Star Wars tra scienza e mito [2/4]

Cari legaioli, continuiamo il nostro viaggio nella mia tesi di maturità che avevamo iniziato qui, per parlare oggi della fiaba e della sua struttura applicata alla storia di Star Wars.
Quello che vedete qui sopra è Vladimir Propp, un famosissimo linguista ed antropologo di origini russe, che ha sviluppato il cosiddetto “Schema di Propp”: nel suo saggio “Morfologia della fiaba” (che ho letto con vivo interesse, davvero impressionante) egli raffronta le vecchie storie della sua terra e scopre delle cose moooolto interessanti… Non proseguo oltre altrimenti vi rovino la lettura ;)

Star Wars e la fiaba

Nel 1928 Vladimir Propp, linguista e antropologo russo, scrisse Morfologia della fiaba, studio sulla struttura e sull’origine dei racconti russi. Analizzando, confrontando e studiando a fondo centinaia di racconti folcloristici della sua terra natia, Propp individuò una struttura di base che accumunava le favole di magia, da noi meglio note con il nome di fiabe: una concatenazione di funzioni (divieto, allontanamento, lotta, eccetera), comune ai racconti apparentemente più disparati, non solo della Russia, ma di tutto il mondo.
Propp definisce la funzione come l’operato d’un personaggio determinato dal punto di vista del suo significato per lo svolgimento della vicenda. Le funzioni sono indipendenti dall’identità di chi le esegue, limitate e seguono una successione sempre identica (non mutano ordine neanche in assenza di alcune di esse). Tale caratteristica fa’ si che le fiabe assumano struttura monotipica, ossia tutte presentano la medesima successione di funzioni.
Esplicitando il valore delle funzioni, Propp si rende conto della impossibilità di un lavoro dettagliato, in cui ogni funzione viene definita e classificata: secondo lo studioso infatti, non si può esaminare la specie in una morfologia generale; pertanto, egli si limita ad individuare dei generi di funzione in cui avviene sempre lo stesso evento generico, declinato poi in maniera particolareggiata a seconda della fiaba.
Un esempio chiarificatore potrebbe essere l’episodio in cui al giovane Ivan viene vietato di abbandonare la isba: esso corrisponde, funzionalmente, al divieto che il re fa al figlio di cavalcare il cavallo bianco. Esteriormente, i due avvenimenti paiono molto diversi: i protagonisti, Ivan e il principe, sono di diversa estrazione sociale, così come l’oggetto dei loro desideri, abbandonare la isba e montare il cavallo bianco, sembrano non aver nulla in comune. Grazie agli studi di Propp invece, sappiamo che la funzione che caratterizza questi due episodi è la stessa, ossia il divieto.

L’ordine delle funzioni, raggruppate nello schema: equilibrio iniziale – rottura – peripezie dell’eroe – ristabilimento dell’equilibrio, è noto come Sequenza di Propp, e comprende 31 funzioni:

1.Allontanamento: uno dei membri della famiglia si allontana da casa
2.Divieto (o ordine): all’eroe viene imposto un divieto
3.Infrazione: il divieto è infranto
4.Investigazione: l’antagonista fa delle ricerche sull’eroe;
5.Delazione: l’antagonista riceve le informazioni;
6.Tranello: l’antagonista tenta di ingannare l’eroe;
7.Connivenza: l’eroe cade nel tranello;
8.Danneggiamento (o mancanza):l’antagonista reca danno all’eroe (o viene a mancare qualcosa)
9.Mediazione: il danneggiamento o la mancanza vengono resi noti;
10.Consenso: l’eroe reagisce;
11.Partenza: l’eroe parte;
12.Funzione del donatore: il donatore mette alla prova l’eroe;
13.Reazione: l’eroe supera la prova;
14.Fornitura: il donatore dà l’oggetto magico all’eroe;
15.Trasferimento: l’eroe si trasferisce, o viene condotto sul luogo in cui si trova l’oggetto delle sue ricerche;
16.Lotta: l’eroe e l’antagonista ingaggiano direttamente la lotta;
17.Marchiatura: all’eroe è impresso un marchio;
18.Vittoria: l’antagonista è vinto;
19.Rimozione: l’eroe viene liberato dal danno o dalla mancanza iniziale;
20.Ritorno: l’eroe ritorna;
21.Persecuzione: l’eroe è sottoposto a persecuzione;
22.Salvataggio: l’eroe si salva;
23.Arrivo in incognito: l’eroe arriva in incognito a casa o in un altro paese;
24.Pretese infondate: il falso eroe avanza pretese senza fondamento;
25.Prova: all’eroe è imposto un compito difficile, una prova da superare;
26.Adempimento: il compito difficile è eseguito;
27.Identificazione: l’eroe viene riconosciuto
28.Smascheramento: il falso eroe o l’antagonista viene smascherato;
29.Trasfigurazione: l’eroe assume nuove sembianze;
30.Punizione: l’antagonista viene punito;
31.Lieto fine: l’eroe ottiene il premio finale; spesso si sposa o ottiene un regno;

