La recensione di Nioh 2, il ritorno nel Giappone feudale con il soulslike di Team Ninja, esclusiva PlayStation 4 pubblicata tre anni dopo il primo capitolo.
Il primo Nioh aveva provato a offrire qualcosa di diverso al mercato videoludico: un titolo esuberante, molto votato all’hardcore, deciso a infilarsi in una nicchia e a soddisfare una platea molto ristretta di videogiochi. Il risultato non fu eccezionale, così come anche per questo sequel, che soffre di tante incertezze e di qualche meccanica oramai vetusta.
Il vessillo Sengoku
Ci ritroviamo a vivere una delle pagine più affascinanti della storia del Giappone, quell’era Sengoku che è stata palcoscenico e scenario di moltissime vicende che nel mercato videoludico sono state floride e avvincenti.
Come era stato annunciato già a suo tempo, Nioh 2 è un prequel ambientato cinquant’anni prima l’arrivo di William Adams sulle coste del Giappone: diversamente da quell’eroe occidentale che ci aveva accompagnato nel primo capitolo, stavolta il nostro alter ego è un cacciatore di demoni del quale non è dato sapere molto.
Personalizzabile in ogni sua forma e costituzione, con l’aggiunta di qualsivoglia accessorio vogliate, il protagonista è figlio di un samurai e di una nigitama, una yokai benevola, il che gli permette di assumere senza troppe difficoltà le sembianze del metamorfo, risultando un ottimo incrocio per combattere il crescente potere delle forze oscure.
Per quanto le premesse non siano entusiasmanti e già la trama del primo Nioh non fosse riuscita a brillare per originalità e per profondità narrativa, i comprimari che affiancheranno il nostro protagonista ci sono sembrati molto più illuminati del predecessore, pur non esaltandosi.
Le premesse non sono entusiasmanti, ma già il primo Nioh non si esaltava per la narrativa proposta.
Non dovrete affrontare l’avventura di Nioh 2 con l’obiettivo di godervi una bella storia, perché sarà semplicemente un susseguirsi di segmenti narrativi tra loro uniti soltanto da avvenimenti che porteranno le forze del bene a contrastare quelle del male. Nulla di più, nulla di meno. Un semplice pretesto per portare avanti un’epopea dissacrante, perché dopo le almeno cinquanta ore di gioco vi ritroverete ad assistere a delle scene che sembrano quasi decontestualizzate e che spremono il limone dei cliché fino a ottenerne una limonata aspra e per niente dissetante. La trama è piena, d’altronde, di informazioni non fornite e che non vi appassionerà più di tanto.
Le novità introdotte da Team Ninja
Team Ninja ci presenta un sequel che sembra più che altro un’espansione del primo Nioh. Il secondo capitolo, che arriva dopo tre anni dall’esordio del franchise su PlayStation 4, risulta davvero pigro nell’andare a innovare meccaniche che, in questi tre anni, hanno subito delle importanti innovazioni e dei passi in avanti concreti.
Non vogliamo necessariamente citare Sekiro, che è stato in grado di offrire un flow e una danza perenne nei combattimenti, ma abbiamo trovato ancora anacronistico affrontare le dinamiche legate al Ki e alla ricarica dello stesso nel corso delle nostre avventure in Nioh.
È stata sensibilmente aumentata l’incidenza della forma Yokai nel contesto ludico, sfruttando la componente narrativa che pone il protagonista in un limbo esistenziale tra l’essere umano e il demone.
Ciò detto, prima di addentrarci meglio nel battle system proposto da Team Ninja, è giusto snocciolare le novità che lo studio giapponese ha voluto inserire in questa seconda iterazione del proprio brand.
Partiamo col dire che è stata sensibilmente aumentata l’incidenza della forma Yokai nel contesto ludico, sfruttando d’altronde la componente narrativa che pone il protagonista in un limbo dell’esistenza tra l’essere umano e il demone: avrete quindi dalla vostra la possibilità di compiere una trasformazione in demone, che permette di avere un incremento della velocità e, di conseguenza, anche della potenza.
Per poter arrivare alla metamorfosi bisognerà riuscire a riempire uno specifico indicatore infliggendo colpi agli avversari, ma in più rispetto a questa formula che era già stata consolidata nel primo capitolo, sarà possibile usare delle abilità – precisamente due – che appartengono alla propria forma yokai.
Non sarà possibile spammarle all’infinito e si andrà a consumare una barra Anima che si ricaricherà allo stesso modo di quella che permette la trasformazione nella nostra versione demoniaca: la particolarità vera e propria sta nel modo in cui andremo ad acquisire queste abilità, che ruberemo dai nostri avversari, quelli più ostici e più coriacei.
