Fake news: l’Unione Europea vuole più responsabilità da parte delle Big Tech

L’Unione Europea ha un modo tutto suo – pacato, diplomatico e un po’ passivo – di dimostrare furore, ecco dunque che il Commissario del mercato interno, Thierry Breton, sibila dignitosamente contro le Big Tech, accusandole senza mezzi termini di lucrare impietosamente sulle fake news che diffondono.

Le aziende tecnologiche devono “assumersi le loro responsabilità” poiché “la disinformazione non può continuare a essere fonte di reddito“, sostiene il diplomatico senza che alcun filtro possa raddolcire la sua posizione.

Una simile dichiarazione giunge peraltro in concomitanza col fatto che la Commissione Europea abbia appena presentato la versione aggiornata del “Codice di buone pratiche sulla disinformazione” firmato da Google, Facebook, Twitter, Microsoft nel 2018 proprio con l’obiettivo, evidentemente fallito, di arginare le fake news.

Abbiamo bisogno di un nuovo codice rafforzato perché le piattaforme online devono affrontare i rischi sistemici connessi ai loro servizi e all’amplificazione algoritmica, senza limitarsi a controllare unicamente se stessi. […] La smettano di consentire lo sfruttamento della disinformazione a fini di profitto,

ha dichiarato a sua volta la Commissaria alla giustizia, Vera Jourova.

Bruxelles, manifestando ben poca fiducia, chiede ora che i vari portali rendano pubbliche le misure prese per ridurre gli effetti delle informazioni manipolate, inoltre propone che le Big Tech si assumano “le loro responsabilità”, magari creando un canale di collaborazione con cui condividere le informazioni relative agli annunci rifiutati.

In pratica, gli inserzionisti dalla morale torbida si troverebbero presto a essere circondati da terra bruciata, con il risultato che non potrebbero pubblicare i loro contenuti su nessuno dei social media più popolari della Rete. A ben vedere, un simile presupposto è accompagnato da qualche perplessità, sembra infatti quanto mai pericoloso il lasciare nelle mani delle ditte in questione le redini della censura, visto che il loro atteggiamento si dimostra ondivago, fortemente dipendente dal contesto mercantile del momento.

 

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