Propp studia anche la caratterizzazione dei personaggi, suddivisi tra: protagonista (eroe), antagonista, mandante (colui che invia l’eroe in missione), donatore (colui che dona il mezzo magico all’eroe), aiutante (si occupa del trasferimento dell’eroe e/o del suo salvataggio nei momenti difficili), principessa (il personaggio cercato con cui l’eroe convoglia a nozze) e il falso eroe (avanza pretese infondate sostituendosi all’eroe).
Ogni personaggio si inserisce nella favola in maniera diversa, e si occupa di diverse sfere d’azione, cioè determinati raggruppamenti di funzioni. Ad esempio, nella sfera d’azione dell’antagonista, rientrano le funzioni: danneggiamento, combattimento con l’eroe e persecuzione di quest’ultimo.
Da sottolineare anche come lo stesso personaggio possa ricoprire più ruoli: spesso la medesima persona è sia mandante che donatore, o aiutante e donatore allo stesso tempo (è il caso di Obi-Wan che, nel ruolo di mandante, si occupa del trasferimento di Luke al luogo della sua missione, mentre vestendo i panni del donatore dona a quest’ultimo la spada laser).

Propp non fu però l’unico che applicò il metodo scientifico allo studio delle fiabe: sebbene da differenti punti di vista, esse furono oggetto di interesse anche per la psicologia moderna.

Sigmund Freud, Carl G. Jung e la fiaba

«…lo spirito umano possiede modi di comportamento universali e tipici che costituiscono il pattern of behaviour biologico. Queste forme preesistenti, innate (archetipi) possono produrre negli individui più diversi idee o combinazioni di idee che sono praticamente identiche…»
– C.G.Jung: “La libido: simboli e trasformazioni”, Boringhieri, Torino 1965, p.307

Nel 1900 Freud pubblica L’interpretazione dei sogni: la sua teoria è che il sogno sia l’appagamento allucinatorio di un desiderio inesaudito. Durante la nostra vita infatti, ci troviamo a volte costretti a reprimere impulsi e desideri inconsci che contrastano con la nostra ragione o con il nostro Io; tali impulsi non vengono cancellati, bensì relegati in un angolo della nostra mente, dove però svolgono una funzione negativa e distruttiva. I desideri non realizzati rappresentano quindi per il soggetto un problema: un malessere che trova applicazione non solo nel sogno, ma anche nel lapsus o nell’atto mancato (ossia compiere o dire qualcosa involontariamente).
L’accesso alle cause di questi problemi risiede nello studio di tali manifestazioni involontarie, ma è specialmente durante il sonno, quando la nostra coscienza abbassa le difese contro gli impulsi repressi, che abbiamo maggiori possibilità di sviscerare i nostri disagi interiori.

