Il figlio di 6 anni spende 16.000$ in microtransazioni su Sonic Forces, ma Apple rifiuta ai genitori il rimborso. Di chi è la colpa? I genitori del bambino puntano il dito contro meccaniche predatorie di certi videogame.

Una donna del Connecticut ha imparato a sue spese che lasciar giocare i figli con l’iPad può avere un prezzo molto salato. Jessica Johnson, una broker di 41 anni che vive negli Stati Uniti d’America, la scorsa estate ha notato per la prima volta che sull’estratto conto delle sue carte di credito erano presenti un gran numero di spese insolite e dal costo esorbitante.

Qualcuno stava usando i suoi soldi per fare shopping a botte di 600$ alla volta. L’istinto spontaneo è stato quello di chiamare la sua banca e fare denuncia per frode. “Qualcuno mi ha clonato la carta”, deve aver pensato.

Peccato che il furfantello ce l’avesse in casa: si trattava di suo figlio di 6 anni. La banca le ha spiegato che le spese erano legittime, e venivano tutti dall’account Apple che aveva già usato in precedenza senza problemi. Insomma, se voleva provare a riavere indietro quanto speso avrebbe dovuto contattare direttamente il customer service di Cupertino. La banca su questo era impotente.

 

 

Ricevuta la notizia, la broker ha scoperto che i soldi erano stati tutti spesi sul videogioco preferito da suo figlio: Sonic Forces.

In un solo giorno suo figlio era arrivato a spendere l’impressionante cifra di 2.500$, tutti soldi usati per acquistare beni completamente virtuali, impossibili da rivendere e, come ha presto scoperto la donna, non idonei per il diritto di recesso.

È come se mio figlio di 6 anni avesse scoperto la cocaina per farsi dosi sempre più grosse e costose

ha ironizzato la madre.

Apple ha una policy molto chiara per i casi del genere: il rimborso è assolutamente possibile, a patto che non siano passati più di 60 giorni dal pagamento. Jessica Johnson non è stata così fortunata: non solo non ha scoperto le spese di suo figlio tempestivamente, ma quando l’ha fatto, rivolgendosi alla banca, ha perso settimane preziose per aspettare l’esito delle indagini sulla natura degli acquisti. La donna ora punta il dito contro la sua banca, la Chase di JP Morgan: “il motivo per cui non ho immediatamente chiesto il rimborso è perché loro mi avevano detto che era estremamente probabile che si trattasse di una frode”.

Ovviamente, se avessi saputo che era possibile una cosa del genere, non avrei permesso al mio figlio di 6 anni di effettuare spese per quasi 20.000$ in gettoni d’oro virtuali. Questi giochi sono progettati per essere completamente predatori e manipolare i bambini affinché spendano il più possibile. Quale adulto potrebbe mai spendere 100$ in un forziere di monete d’oro completamente virtuali?

ha detto.