Ognuno di essi lascerà cadere un nucleo d’anima, che una volta raccolto potrà esser armonizzato e purificato presso un santuario: compiuto questo processo, sarà possibile incastonarlo nella nostra anima e utilizzarlo consumando il corrispettivo quantitativo di anima necessario.
Una soluzione interessante dal punto di vista del gameplay, che va ad aumentare la strategia e attesta la profondità del battle system di Nioh.
Si tratta di una soluzione interessante dal punto di vista del gameplay, perché le abilità degli yokai avversari sono spesso risolutive nei combattimenti più ostici, anche contro alcuni nemici ai quali è stata sottratta l’abilità stessa: parliamo sia di colpi dalla distanza che quelli più ravvicinati, il che vi permette di costruire una strategia sia d’attacco che difensiva basata sulle qualità dei vostri avversari, che si trasformeranno facilmente in alleati.
Tutte le trasformazioni, che durano il tempo di infliggere il colpo, vengono rese in maniera ottima, con degli effetti più che gradevoli e che trasmettono un senso di potenza e di efficacia che si tramuta effettivamente in qualcosa di molto performante. Oltre alle due abilità a scelte ne potrete gestire anche una terza, che non ha bisogno di essere scelta, ma che consumerà allo stesso modo la vostra barra anima: si tratta del contraccolpo esplosivo, fondamentale non solo per stordire l’avversario, abbassando sensibilmente la sua barra Ki, ma anche per evitare di subire un colpo altrimenti micidiale per voi. Ogni yokai ha una specifica abilità di prima fascia, che prima di essere lanciata verrà annunciata da un’aura rossa che andrà a circondare l’avversario: indovinando il giusto timing e affrontato faccia a faccia chi vi troverete dinanzi avrete la possibilità di ribaltare un assalto che altrimenti vi avrebbe sicuramente portati a un KO istantaneo.
Questo, in regime di assenza di una resurrezione, come in Sekiro ad esempio, significa dover rinunciare a tutto ciò che stavate portando con voi. Va da sé dire, insomma, che il contrattacco esplosivo si rivela fondamentale per cercare di ribaltare uno scontro con uno yokai ostico oppure per avvantaggiarvi contro un boss, che in Nioh è la necessità primaria, essendo confermata, così come nel primo capitolo, l’assurdo sbilanciamento a favore di questi rispetto alle battaglie canoniche che non vi prepareranno mai alla sfida decisiva.
Il more of the same del Giappone feudale
Per quanto riguarda tutti gli aspetti che sono stati riproposti quasi in carta carbone, Nioh 2 perpetra quell’atteggiamento punitivo che non riesce a essere costruttivo per il giocatore: diversamente da quanto accade in molti soulslike, e come accaduto d’altronde anche nella stessa saga firmata da FromSoftware, il titolo di Team Ninja si lascia andare troppo spesso a quelle facili ipotesi che già con il primo capitolo avevano portato la community a definire “artificiale” la difficoltà messa in piedi dalla software house giapponese.
Per quanto si tratti di voci di corridoio e di nulla di confermato, c’è da sottolineare come troppo spesso ci si ritrovi dinanzi a una difficoltà sbilanciata a favore non tanto dei boss, quanto degli yokai e degli umani disseminati nel corso dell’avventura: non parliamo chiaramente dei momenti in cui ci ritroviamo circondati da tre o quattro avversari, in grado di maciullarci come carne al macello, ma ci riferiamo proprio a quei momenti in cui un sol colpo ci manda KO, nonostante valori e livello molto alti, o ancora peggio agli hitbox non sempre precisissimi.
Soprattutto in questo aspetto Nioh finisce per essere fastidioso a più riprese, sebbene l’imprecisione degli hitbox, soprattutto per gli attacchi a spiovente dall’alto, possa giocare a nostro favore: morire a più riprese, però, sacrificando a volte anche tutta l’Amrita recuperata, ci porterà a non migliorarci nella strategia e nell’approccio ai combattimenti, proprio perché privati di quella natura intrinseca dell’errore, che è l’apprendimento.
In Nioh potrete sì migliorare, ma l’errore vi punirà sempre, perché per quanto possiate andare a padroneggiare fortemente il ritmo Ki e tutte le combo a vostra disposizione, l’effetto randomico dell’avversario in grado di mandarvi al tappeto con un sol colpo è dietro l’angolo.