Applicando i suoi studi di psicologia alle fiabe, Freud ne analizza la struttura e i contenuti, individuandovi quattro sezioni, proprio come in un sogno: la prima, dove vengono riportati luogo, tempo, spazio e personaggi; la seconda, che illustra gli avvenimenti dei personaggi, il loro agire; la terza sezione è occupata dal momento di crisi, dove il protagonista fronteggia eventi terrificanti dai quali però, nell’ultima fase, esce vincitore e rinato.
In tal senso, la fiaba svolge un ruolo catartico per l’ascoltatore (bambino o adulto che sia): in essa è individuabile infatti il percorso di crescita della coscienza del soggetto, che è chiamato ad affrontare svariate prove per realizzarsi e conoscere la sua vera natura.
Freud suddivide la mente umana in due topiche: la prima è costituita da inconscio, preconscio e conscio, mentre la seconda è tripartita in Es (Id), Io (Ego) e Super-Io (Super-Ego). L’inconscio è la zona della mente dove risiedono le pulsioni e gli istinti di cui non siamo consapevoli: al suo interno opera infatti l’Es, che è l’istanza più naturale dell’uomo, l’insieme delle pulsioni di carattere erotico, auto-distruttive ed aggressive. Nel preconscio invece sono situati una serie di elementi provenienti dall’inconscio, ma che è possibile, al momento opportuno, richiamare alla coscienza (e quindi al conscio) oppure rimuovere. Il conscio infatti è la sezione della mente di cui siamo consapevoli, che ci permette di rapportarci con il mondo circostante.
Per quanto concerne la seconda topica, Freud definisce l’Io come la struttura che media tra l’Es e la realtà con le sue norme e i suoi divieti, i quali vengono interiorizzati ed espressi dal Super Io: per farlo, utilizza una serie di strumenti come la memoria, la coscienza e l’attenzione. Mente l’Es opera solo nell’inconscio, l’Io e il Super Io sono entrambi ripartibili tra inconscio, preconscio e conscio, anche se la loro attività in quest’ultimo è piuttosto ridotta.
La separazione della mente nelle due topiche, specie in quella Id-Ego-Super Ego, risultò applicabile anche alle fiabe: le imposizioni o i divieti che stabiliscono le figure parentali rappresentano il Super-Io, che non è però sufficientemente interiorizzato nella coscienza del protagonista, tanto che questi, spinto dall’Es, devia su altri sentieri. Interviene repentinamente l’azione dell’Io, che con il rimorso fa presagire l’avvento di molte sventure: tuttavia, compiuta ormai la trasgressione, al protagonista non resta che accettare l’immersione nell’inconscio e lottare per risalire al più presto in superficie. L’atto di immersione nelle profondità della psiche avviene su due livelli, ossia dall’inconscio personale (dove trovano posto i conflitti interni) a quello collettivo (dove il soggetto si scontra con gli archetipi comuni e distruttivi).

Tale suddivisione è merito degli studi dello psichiatra svizzero Car Gustav Jung, allievo di Freud, che teorizzò la presenza di un inconscio collettivo oltre a quello individuale. La base della teoria di Jung è che l’umanità possieda un “inconscio collettivo” e che questo sia presente, in aggiunta all’inconscio personale, in ogni uomo. Questa particolare recondita zona della nostra mente è costituita da una serie di archetipi, ossia idee innate, predeterminate, del tutto assimilabili filosoficamente alle idee platoniche; gli archetipi precedono l’esperienza, sulla quale invece si fonda l’inconscio personale. Nella fiaba e in particolare nella mitologia gli archetipi junghiani sono risultati presenti in larga misura, in quanto pur assumendo di volta in volta forme diverse presentano comuni caratteristiche di fondo (ad esempio il “cattivo” può essere la strega, il lupo o il cacciatore, così come la “buona madre” può prendere le sembianze della fatina o della Baba Yaga: cambia l’aspetto, ma l’archetipo è sempre lo stesso).
Il riemergere dagli abissi oscuri dell’inconscio, (prima individuale, poi collettivo) è per il protagonista della fiaba l’atto che sancisce la sua crescita, la sua maturazione emotiva, la sua maggiore consapevolezza nei confronti del mondo esterno, ma anche di se stesso.

