La nostra recensione di Palm Springs, che abbiamo visto alla Festa del Cinema di Roma e che riprende il concept del loop temporale per farne una commedia romantica molto piacevole e carismatica.
Fin dal primo trailer, sapevo che la recensione di Palm Springs avrebbe parlato di un film leggero, senza particolari fronzoli e con poche pretese: il classico prodotto che ti stampa un sorriso in faccia, ti fa empatizzare con la base romantica del racconto e ti fa passare una bella serata.
Infatti Palm Springs è a tutti gli effetti una semplice commedia romantica, che sceglie di poggiarsi del tutto sul concept già visto e consolidato (in qualsiasi medium) del loop temporale (un esempio recente anche in ambito seriale è Russian Doll); il risultato è un’ora e mezza che vanta senza dubbio un certo carisma, capace di far ridere di gusto anche con i luoghi comuni del genere, pur non avendo guizzi incredibili e pur evitando in ogni modo complicazioni o sviluppi più ambiziosi.
Tra l’altro, Palm Springs è anche un ottimo debutto per un lungometraggio sceneggiato per il giovane regista Max Barbakow, che ha trovato tra l’altro un ottimo successo economico, visto che i diritti di distribuzione sono stati acquisiti (anche) da Hulu (servizio di streaming statunitense di Disney e Comcast) per la modifica cifra di qualcosa intorno ai 22 milioni, contro un budget di soli 5. Sempre su Hulu ha avuto un grandissimo successo, imponendosi come il migliore lancio (in termini di ore guardate) della storia del servizio. Insomma, tutto questo per dire che la mia curiosità verso il film era più che giustificata.
Bando alle ciance, continuiamo questa recensione di Palm Springs, che vi ricordo è già nelle sale italiane. Ribadisco ogni volta che qualsiasi occasione è buona per supportare la catena verticale del settore e tornare in sala, e la rom-com di Barbakow mi sembra un buon motivo per risedersi di fronte al grande schermo.
Vivere come se non ci fosse un domani
Il modo con cui Palm Springs parte in medias res è uno dei guizzi più interessanti del film
Palm Springs parte con la più classica delle situazioni legate alla commedia statunitense, o proprio della commedia in generale, ovvero un matrimonio. Si avvia anche in medias res, anche se questo non ci viene gridato in faccia fin dall’inizio, perché il film – e questo è probabilmente uno dei guizzi più interessanti – nelle primissime battute preferisce che le dinamiche sovrannaturali del film vengano inserite (e percepite) progressivamente, in modo da far coincidere il nostro punto di vista con quello della ignara Sarah.
Sarah (Cristin Milioti, la ricorderete come la moglie di Ted in How I May Your Mother) è appunto uno dei protagonisti di Palm Springs, insieme al misterioso Nyles (Andy Samberg), un duo che attraverso una serie di situazioni finisce in un loop temporale da cui non sembra esserci via d’uscita, nemmeno attraverso la morte. Niente da fare, ogni volta che ci si addormenta, si riparte da capo.
Da qui i due, costretti ad una convivenza forzata in questa infinita impasse temporale, mano a mano acquistano confidenza e – come sempre accade in questi contesti narrativi – incominciano a divertirsi nelle situazioni più folli senza badare alle conseguenze delle loro azioni (entro certi limiti).
Palm Springs punta su una comicità fisica e situazionale
Tante scene sono davvero esilaranti, puntano su una comicità fisica e situazionale, su una “violenza” gratuita e situazioni folli (e qui associarlo a meccaniche slapstick come in diversi hanno già fatto ha decisamente un senso), complice il chiaro assist offerto dal soggetto del film. Così Nyles viene trafitto da una freccia dal nulla, si rimuovono bombe da torte nuziali, si infilzano forchette in faccia, ci si schianta e si finisce sotto camion, si casca da furgoncini e ci si spezza il collo, e così viene a galla buona parte del consueto repertorio che ci si potrebbe aspettare in un caso simile, nel mentre che ci si dimentica di vivere in un loop e l’identità passata quasi sfuma in quelli che sono mesi ed anni.
Con tutto questo ben di Dio caciarone Palm Springs riesce a mani basse nell’obiettivo principale di un film simile, quello di intrattenere e divertire per tutta la propria durata, senza particolari crolli di mordente o ritmo. E poi se la comicità fisica ha un’importanza e funziona, buona parte del merito va dato soprattutto agli interpreti, con una Cristin Milioti adorabile e molto espressiva, e con un Andy Samberg completamente disinibito, entrambi in funzione di ruoli praticamente ricamatigli sopra. La chimica tra i due completa poi il quadro e fa davvero la metà del successo del film nei suoi intenti.
Nel cast, anche se ha relativamente poco minutaggio per determinati motivi narrativi, c’è anche J.K. Simmons (il J. Jonah Jameson della trilogia dell’arrampicamuri di Raimi, se non lo conoscete), che comunque massimizza l’efficacia del suo tempo su schermo, sia perché il suo personaggio (anche lui bloccato nel loop) è scritto bene il giusto, sia perché si integra alla perfezione negli equilibri e nei tempi comedy del film, regalando alcuni tra i momenti più esilaranti all’interno di questa ora e mezza. Mi viene ancora da ridere nel ripensare a Roy – questo il nome dell’uomo di mezza età interpretato da Simmons – e il flashback in cui lo vediamo conoscere Miles.
Amore e scienza
Un altro pezzo dell’anima del film di Barbakow, da sottolineare in questa recensione di Palm Springs, sta sicuramente nella sua declinazione romantica, che viene resa digeribile grazie ai toni leggeri del film, che spesso e volentieri non permettono di appesantire troppo l’aspetto sentimentale, e quando lo permettono (non a caso) fanno traballare la scena scollegandola dagli equilibri – sempre sopra le righe – del resto del racconto.
Tuttavia, il cascare nel melenso eccessivo accade praticamente solo in determinati frangenti/scene del finale, ma ci può stare il momento dichiarazioni d’amore e parole sdolcinate vista la natura del prodotto.
Per il resto, Palm Springs funziona senza particolari sbavature, sceglie di ignorare quasi del tutto l’aspetto scientifico della base sci-fi, ingannando sull’importanza di determinate dinamiche e riducendole ad una parentesi tirata via e usata come pretesto (e in questo caso va bene così), per poi scegliere di smorzare l’unico potenziale twist che ha a disposizione per incanalarlo nello sviluppo delle dinamiche della coppia.
è davvero molto difficile che non apprezziate questa commedia romantica così semplice ed essenziale
Per concludere questa recensione di Palm Springs, è davvero molto difficile che non apprezziate questa commedia romantica così semplice ed essenziale, perfetta per una serata spensierata per chi cerca un prodotto che sia sì non banale, ma nemmeno particolarmente pretenzioso. Non aspettatevi colpi di scena, stravolgimenti, sviluppi elaborati o un focus sulla fantascienza che vada oltre le conseguenze naturali e dirette del soggetto, Palm Springs poggia solo su due cose: romanticismo e risate.