Shadow of the Tomb Raider

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Siamo tornati a toccare con mano un’ultima volta prima dell’uscita Shadow of the Tomb Raider, ormai entrato in fase gold. Scoprite come ci è sembrato con la nostra anteprima.

A quasi cinque mesi di distanza dalla nostra prima prova londinese con la nuova avventura di Lara Croft, torniamo a parlavi nuovamente di Shadow of the Tomb Raider con questa anteprima dalla prova di una versione ormai definitiva del titolo, entrato in fase gold, che arriverà sugli scaffali dei negozi il prossimo 14 settembre per PC, PlayStation 4 e Xbox One.

 

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Questo titolo rappresenta il terzo capitolo del nuovo corso di Tomb Raider avviato da Crystal Dynamics nel 2013, il quale verrà però portato a compimento dai ragazzi di Eidos Montreal, visto che il team di sviluppo originale è stato dirottato dal publisher Square Enix su altri prodotti. Durante la presentazione introduttiva di quest’ultima prove è emerso, dalle parole del narrative director, Jason Dozois, e del lead game designer, Heath Smith, che si possa trattare della conclusione solo della trilogia sulle origini di Lara.

Insomma, di come dalla giovane ragazza insicura del primo gioco sia diventata la saccheggiatrice di tombe che tutti amiamo. Che sia dunque in cantiere già una seconda trilogia, con una Lara già più navigata e avventure decisamente più impegnative da affrontare? Per ora si tratta solo di nostre supposizioni, ma l’idea potrebbe essere allettante. Ora, superate tutte le introduzioni e speculazioni del caso, addentriamoci più nel dettaglio nell’analisi di quest’ultima build provata qualche giorno fa alla Microsoft House di Milano, su una Xbox One X .

 

 

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La nuova build comprendeva circa 3 ore e mezza di gioco, rimettendoci nei panni di Lara subito dopo il punto in cui eravamo arrivati nella demo di Londra

La build a nostra disposizione comprendeva circa 3 ore e mezza di gioco, rimettendoci nei panni di Lara subito dopo il punto in cui eravamo arrivati nella demo di Londra. Qualora non l’aveste letta (per approfondire trovate il link sopra) vi basti sapere che Lara e il fido Jonah (l’ex cuoco della nave Endurance nel primo gioco) si trovano a Cozumel, in Messico, sulle tracce della Trinità; da qui verranno condotti in un’antica struttura Maya dove, rimuovendo una daga dal suo piedistallo, Lara azionerà accidentalmente un meccanismo legato a una antica profezia che conduce alla fine del mondo.

Dopo essere riusciti a mettere in salvo la pelle di Lara e a ricongiungerci con Jonah, vedremo un litigio tra i due.

Gli effetti li vediamo fin da subito, visto che la città viene dilaniata da un colossale tsunami, e dopo essere riusciti a mettere in salvo la pelle e a ricongiungerci con Jonah, vedremo un litigio tra i due: Lara, consapevole del pericolo che ha involontariamente scatenato, preme per mettersi subito alle costole del capoccia della Trinità che, ovviamente, le ha sfilato la daga dalle mani; Jonah invece le fa notare che per colpa della sua avventatezza c’è della gente innocente che sta morendo, e che non intende aiutarla a inseguire un folle chissà dove finché non avranno fatto tutto il possibile per aiutare gli abitanti del villaggio.

Questo aspetto narrativo più forte, concreto e realistico rispetto ai primi due capitoli, ha continuato a permeare l’avventura anche in questa seconda build. Lara e Jonah partono in elicottero, rimettendosi sulle tracce della Trinità; eviteremo spoiler di sorta visto che siamo già oltre le due ore di gioco a questo punto, ma vi basti sapere che dopo varie vicissitudini ci ritroveremo coi due nel bel mezzo della giungla, dove Lara ci appare più introspettiva e matura che mai, tanto da confidare a Jonah alcuni dei ricordi che conserva con più affetto del rapporto con sua madre, seduti davanti a un falò. Lara inizia a riflettere anche sulle conseguenze delle proprie azioni, interrogandosi sulla fragilità dell’animo umano e su cosa farebbe se avesse davvero il potere di ridisegnare il mondo.