Un ottimo esempio ci viene fornito dal romanzo Le avventure di Pinocchio, scritto da Carlo Collodi nel 1881: il burattino, disobbedendo ai consigli del Grillo Parlante (che rappresenta il Super-Io), si avventura nei meandri dell’inconscio, guidato dall’Es, partendo dalle terribili avventure con Mangiafuoco fino al Paese dei Balocchi, per poi finire inghiottito dalla balena (il culmine dell’immersione): una volta uscitovi e rimessosi sulla retta via, Pinocchio si trasforma in ragazzo (sviluppo e crescita del protagonista).
La coscienza del bambino che ascolta la fiaba prende quindi parte a un processo di vera e propria guarigione psichica, nel quale, superando le paure e le angosce sia interiori che collettive, questi ritorna ad avere il pieno controllo sulla propria vita, che affronterà con determinazione e coraggio.
È questo un processo fondamentale e necessario per la maturazione di una persona, specie durante l’infanzia; il bambino, immedesimandosi nel protagonista della storia, affronta la controparte fiabesca delle proprie paure e delle difficoltà della vita. Una volta che il protagonista ha sconfitto il cattivo, anche il bambino ritornerà alla realtà avendo esorcizzato lui stesso il male che lo minacciava.
Comparando sogno e fiabe, Freud riporta poi l’emblematico caso del sogno in cui ci si trova nudi in compagnia degli altri, generato dall’infantile desiderio di spogliarsi davanti ai genitori: lo stesso desiderio è alla base della fiaba di Andersen I vestiti nuovi dell’imperatore.

Può la saga di Star Wars essere considerata una moderna favola di magia?

Una trilogia (o in termini più ampi, esalogia) complessa e variegata come Star Wars non può essere completamente ascritta ad una struttura che appare nel complesso piuttosto primitiva, soprattutto per ovvie esigenze cinematografiche.
Risultano quindi alcuni elementi di discrepanza con la sequenza di Propp, che però non ne inficiano la validità generale e ci permettono di guardare a Guerre Stellari come ad una favola moderna.
Innanzitutto, vi sono molteplici livelli di interpretazione, specialmente riguardo la nuova trilogia e le azioni che hanno portato Anakin a trasformarsi in Darth Vader, oltre che al vero ruolo di Obi Wan (saggio maestro o vecchio troppo ancorato al passato?) e al controverso rapporto tra Luke e Leila, che si scoprirà poi essere sua sorella. Troviamo inoltre diverse funzioni ripetute, poiché riferibili a diversi personaggi (ognuno dei protagonisti infatti compirà il proprio personalissimo percorso di crescita).

Altro elemento da sottolineare è che l’eroe non ottiene in premio la principessa. La funzione di Luke, sebbene in un primo momento sembri quella canonica dell’eroe, ossia salvataggio e matrimonio con la principessa imprigionata, è ben diversa. Egli è chiamato a salvare un intera galassia dalla malvagia minaccia dell’Impero: non può e non deve (è pur sempre destinato a diventare un Cavaliere Jedi, e quindi deve rispettare un rigido codice morale) avere rapporti affettivi particolari.
Con l’uscita nelle sale della nuova trilogia, verrà ulteriormente approfondita tale questione: il legame affettivo che unisce Anakin e Padme sarà infatti la causa stessa della rovina del giovane, che non riesce a separarsi dall’amata e pur di salvarla (poi senza successo) si concede al Lato Oscuro; pertanto, non potendo Luke compiere gli stessi errori del padre, risulta naturale l’assenza di una sua compagna al termine della saga. Il premio che il giovane Skywalker riceve alla fine della sua avventura è l’ingresso nell’ordine Jedi: con esso, una decisa rinascita interiore (è il fine ultimo dell’eroe) che culmina nel sincero perdono verso suo padre.
Vi sono poi più momenti di scontro con più antagonisti. Una favola classica presuppone un solo momento di scontro con l’antagonista che viene sconfitto (oppure, una serie di prove tutte però raggruppabili nell’unica funzione lotta); spesso vi è anche una seconda prova che l’eroe dovrà affrontare, con il falso eroe che cerca di prendersi meriti che non gli spettano.

