Gli Anelli del Potere: l’analisi della terza puntata

Gli Anelli del Potere la serie tv più costosa della storia, ispirata alle opere di Tolkien, è finalmente disponibile su Amazon Prime Video. Analizziamo la terza puntata cercando di scovare anche qualche dettaglio che ci viene fornito dai testi di Tolkien.

Amo solo ciò che difendo: la città degli uomini di Nùmenor; e desidero che la si ami per tutto ciò che custodisce di ricordi, antichità, bellezza ed eredità di saggezza.

Arrivati al terzo episodio ci siamo subito tuffati nell’isola che maggiormente ci ha entusiasmato dai trailer: l’isola di Numenor. La grande isola si trova nel mare di Belegaer, posta a metà strada fra la Terra di Mezzo e Valinor, che venne creata dai Valar per ricompensare gli Uomini che combatterono contro Morgoth nella Guerra d’Ira, i quali da allora in avanti vennero chiamati Numenoreani e vennero benedetti dai Valar (le divinità della Terra di Mezzo) con grandi doni come immensa saggezza e una vita circa 3-4 volte più lunga di quella dei normali esseri umani. Il porto nel quale arrivano Galadriel ed Halbrand è quello di Andunie nella parte ovest dell’isola, ricostruito perfettamente in ogni suo minimo dettaglio e qui nessun fan (tolkieniano e non) potrà fare apprezzamenti negativi alla messa in scena di Numenor. Anche il riferimento visivo alla montagna è molto accurato in quanto alle spalle del porti si erge al centro dell’isola il monte Meneltarma, quindi ineccepibile. I dettagli sono molto particolari e regali, come il faro che ricorda le colonne egizie a forma di fiori di loto e un’architettura molto elegante e ricca (proprio come Tolkien la descriveva sui suoi scritti ne Il Silmarillion e Racconti Incompiuti). Un altro dettaglio che spicca è il simbolo del sole nell’arco d’ingresso: simbolo che omaggia i popoli del sole come i Numenoriani, ma anche un rimando all’araldica di Earendil (papà di Elrond) detto il Beato, il Lucente o il Marinaio e l’etimologia del suo nome è “amante del mare“.

La Terra della Stella appartiene a quegli Uomini che, come dice Galadriel al naufrago Halbrand, “non sono come te“: quegli uomini che combatterono assieme agli Elfi contro Morgoth e ne vennero ricompensati con questa splendida isola. Eppure, ora, quell’antica amicizia si è spezzata, e al pensiero Galadriel prova molto dolore, notando anche gli sguardi degli stessi numenoriani molto diffidenti nei suoi confronti in quanto elfo.

Tra le più belle scene, della parte dedicata a Numenor, è senza dubbio quello del discorso di Galadriel alla Regina Miriel, discorso che fa trasparire il dolore e le sue origini Noldor (gli Elfi Profondi).

In questo discorso la giovane elfo declama orgogliosamente il suo nome e quello di suo padre Finarfin; ma il suo carattere Noldor non le fa avere prudenza e tende a farle dimenticare quello che sa: i Numenoreani odiano gli Elfi e dai tempi di Re Ar-Adunhakhor, “bisnonno di mio nonno”, come dice Miriel, le lingue elfiche sono proibite come così lo sbarco degli Elfi (altro riferimento ai Racconti Incompiuti). In suo soccorso prima il naufrago Halbrand che con un colpo di diplomazia da maestro riesce a convincere sia Miriel, che il suo consigliere (ancora non Re) Pharazon di permanere ancora nell’isola di Numenor per qualche giorno. La capacità di Halbrand, insieme a moltissimi giochi di sguardi non propriamente benevoli, mi fanno sempre più pensare che questo personaggio abbia dei poteri di ammaliamento molto vicini a quelli dell’Oscuro Signore, e Sauron sappiamo dai testi che a Numenor ha vissuto per diverso tempo, causandone la rovina più totale.

Ma è il personaggio di Elendil che sbloccherà in maniera più massiccia la storyline di Galadriel. Parlandole in elfico decide di proporgli la visita alla Sala dei Saggi, la dimora dei Fedeli, dove ci sono coloro che ancora non hanno abbandonato l’antica amicizia con gli Elfi, per continuare ad indagare sul simbolo di Sauron. Da sottolineare la scena di Galadriel, purtroppo esteticamente non delle migliori (non amo lo slow-motion) che riporta alla mente il suo carattere “da Amazzone”, come scrive Tolkien in una lettera del 6 Marzo 1973.