In Nioh potrete sì migliorare, ma l’errore vi punirà sempre, perché per quanto possiate andare a padroneggiare fortemente il ritmo Ki e tutte le combo a vostra disposizione, l’effetto randomico dell’avversario in grado di mandarvi al tappeto con un sol colpo è dietro l’angolo, così come sarà possibile ritrovarvi esausti all’improvviso perché lo yokai di turno ha evocato un regno all’interno del quale intrappolare tutta la vostra stamina e impedirvi di fare un qualsivoglia tipo di movimento.
Come d’altronde accadeva in Dark Souls, senza però dover essere così pesantemente punitivo. Per quanto, insomma, vogliate livellare e presentarvi alle missioni con il doppio del livello consigliato dal sistema, sappiate che il gameplay di Nioh è estremamente punitivo, come d’altronde accaduto con il primo capitolo, senza essere riusciti a rivedere tale aspetto nell’arco di questi tre anni.
Ad aggravare tale difficoltà abbiamo riscontrato anche problematiche non indifferenti riposte nella IA dei comprimari che ci hanno affiancato in alcune missioni: non ci introduciamo nell’annoso compito di giudicare gli altri giocatori che è possibile evocare in nostro soccorso, spesso tendenti all’assoluta inutilità, ma parliamo di NPC che dalla seconda regione in avanti ci hanno affiancato in alcune battaglie, tra le più ostiche.
Oltre che farci perdere tempo per essere rianimati – fortunatamente in maniera molto diretta e immediata – non hanno mai apportato nulla di effettivamente sensato alla battaglia, rallentando spesso anche i più semplici scontri. In questo Nioh continua a non trovare una linea diretta gestionale per quanto riguarda la propria difficoltà, che persino con i propri NPC non riesce a essere controllata.
Un gameplay profondo e tra i più completi
Esclusi questi aspetti, è innegabile che Nioh si presenti come un action con delle tematiche RPG complete, il che lo rende un prodotto sì inizialmente confusionario ma dopo le prime ore di comprensione e di tutorial decisamente tra i più approfonditi a disposizione dell’attuale generazione videoludica.
La raccolta di Amrita funziona esattamente come per le anime di Dark Souls, uccidendo nemici e poi spendendole presso un santuario al quale pregare e aumentare di livello: nel caso in cui doveste morire avete una possibilità soltanto per andare a recuperare la vostra tomba, ma nel caso in cui doveste morire nel corso del tragitto perdereste tutto.
Contestualmente al santuario avrete la possibilità di scegliere dove spendere il vostro punto abilità appena acquisito, proprio come in un soulslike, andando ad aumentare determinati parametri che potranno portare sia beneficio alla vostra build che alle armi che utilizzate, con Nioh che vi propone di effettuare una scelta tra due a distanza e due armi bianche: la quantità di oggetti è davvero vastissima, permettendovi di scegliere senza alcun vincolo, soprattutto là dove vi ritroverete ad avere diversi modelli della stessa arma, nonché livelli di rarità che ne aumenteranno le abilità passive e quelle attive.
Ribadiamo che potrebbe sembrare tutto molto confusionario all’inizio, soprattutto nel momento in cui vi ritroverete dinanzi a dei meccanismi da attivare in funzione di altri, tenendo conto anche del peso degli oggetti che state decidendo di indossare, ma Nioh sente e fa sua l’anima dell’RPG, il che rende inevitabile ritrovarsi a confrontare con queste tipologie di feature.
Al santuario, ogni volta che vi fermerete a pregare, non solo andrete a ripopolare l’intera zona di nemici, ma potrete anche porgere in offerta ai kodama gli oggetti in più, per ottenere Amrita in cambio: vi ritroverete a vendere praticamente di tutto, senza alcun tipo di interruzione, proprio perché in Nioh è essenziale avere con sé gli oggetti utilizzati e non tutti gli altri, quindi la raccolta ossessiva di qualsiasi loot si converte facilmente in una maggiore raccolta di Amrita, senza doverla ottenere da ulteriori scontri con i nemici.
Altre attività che risulteranno fondamentali alla corte dei kodama sono l’acquisto di oggetti sfruttando una valuta speciale ottenuta dalla vendita di pezzi di equipaggiamento: con il riso sacro, infatti, è possibile andare a riscattare elisir, munizioni per le armi a distanza (arco, schioppo e archibugio), attività che diventerà fondamentale ogni volta che morirete e non avrete raccolto abbastanza elisir per affrontare le prossime battaglie al meglio delle possibilità. Dimenticarsene significa andare verso un suicidio assicurato, senza dover nemmeno fare harakiri con l’apposito oggetto dell’inventario.