Nella trilogia originale, in tre film abbiamo tre diversi momenti di scontro: i primi due (battaglia di Yavin e battaglia di Hoth) sono però propedeutici e funzionali allo scontro finale tra Luke e l’antagonista di I livello, Darth Vader. Le due grandi battaglie infatti si concludono nel complesso in parità: nella prima, i ribelli distruggono la Morte Nera, mentre su Hoth l’Impero annienta la base ribelle costringendo l’Alleanza alla fuga. L’intenso duello si svolge tra Luke e Darth Vader su Cloud City, dove Vader rivela a Luke di essere suo padre (altro elemento significativamente innovativo, che non trova precedenti nella storia delle fiabe); il figlio, questa volta seguendo sì lo schema di Propp, viene ferito e marchiato: perde una mano, che gli viene in seguito ricostruita.
Ne Il Ritorno dello Jedi abbiamo la definitiva battaglia, il momento culminante e cruciale dell’avventura del giovane Skywalker, dove durante l’eterno conflitto tra bene e male si decideranno in pochi attimi le sorti della Galassia. Luke affronta nuovamente suo padre, alla presenza dell’Imperatore: questi, resosi conto della potenza del giovane, più forte di quella di Vader, cerca di attirarlo al lato oscuro, facendo crescere in lui sentimenti di rabbia e vendetta nei confronti del padre. Luke ingaggia una lotta con Vader, lo ferisce ed è sul punto di ucciderlo: riprende tuttavia in tempo il controllo di sé, grazie alla sua forza di volontà (ancora una volta, riesce dove il padre aveva fallito), rischiando però di soccombere sotto i potenti attacchi dell’Imperatore che vede svanire i propri piani. Vader, chiamato ad una scelta tra bene e male che lascia intravedere una possibilità di redenzione, compie un grande atto di coraggio e si sacrifica per il figlio, facendogli da scudo e nel contempo riuscendo a uccidere l’Imperatore: esalando l’ultimo respiro, ottiene il perdono tra le braccia di Luke.

Punti di contatto e non tra fiaba e saga
(Le funzioni barrate sono quelle assenti)

1.Allontanamento. Luke, nella situazione iniziale, vive con i suoi zii sul periferico e desolato pianeta Tatooine. Un giorno lo zio acquista due droidi, R2D2 e C3PO, ovvero i robot che, recando con loro il messaggio di aiuto della principessa Leila Organa, sono riusciti a scappare dalla prigionia di Darth Vader. Luke scopre il messaggio, nel quale sente nominare un certo Obi-Wan Kenobi, probabilmente ora conosciuto come Ben, il vecchio eremita che vive sulle montagne. Il giovane vorrebbe partire alla sua ricerca, ma gli zii glielo vietano. Il piccolo droide R2D2 però scappa lo stesso alla ricerca del vecchio Obi-Wan.
2.Divieto. Gli zii proibiscono a Luke di iscriversi entro l’anno all’Accademia per piloti, e di lasciare la fattoria per cercare Kenobi: hanno ancora bisogno di lui per il raccolto. Luke soffre e protesta, ma è costretto ad accettare.
3.Infrazione. La mattina dopo, Luke va in cerca di R2D2 che era fuggito nottetempo: viene aggredito dai violenti predoni Tusken, e salvato da morte certa grazie all’intervento di Ben Kenobi (ecco l’elemento di aiuto soprannaturale), che svela a Luke le sue origini: egli è figlio di un Jedi, che è stato ucciso da Darth Vader, e ora è suo compito apprendere le vie della Forza e andare a salvare la principessa e la Galassia. Una sconvolgente dichiarazione che spiazza Luke il quale, combattuto tra la sete di avventura e il dovere verso gli zii, rifiuta a malincuore l’offerta di Obi-Wan. Nel percorso dell’eroe, questo passo è chiamato “rifiuto all’appello”. Da sottolineare inoltre la duplice funzione di Ben di mandante e donatore: egli consegna infatti a Luke una spada laser, l’arma dei Jedi, promettendogli di insegnargli ad usarla.
4.Investigazione. Il cattivo cerca di raccogliere informazioni sull’eroe. In questo caso le truppe imperiali perquisiscono il pianeta alla ricerca dei due droidi.
5.Delazione:
6.Tranello:
7.Connivenza:

8.Danneggiamento: Le truppe imperiali devastano la fattoria degli zii di Luke, uccidendoli. Inoltre, il danneggiamento in questo senso riguarda l’intera Galassia che è minacciata da un Impero sempre più forte, oppressivo e violento.
9.Mediazione: il danneggiamento e la mancanza vengono resi noti. Luke, tornando alla fattoria, scopre la tragedia.
10.Consenso: inizio della reazione. Luke acconsente all’appello. È il primo passo per diventare eroe: il suo mandante, nonché donatore, aiutante e maestro è ovviamente Obi-Wan Kenobi.
11.Partenza: Luke e il resto del gruppo si dirigono a Mos Eisley, malfamato porto spaziale, per trovare un’astronave. Saliranno a bordo del Millenium Falcon, in compagnia di Han Solo e Chewbacca.

NOTA: Qui la trilogia si discosta per ovvi motivi dal classico cammino della favola; A prima vista potrebbe, per certi versi, concludersi qui (ed effettivamente Guerre Stellari – Una nuova speranza finisce proprio così), con una serie di prove che Luke e i suoi compagni si trovano costretti ad affrontare e che risolveranno brillantemente. Verranno infatti catturati dall’Impero, ma salveranno la Principessa e distruggeranno la Morte Nera. Tuttavia, Ben Kenobi morirà in duello con Fener, e Luke sarà ancora, inconsapevolmente, a metà strada del suo cammino da eroe: altre grandi prove lo aspetteranno, questa volta senza l’aiuto del suo maestro.

12.Prima funzione del donatore: Luke viene messo alla prova, in modo da essere preparato a ricevere l’oggetto magico o incontrare un nuovo aiutante/donatore. Nello specifico, subisce l’aggressione di un mostro delle nevi, nel gelido pianeta Hoth, dove i Ribelli hanno stabilito la loro base. In punto di morte (verrà salvato da Han Solo, che ancora una volta compie una delle più classiche funzioni dell’aiutante, cioè salvare il protagonista) riceve una visione di Kenobi che lo esorta ad andare sul pianeta Dagobah alla ricerca del vecchio Joda, Maestro Jedi. Recatosi su Dagobah, Luke inizia un durissimo allenamento psicofisico, alla scoperta del proprio inconscio e delle proprie paure, da cui dovrà liberarsi prima di poter rinascere come vero eroe.
13.Reazione dell’eroe: Luke non supera del tutto l’addestramento. Non è ancora un formato e addestrato cavaliere Jedi, ma sceglie di interrompere le lezioni e correre a salvare i suoi amici, che ha sentito essere in pericolo, su Cloud City. Yoda e Kenobi non sono d’accordo, ma Luke parte lo stesso, senza aver appreso a fondo l’uso della Forza (la funzione 14, diretta acquisizione dell’oggetto magico, è infatti assente).

NOTA: Questo punto della trama è particolarmente controverso e ha rappresentato per me una notevole difficoltà di interpretazione, per cui c’è da chiedersi: Luke impersona qui il giovane ribelle che ha ancora molto da imparare, e trasgredisce (a proprie spese, come si vedrà poi) agli ordini dei saggi, oppure rappresenta quel cambiamento che è in grado di spezzare l’obsoleta mentalità ascetica dei vecchi maestri Jedi, tutta legata alla contemplazione e poco all’azione? Un’analisi superficiale potrebbe infatti vedere nel gesto di Luke le azioni di un avventato ragazzo che si ribella al divieto dei superiori, che invece sono depositari della saggezza e del giusto modo di agire, riflessivi e pacati. Scavando più a fondo, emerge però un ritratto dei due Maestri come due statiche figure che incarnano il passato, il vecchio, l’Ordine Jedi di un tempo (Ben e Yoda ne sono gli ultimi sopravvissuti) che ha fallito nel contrastare la minaccia dell’Imperatore, proprio perché troppo discostato dalla pratica, contemplativo, fiducioso nella Forza e quindi per certi versi anche fatalistico. Luke invece è l’emblema del nuovo che avanza, del cambiamento, della modernità, del libero arbitrio: egli sa che è il momento di agire, che non può perdere altro tempo ad allenarsi e a meditare mentre i suoi amici (e tutta la Galassia) sono in pericolo. Trasgredendo ai consigli degli anziani, il giovane Skywalker spezza i legami che tengono insieme il vecchio dal nuovo, preparando il terreno per la rifondazione di un nuovo Ordine Jedi, di cui lui sarà il primo Maestro. In quest’ottica di completo rinnovamento, assumono più chiarezza anche i ruoli degli altri protagonisti, chiamati ad impersonare la nuova filosofia della Galassia: una mentalità attiva, energica, esuberante, in netto contrasto con quella che dominava la vecchia Repubblica e che ha contribuito alla sua rovina (una mentalità statica che ben sarà rappresentata da Lucas nella nuova Trilogia).