In quell’ epoca della sua giovinezza era un’amazzone per indole e partecipava a competizioni atletiche

J.R.R Tolkien, lettera del 6 marzo 1973

Infatti è proprio grazie ad Elendil, e della sua biblioteca (altro riferimenti fedelissimo ai testi) che lentamente vediamo Galadriel cambiare. Grazie al suo aiuto scoprirà che Sauron sta realmente tornando, non per sopravvivere, ma per dominare in quella terra che un giorno diverrà Mordor, le famose terre dell’Est dove il male ha iniziato già a distruggere territori e case. Questo cambia il focus della giovane Elfo in quanto lei non penserà più alla sua vendetta, ma all’intera Terra di Mezzo. Ovviamente dopo questa rivelazione si inizieranno ad incrociare varie storyline, almeno con quella di Arondir e degli uomini dell’est.

Sauron sta realmente tornando, non per sopravvivere, ma per dominare in quella terra che un giorno diverrà Mordor.

Nella storyline di Elendil, personaggio veramente scritto bene secondo tutte le caratteristiche che abbiamo nei testi, arrivano i suoi figli Earien, personaggio inventato sui cui è difficile sbilanciarsi, un accenno ad Anàrion (cosa molto positiva per i tolkieniani doc) che è già in mare e che vedremo in seguito, ma soprattutto il rapporto intenso, molto complesso e pieno d’amore con Isildur che dovremo andare a scoprire. Un giovane Isildur ancora molto ambizioso, coraggioso nelle sue azioni, ma comunque con un’aria un po’ malinconica che magari farà presagire il suo ruolo fondamentale nella guerra dell’Anello.

Da Numenor ci si sposta appunto nelle terre dell’est, nella futura Mordor, dove troviamo Arondir imprigionato dagli orchi insieme ad altri elfi. La messa in scena delle lotte e degli orchi, perfettamente in linea con i testi soprattutto il discorso della loro pelle che rifiuta il sole, sono molto dinamiche e piene di ritmo e fanno ancor di più uscire il personaggio di Arondir come una delle più grandi sorprese della serie. La scena nella quale Arondir, per salvare la vita al suo capo, si offre volontario per abbattere l’unico albero, rimasto in una piana infernale, ricorda tantissimo la Battaglia della Somme nella quale Tolkien combattè e ne scrisse in varie lettere. Per di più lo stesso momento in cui Arondir in Elfico chiede perdono all’albero (“Anìn apsene”) riporta al focus uno dei temi cardine di Tolkien, l’amore per gli alberi e per la natura. Infine, vediamo finalmente, anche se volutamente sfocato l’altro personaggio che ci farà arrovellare per diverso tempo, questo Adar adorato dagli orchi e apparentemente è il nuovo leader del male. Solo un servo minore, oppure uno dei tanti volti di Sauron mutaforma? La parola “Adar” è un termine elfico che significa “padre” e in questo caso specifico potrebbe essere inteso come “il padre degli Orchi”, non sono così certo che questo strano personaggio sia proprio Annatar/Sauron, ma vedremo.

Ultimo cambio di situazioni è di nuovo il villaggio dei nostri Pelopiedi e della loro migrazione in atto. La coerenza con il popolo futuro della Contea è totale, in ogni situazione e battuta si respira casa Baggins, e non solo, con i caratteri così diversi tra loro, ancestrali in qualche situazione, ma vicini ai futuri hobbit. Bellissima la commemorazione degli stessi Harfoots per coloro che sono morti e che non ce l’hanno fatta, e il rapporto odio-amore con la gente alta e con l’incognito è la pietra portante del carattere di tutti gli hobbit: ottima scrittura. Infine una parola di nuovo per lo straniero, interpretato praticamente solo con gli occhi da Daniel Weyman, che è sempre più vicino a farci credere che sia uno stregone, ma tra Gandalf, Saruman, gli stregoni Blu aggiungerei dopo questa terza puntata anche un possibile Radagast, che avevo totalmente tolto dai giochi, ma che ci ha donato qualche strizzata d’occhio riconducibile allo stregone bruno cinematografico. Insomma Nori crede fortemente che lo Straniero sia venuto da loro non per caso e sicuramente cercherà in tutti i modi di farlo accettare nella propria comunità: Gandalf sei tu?

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