In più c’è il ritorno e la conferma della preparazione dei Jutsu, tecniche che andrete ad apprendere grazie a una ghiera delle abilità che scimmiotta la famosissima sferografia di Final Fantasy X (e che rivedremo anche in Final Fantasy VII Remake tra un mese circa: tra amuleti che modificano il potere della vostra arma oppure bombe esplosive e altri oggetti da sfruttare dalla distanza, andrete a potenziare le vostre competenze di samurai cercando di fronteggiare quella difficoltà assurdamente elevata e mal bilanciata.
Benvenuti in Giappone
Dal punto di vista dell’ambientazione Nioh non compie passi in avanti rispetto al primo capitolo, anzi sembra quasi di vivere un riciclo di quanto realizzato nel 2017. Non solo, ma spesso di livello in livello ci ritroveremo nelle stesse ambientazioni già attraversate in precedenza, ma magari con una piccola parte della mappa aperta per nuove necessità. Da questo punto di vista ci troviamo dinanzi al più semplice e scontato more of the same, con lo scenario che non riesce a evolversi e a mostrare qualcosa in più rispetto a quanto già fatto un triennio fa.
Tra l’altro ad aggravare il tutto c’è una terribile gestione degli hitbox, già citata, che denota delle problematiche a livello tecnico non indifferente: si aggiungono, a questi aspetti, il fatto che Nioh non abbia assolutamente idea di cosa sia lo stealth, impedendo quindi al giocatore di approfittare di alcune situazioni che rappresentano quasi la normalità di ogni gioco di questo tipo, ma anche l’assurda e totale assenza di un movimento molto più fluido del nostro protagonista, incapace di nuotare – e quindi pronto al KO immediato in caso di contatto con l’acqua – e anche di saltare, il che condizionerà moltissimo anche i vostri attacchi dall’alto, che in alcuni momenti, se calcolati male, vi porteranno a cadere a piombo direttamente in acqua, in quell’unico spiraglio andatosi a creare tra la passerella di turno e la casupola scarrupata.
Tutti aspetti che danneggiano l’esperienza finale, che pur dovendo tenere a schermo numerosi elementi riesce a mantenere saldi i 30fps, senza rendersi colpevole di cali di frame rate o di altre problematiche che renderebbero anche più artificiale quella difficoltà già ampiamente bistrattata. Con i 1080p certi e con le animazioni molto fluide, si esalta il sistema di illuminazione, decisamente migliorato rispetto al primo titolo.
Dal punto di vista sonoro, invece, non abbiamo rilevato nulla di più rispetto a quanto già visto nel primo capitolo, con una riproposizione sia degli effetti sonori che della colonna sonora stessa. Una nota di demerito, invece, per il bestiario: gli yokai che affrontiamo sono gli stessi che abbiamo già visto nel primo capitolo e soprattutto si riciclano continuamente per l’intero gioco, vanificando la varietà e anche il senso di sfida dell’incontrare avversari sempre diversi. Un vero peccato, perché al di là dei boss, che ci hanno impegnato fin troppo nel capire le varie strategie da attuare – tutte abbastanza approfondite e interessanti – non abbiamo riscontrato nessun piacere nell’affrontare il nuovo avversario di turno.
Nioh 2, come avrete potuto capire fin qui, soffre di aspetti anacronistici, che rendono l’esperienza impossibile da giudicare come aperta a tutti e tendente a un pubblico molto ristretto: dall’altro lato c’è da sottolineare le interessanti novità inserite dal punto di vista del gameplay, tutte molto approfondite e degne di nota per le note strategiche che vanno a inserire, ma nel frattempo non si può non denotare quel more of the same che rende il sequel del titolo di Team Ninja pigro e scontato.
Prendendo lo stesso contenitore utilizzato tre anni fa, la software house giapponese è andata semplicemente a riempire il tutto con qualche spruzzata di novità qui e lì, senza minimamente andando a rivedere quelli che erano i problemi del suo predecessore.
Se avete amato il primo fiondatevi subito in questa nuova avventura, se invece le avventure di William vi avevano fatto storcere il naso riflettete ampiamente prima di lanciarvi di nuovo nel Giappone feudale del 1500.
- Completo da ogni punto di vista
- Missioni potenzialmente infinite
- Novità affascinanti e profonde
- Battle system vario e personalizzabile
- Difficoltà sbilanciata
- Tecnicamente imperfetto
- Poche novità rispetto al primo