14.Acquisizione oggetto magico.

NOTA: Ho ritenuto opportuno barrare la funzione 14 in quanto non risulta evidente un vero e proprio atto di acquisizione dell’oggetto magico (in questo caso, l’uso corretto della Forza) anzi, è Luke stesso che ne interrompe l’apprendimento, trasgredendo ai consigli dei Maestri. La sua formazione completa come Jedi si concluderà sul campo, dopo le numerose avventure, alla fine della trilogia.

15.Trasferimento: Luke viaggia verso Cloud City dove nel frattempo l’amico di Han Solo, Lando Clarissan, ha tradito i suoi compagni vendendoli a Darth Vader. Il malvagio Sith ha imprigionato Han nella carbonite (come pietrificato: un topos ricorrente, quello della pietrificazione, specie nella mitologia greca) e l’ha venduto al viscido boss interstellare Jabba The Hutt.
16.Lotta: Luke e Vader combattono con la spada laser tra le passerelle di Cloud City.
17.Marchiatura: Luke perde una mano durante la battaglia: rifiuta l’offerta di collaborare con il padre, e si lascia cadere nel vuoto, preferendo la morte; impigliatosi in una sporgenza, verrà miracolosamente salvato da Leila, che lo cura a bordo del Millenium Falcon. Insieme si dirigono verso il covo di Jabba per salvare Han.

NOTA: Il secondo film, L’Impero colpisce ancora, si conclude a questo punto. Il Ritorno dello Jedi, ultimo capitolo della trilogia, ha inizio con il salvataggio di Han da parte di Luke, Leila e Lando. Per esigenze cinematografiche, le funzioni di Propp subiscono quindi ancora una volta una deviazione, nella quale trovano spazio ulteriori avventure. Tra queste, l’arrivo sulla Luna boscosa di Endor, dove è situato il generatore del campo di forza che protegge la nuova Morte Nera. Sarà compito degli amici di Luke, coadiuvati dai nativi del luogo (dei piccoli animali simili a orsetti, chiamati Ewok) distruggere tale generatore, per permettere al giovane di entrare nella Morte Nera e sconfiggere suo padre e l’Imperatore. Prima di far ciò, Luke si reca a Dagobah, al fine di concludere il suo addestramento: Joda è però vecchio e malato, e spira tra le braccia del giovane Skywalker. Luke capisce quindi di non aver più nulla da apprendere: ora è un Jedi a tutti gli effetti, l’ultimo rimasto ma anche il più nuovo, simbolo di quel Ritorno tanto auspicato e finalmente avveratosi. Fortemente motivato e determinato a ristabilire un nuovo ordine nella Galassia, si avvia verso la Morte Nera, per lo scontro finale.

18.Vittoria: il cattivo è sconfitto. Giunto a bordo della Morte Nera, Skywalker viene immediatamente catturato e portato al cospetto dell’Imperatore e di Vader. Qui l’Oscuro Signore tenta prima di adularlo, offrendogli un posto d’onore alla guida dell’Impero poi, resosi conto dell’incrollabile fedeltà alla causa che anima il giovane, gli fa credere di aver ucciso tutti i suoi amici su Endor. Messo alle strette e quasi convinto dalle parole dell’Imperatore, Luke sente montare in sé la rabbia e l’odio tanto che, affascinato dal Lato Oscuro e dalla sua temibile forza distruttiva, ingaggia una lotta furiosa con suo padre.

