati in un viso che coniugava i lineamenti marcati delle donne di Aranciopoli ad un sorriso sottile e furbo. Mr G. aveva già sentito parlare di quel tipo di donna, ma non ne aveva mai incontrata una. E nonostante tutto il male di cui aveva sentito a riguardo, non poteva ignorare che la mano appoggiata dolcemente sulla sua coscia avesse risvegliato qualcosa in lui. “Non ho ancora avuto tempo di spendere un solo centesimo del premio” pensò. “E anche se non ci fosse quello, con tutto quello che ho vinto per strada non ho certo problemi di soldi”.

“Va bene”, disse alla ragazza.

Questa lo prese per mano e lo accompagnò nel retro. La stanza era buia, fatta eccezione per una luce rossa soffusa su un comodino. La camera era composta da un vecchio letto di metallo arrugginito, un divano liso e un piccolo lavandino nell’angolo. In una situazione normale non sarebbe mai entrato in un posto del genere.

Ma non ebbe tempo per ragionarci troppo. Tutto ciò cui riusciva a pensare erano le mani della ragazza sul suo corpo, le forme di lei mentre si spogliava. Non aveva mai visto una donna nuda. Certo, aveva avuto storie con molte delle sue fan. Ma non era mai andato oltre a qualche bacio. Lei lo fece sdraiare sul letto e gli si mise sopra. La lasciò fare, e non ci volle molto. Ma nonostante l’eccitazione del momento, una parte di lui non poté fare a meno di pensare che non le aveva neanche chiesto come si chiamasse.

Tutto ciò cui riusciva a pensare erano le mani della ragazza sul suo corpo, le forme di lei mentre si spogliava.

“Alzati!” gli intimò la ragazza. Nei pochi minuti che avevano passato insieme aveva smesso di pensare alla sconfitta, e di ciò le era abbastanza grato. Ma vederla rivestirsi così in fretta lo fece sentire in imbarazzo. Si rimise i vestiti e, ancora in preda ai fumi dell’alcool, uscì tornò nel salone principale.

Le persone lo fissavano, qualcuno bisbigliava. Mr. G aveva paura di essere riconosciuto. Anche il barista, che prima lo aveva praticamente ignorato, lo guardava con la coda dell’occhio. Mr. G si preoccupò. Anche se era rimasto Campione della Lega per soli tre giorni il suo volto era finito comunque su tutti i TG. Qualcuno poteva riconoscerlo, e diffondere la notizia. Se il racconto di ciò che era successo in quel bar fosse arrivato fino alle orecchie di suo nonno e di sua sorella non avrebbe mai avuto il coraggio di tornare a Biancavilla. Decise di andarsene.

Uscì dal locale e si diresse ancora barcollante verso il lungomare, con l’idea di allontanarsi dal porto vecchio prima possibile. La pensione in cui aveva preso alloggio si trovava ad un paio di chilometri di distanza, nel centro della città, e a quell’ora non ci sarebbe stato in giro nessuno che potesse fargli domande. Man mano che camminava il vociare del quartiere scemava, lasciando spazio al silenzio della notte. L’unico rumore che si udiva era quello di uno Zubat che batteva freneticamente le ali. Si girò per seguirne il volo, e così scorse alle sue spalle delle persone. Si fermò ad osservarle.

Tre brutti ceffi camminavano silenziosamente nella sua direzione, il volto coperto dal cappuccio. A giudicare da come lo fissavano lo stavano seguendo. Mr. G non cercò neanche di fuggire, si rendeva conto di aver bevuto troppo per poterli seminare. Ma certo non abbastanza per rinunciare a combattere.

Man mano che camminava il vociare del quartiere scemava, lasciando spazio al silenzio della notte.

I tre si portarono fino a qualche metro di distanza e si tolsero il cappuccio. Non conosceva i due ai lati, ma quello al centro era il barista dell’Orange.