 

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Parlando maggiormente di ambientazione e gameplay, abbiamo finalmente messo piede nella giungla che farà da sfondo alla maggior parte delle sequenze di gioco, diventando a sua volta protagonista e improntando l’azione su uno stile decisamente survival. Lara si deve procurare materiali raccogliendoli da rami o arbusti sia per creare medi-kit che per le frecce del fidato arco e altri vari consumabili. Si potranno inoltre usare piante specifiche per  potenziare i sensi di Lara e individuare più facilmente le belve che si celano nell’ombra, dalle quali potremo nasconderci anche sfruttando elementi naturali come il fango.

Non ci si può nascondere per sempre però, e lo abbiamo imparato a nostre spese durante un paio di scontri davvero tosti con dei giaguari, dove il mood spara e riparati che spesso si utilizza con i nemici umani risulta inefficace ed è preferibile adottare un approccio un po’ più psicologico, stabilendo chi sia il predatore e chi la preda, e avere prontezza di riflessi per schivare gli attacchi fulminei di queste belve. Di sicuro ci saranno molti altri animali feroci in agguato tra le ombre di questa giungla, fortunatamente non ne abbiamo incontrati altri durante la nostra prova.

Riposando al falò abbiamo potuto dare un’occhiata anche all’albero delle abilità dove si possono spendere i punti esperienza accumulati durante il gioco. L’albero è composto da tre rami (abilità da esploratrice, da guerriera, e da saccheggiatrice) per un totale di oltre sessanta caselle che renderanno la nostra Lara davvero invincibile. Piccola chicca che di sicuro renderà contenti i fan storici della serie, sempre dal falò è possibile cambiare gli abiti di Lara, e tra quelli presenti nella nostra build c’erano anche quello del disastroso Tomb Raider: The Angel of Darkness e la skin poligonale del primo indimenticabile Tomb Raider.

 

 

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Infine è necessario spendere qualche parola per Paititi, la mitologica città perduta del regno Inca con la cui scoperta si concludeva la nostra build e che rappresenta il più grande hub di Shadow of the Tomb Raider. La città, rimasto celato per secoli,  è abitata da popolazioni indigene, fungendo da punto di contatto fra le principali culture mesoamericane antiche, e nei suoi distretti si possono riconoscere influenze Maya, Inca e Azteche. Paititi rappresenta un’area parecchio estesa sia in orizzontale che in verticale, popolata da svariati NPC che portano avanti le proprie vite; chiacchierare con i locali ci permetterà di scoprire qualche aspetto in più della loro cultura, raccogliendo informazioni sui miti delle antiche civiltà dell’America Centrale, e di ottenere qualche incarico secondario.

Quanto visto finora ci ha decisamente convinti della qualità del prodotto, ma ci riserviamo ovviamente di esprimere un giudizio più approfondito solo in sede di recensione. Possiamo però dissipare fin da subito le incertezze che avevamo sul lato tecnico dopo la prova della prima build a Londra, dal momento che, complice anche la resa da Xbox One X sul pannello Samsung 4K in cui abbiamo provato il gioco, questa nuova build ci è sembrata davvero uno spettacolo per gli occhi, un tripudio di dettagli che si avvicina paurosamente a quello del rivale Uncharted 4, che essendo un’esclusiva poteva contare su un’ottimizzazione per PlayStation 4 che invece Shadow of the Tomb Raider, in quanto multipiattaforma, non ha. Le aspettative, a questo punto, sono altissime, e non ci resta che aspettare il 14 settembre per mettere le mani sul titolo.

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