Spionaggio, l’UE non vuole cedere i dati alle aziende USA

lucchetto digitale

Da mesi gli USA si muovono contro le aziende cinesi per paura dello spionaggio, ma l’Unione Europea diffida anche degli americani.

Oggi, giovedì 16 luglio, la Corte di Giustizia dell’UE ha invalidato il protocollo del data-sharing che permetteva alle ditte a stelle e strisce di raccogliere le informazioni dei cittadini europei per poi trasferirle nelle sedi centrali. La motivazione è esplicita: le aziende non sono in grado di proteggere i dati dalle agenzie di Intelligence.

Per l’Europa, la privacy è un valore irrinunciabile, ma proprio l’atto di difendere la privacy è finito spesso per scontrarsi con le dinamiche globali che, più che alla salvaguardia degli utenti, sono orientate alla monetizzazione dei dati e alla sorveglianza di massa.

[…] le limitazioni sulla protezione dei dati personali derivanti dalle leggi domestiche statunitensi che normano l’accesso delle autorità pubbliche degli Stati Uniti ai dati trasferiti dall’Unione Europea a quel paese terzo […] non sono circoscritti in un modo che soddisfa requisiti equivalenti a quelli richiesti dalle leggi UE e, secondo il principio della proporzionalità, i programmi di sorveglianza basati sulle disposizioni [statunitensi] non si limitano ai dati strettamente necessari,

recita il testo della Corte.

 

parete di occhi

 

Se il contenuto del documento dovesse risultare troppo “burocratese” per essere comprensibile, Max Schremsl’attivista/avvocato che ha portato a Lussemburgo il caso, ha commentato i risultati, riassumendone i contenuti.

È evidente che gli Stati Uniti dovranno cambiare profondamente le loro leggi sulla sorveglianza, se le aziende americane vogliono continuare a giocare un ruolo importante sul mercato europeo. Visto che l’UE non cambierà i suoi diritti fondamentali per far piacere all’NSA [il Dipartimento della Difesa statunitense], l’unico modo per gli USA di evitare lo scontro è il garantire a tutti il diritto alla privacy – stranieri compresi,

ha dichiarato Schrems.

La sentenza non andrà a limitare quelli che in Europa vengono definiti “dati essenziali”, ovvero la geolocalizzazione e i recapiti email, ma darà un giro di vite significativo a tutte quelle informazioni dalla dimensione personale ed intima.

A risentirne direttamente saranno le aziende statunitensi che offrono servizi cuciti su misura, banche e assicurazioni in primis, ma anche tutte le Big Tech e i social che con quelle informazioni hanno lastricato la loro strada verso il successo.

 

 

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