“Gary Oak nel mio bar. Se non me lo avessero detto non ti avrei mai riconosciuto. Il ragazzo prodigio che ha battuto la Lega Pokemon solo per essere scalzato subito dopo da un ragazzo ancora più giovane”.

Gary rimase in silenzio, guardandolo. In quei lunghi anni di sfide aveva imparato a studiare i nemici, soprattutto quelli che si credevano superiori. Cercavano sempre di intimorirlo e di mettergli pressione. E, più parlavano, più cose avrebbe imparato sul loro comportamento prima di dover combattere.

“Vedo che non vuoi dire nulla. Bene, allora mi ascolterai. Ho parlato con Chanel, e lei mi ha detto quanti soldi hai nel portafoglio. Lo sai che le troie guardano sempre quanti soldi hai dietro? Così sanno se dopo la prima botta le puoi scopare ancora. Tu ora dacci tutti i soldi che hai, e noi ti lasceremo andare. Altrimenti…”.

Mentre lo diceva mostrava il coltello appeso alla cintura. Anche Gary si toccava la cintura, ma per decidere cosa fare. Gli era già capitata una situazione del genere. Sfera numero 1, Pidgeot, Volo. In un attimo era sfuggito alle grinfie dei malviventi senza dover alzare un dito. Ma non stasera, non dopo aver perso tutto ciò per cui aveva lottato per anni in tre giorni.

“Fuoco o acqua?” chiese Gary.

“Cosa stai dicendo?” rispose Jimmy.

“Fuoco o acqua?”

“Dammi subito quello che voglio o ti apro un buco in pancia”

“Va bene, decido io. Fuoco.”

L’adrenalina gli aveva restituito lucidità. Con una mossa rapida fece un salto all’indietro ed estrasse la sfera numero 6. La lanciò e in un attimo un mostro rosso si materializzò di fronte a lui. Jimmy indietreggiò, tenendo in alto il coltello. Gli altri due scapparono.

“Parli tanto ma non sei sveglio. Avresti dovuto andartene anche te” sogghignò Gary. Poi urlò “Charizard, fuocobomba!”.

Dalle fauci del drago uscì un enorme fiotto di fuoco che prese in pieno il barista. Questi crollò a terra, irriconoscibile. Gary trasalì. Le gambe gli tremavano, ma non permise a sé stesso di cadere a terra. Anche se non si sentiva più ubriaco come prima, la vista e l’odore del corpo carbonizzato lo fecero vomitare. Charizard si guardava attorno soddisfatto, spruzzando fumo dalle narici. Lo richiamò nella sfera e riprese il controllo della situazione. Dopo qualche minuto si mise a osservare meglio il cadavere. Gli indumenti fusi si confondevano con la pelle carbonizzata. Il volto era scolpito in un’espressione di terrore. Frugò in quello che era rimasto delle tasche. Nella tasca destra trovò una dose di Carburante; la ingoiò senza pensarci due volte. In quella sinistra due sfere piene e una vuota. “Meglio” pensò soppesando l’ultima.

Mise il cadavere ormai inanimato all’interno della sfera vuota e la gettò fra gli scogli del lungo mare, dove non l’avrebbe trovata mai nessuno. “Così dovrei essere a posto, gli altri due scagnozzi avranno troppa paura per andare alla polizia”.

Riprese a camminare verso la pensione provando sentimenti contrastanti. Da una parte la tristezza, il senso di colpa. Dall’altra l’euforia. Non avrebbe mai creduto che uccidere una persona lo avrebbe fatto stare così bene. All’improvviso era tornato quel senso di incredibile potenza che aveva provato quando aveva sconfitto Lance.

Anche se avrebbe dovuto provare tristezza si sentiva come se fosse in cima al mondo e potesse ogni cosa. Gary toccò le sfere e sorrise. Magari non poteva essere più un campione, ma la vita aveva preso improvvisamente una nuova prospettiva.

 

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