Questa volta, è il padre a soccombere al figlio: ferito gravemente, Darth Vader sta per perire sotto i colpi di Luke, che viene incitato dall’Imperatore a compiere il patricidio. L’Oscuro Signore vede nel giovane Skywalker una forza immensa e non aspetta altro che soggiogarla a sé, così come ha fatto (si scoprirà nella Nuova Trilogia) incatenando Anakin ai violenti sentimenti del Lato Oscuro e trasformandolo in Darth Vader. Ciò che però distingue ancora una volta Luke da suo padre è la presa di consapevolezza che il giovane ha rispetto a quest’ultimo: si ferma in tempo, lo risparmia, non lo uccide, non compie i suoi stessi errori. Furioso e accecato dalla rabbia, l’Imperatore scatena tutta la sua potenza in fulmini di Forza scagliati in direzione di Luke. In pochi istanti, Darth Vader vede il barlume di una seconda possibilità: salvare sé stesso, lasciando morire il figlio e quindi continuare la sua opera di terrore e morte, oppure sacrificarsi per il bene, non solo di Luke, ma di tutto l’universo? In una parola, Anakin/Vader viene chiamato ancora una volta a scegliere tra bene e male. Come era prevedibile, in una favola che è destinata ad un lieto fine, Anakin Skywalker (e qui ci sono tutti i presupposti per chiamarlo col suo vero nome) con un estremo atto di volontà e di forza si offre come scudo al figlio e riesce a rispondere ai colpi dell’Imperatore gettandolo nel vuoto del condotto di areazione. Segue poi una scena molto commovente in cui Anakin, tra le braccia di Luke, spira ottenendo il suo perdono. È da sottolineare il gesto di rimozione del casco da parte di Darth Vader, che era allo stesso tempo simbolo di terrore e morte, nella sua caratteristica lucida superficie nera, ma anche un fondamentale strumento di sopravvivenza, parte integrante del meccanismo che gli permetteva di stare in vita. Uno strumento quindi che legava imprescindibilmente la vita di Anakin al suo ruolo di distruttore e di omicida. Rimuovendo il casco, gettando la maschera di assassino e guardando a quattrocchi il figlio, Anakin riesce a far emergere la sua vera anima non corrotta dal Lato Oscuro, un’anima originariamente pura. Tuttavia, il perdono di Luke e la sua redenzione non sono sufficienti a salvare suo padre dalla morte, a cui è destinato: egli spira tra le lacrime del figlio che gli concederà una pira funebre, la cremazione del guerriero, una volta tornato su Endor.

19.Rimozione: L’Impero è stato distrutto e Luke è pronto a guidare un nuovo Ordine Jedi; la Galassia sarà governata dalla Nuova Repubblica.

20.Ritorno:
21.Persecuzione:
22.Salvataggio:
23.Arrivo in incognito:
24.Pretese infondate:
25.Prova:
26.Soluzione: so
27.Identificazione:
28.Smascheramento:

29.Trasfigurazione: all’eroe viene data una nuova apparenza. Luke viene da tutti accolto come un eroe. Nell’ultima scena del film, durante i festeggiamenti, osserva sotto forma di fantasmi di Forza le tre figure di Ben, Yoda e suo padre che gli sorridono orgogliosi.
30.Punizione:
31.Matrimonio o lieto fine: Luke è il nuovo Maestro Jedi, e nella Galassia in festa ci sono tutti i presupposti per la rifondazione di una nuova e giusta Repubblica; Leila e Han sono diventati ufficialmente una coppia.

Direi che per oggi è meglio finirla qua :D

Se siete arrivati alla fine, COMPLIMENTI! Mi dispiaceva spezzare l’argomento fiaba in due articoli, sarebbe stato poco chiaro e avrebbe costretto a “saltare” tra due articoli, cosa molto scomoda.
La prossima volta parleremo del monomyth di Joseph Campbell e della sua validità (molto più pregnante rispetto allo schema della fiaba visto oggi) rispetto alla storia di Star Wars. Articolo pubblicato molto probabilmente domani sera…enjoy ;)

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